occhionero prodi

PRODI AUTORIZZO’ NEL 2007 UN EMENDAMENTO ALLA FINANZIARIA A FAVORE DEGLI OCCHIONERO BROS: DOVEVA SBLOCCARE UN MEGA INVESTIMENTO NEL PORTO DI TARANTO – ANCHE DI PIETRO (ALL’EPOCA MINISTRO) SOSTENEVA L’INFRASTRUTTURA – I RAPPORTI CON BARBARA LEAF DELL’AMBASCIATA AMERICANA A ROMA

 

Carlo Bonini e Giuliano Foschini per la Repubblica

MEL SEMBLER GIULIO OCCHIONERO  MEL SEMBLER GIULIO OCCHIONERO

 

Giulio e Francesca Occhionero lavoravano in proprio o per conto terzi? E cosa giustifica la sicumera del primo di fronte ai magistrati nell’irridere la possibilità che le autorità americane metteranno effettivamente a disposizione i due server che custodiscono sei anni di hackeraggio nel cuore dello Stato?

 

C’è una storia di due lustri fa che aiuta ad abbozzare una risposta. Che odora di massoneria, di apparati militari e istituzioni finanziarie americane. E dove si scopre che la sconosciuta coppia si muove con accanto l’allora consigliere politico dell’Ambasciata Usa a Roma e riesce a ottenere un comma nella legge Finanziaria del 2007 funzionale alla stangata della vita. Un progetto da 800 milioni di dollari per la realizzazione di un’infrastruttura strategica nel porto di Taranto.

 

FRANCESCA MARIA OCCHIONEROFRANCESCA MARIA OCCHIONERO

E dunque. È il 2004 e i due Occhionero, allora giovanissimi, 31 anni lui, 34 lei, si presentano dall’allora presidente dell’Ente portuale di Taranto, Michele Conte, con un’idea in testa e un portafoglio asseritamente gonfio di quattrini. Spendono il nome della “Sire”, società controllata dalla loro “Westlands srl Limited” di Malta, lasciando intendere che somigli a qualcosa di più simile a una banca di affari che non ad un semplice veicolo di business, avendo in pancia 800 milioni di dollari dei fondi pensione americani con cui intendono realizzare un’infrastruttura portuale logistica per lo stoccaggio di container e l’automazione del trattamento delle merci.

 

Dell’operazione, dicono, sono garanti la banca d’affari Bear Stearns (la prima a fallire nella crisi dei mutui americani nel 2008), la Royal Bank of Scotland, e la società che metterà a disposizione l’automazione dell’infrastruttura, la Automated Terminal Systems di Washington.

MARISA FERRARI OCCHIONEROMARISA FERRARI OCCHIONERO

 

Che non siano dei ciarlatani è dimostrato da chi garantisce per loro. È l’allora consigliere politico dell’Ambasciata Usa a Roma, Barbara Leaf, oggi ambasciatrice ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, dopo due anni in Iraq e quattro al Dipartimento di Stato come assistente del vicesegretario per gli affari del vicino Oriente. Sono anni in cui il rapporto tra Roma e Washington, tra Berlusconi e Bush, è saldo come la gomena di una nave e la Leaf accompagna gli Occhionero e ne sostiene politicamente lo sforzo.

ALFREDO  DANESI GIULIO OCCHIONERO ALFREDO DANESI GIULIO OCCHIONERO

 

barbara leafbarbara leaf

Forse perché i due fratelli sono in realtà il cavallo di Troia di un progetto che non ha nulla a che vedere con i container, ma molto ha a che fare — come annota in quegli anni qualche cronaca — con il piano dell’Amministrazione Bush di ridefinire la presenza della Marina militare Usa nel Tirreno, con la creazione di un Interporto a Taranto che consenta alla Us Navy di sottrarsi alla catena di controllo della Nato. Un interporto in cui convogliare materiali e mezzi da disimpegnare dall’allora base della Maddalena e dove implementare un sofisticato sistema di comunicazioni che colleghi direttamente Taranto al” Navy Center for Tactical System Interoperability” di San Diego, California.

 

MICHELE CONTE TARANTOMICHELE CONTE TARANTO

Sulla strada degli Occhionero, tuttavia, ci sono Michele Conte, presidente dell’Autorità portuale e un piano regolatore che non consente di dare luce verde all’operazione. Che, peraltro, manca di qualsiasi progetto esecutivo, quasi a confermare che l’interesse dei due fratelli sotto l’ala Usa sia in realtà acquisire semplicemente la concessione di un’area del porto. Per poi farne quel che è meglio non dichiarare.

 

Si arriva così al 2007. Quando a Palazzo Chigi si consuma la seconda breve esperienza del Prodi-bis. Ricorda oggi Conte: «Ricevevo decine di telefonate da diversi ministeri che mi sollecitavano l’operazione di quei due. Tanto che mi chiedevo: ma chi li manda questi Occhionero? Chi hanno dietro?».

 

Fino a quando, nella legge Finanziaria del 2007, non arriva un comma che autorizza la realizzazione di infrastrutture portuali strategiche in deroga ai piani regolatori per il solo porto di Taranto. Una norma disegnata come un abito di sartoria e che Conte viene sollecitato a rispettare durante un incontro convocato a Roma dall’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro.

antonio di pietroantonio di pietro

 

Non basterà, perché il progetto esecutivo per ottenere la concessione non arriverà e perché i due Occhionero decideranno di regolare i loro conti con il presidente dell’Autorità portuale denunciandolo per abuso di ufficio (il pm di Taranto, Remo Epifani, archivierà il procedimento). Lasciando così che la memoria di quella storia scolori. Almeno fino a oggi. Non fosse altro perché, da Taranto a borgata Fidene (dove avevano messo insieme il loro Grande Occhio), una cosa sembra ormai chiara. L’ingegnere nucleare e matematico Giulio Occhionero, sua sorella la chimica Francesca, tutto hanno fatto nella vita meno i mestieri per cui hanno studiato. E non esattamente per proprio conto.

 

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