prodi renzi

“L’ITALIA? UNA TRAGEDIA” – PRODI SI CHIAMA FUORI E MOLLA IL CENTROSINISTRA AL SUO DESTINO: "QUALE PROGETTO HA IL NOSTRO PAESE IN EUROPA, NEL MEDITERRANEO? NE PARLERÀ QUALCUNO IN CAMPAGNA ELETTORALE?” – IL GELO CON RENZI, IL RICHIAMO A CIAMPI (“SAPEVA METTERSI IN DISCUSSIONE”), IL PESSIMISMO SULLA DURATA DELLA NUOVA LEGISLATURA. E SULLO SFONDO C’E’ DRAGHI…

Marco Damilano per la Repubblica

 

prodi parisi

IERI mattina alle 12, quando Romano Prodi è sceso dal Frecciargento che lo portava da Bologna a Roma, ad accoglierlo al binario 3 ha trovato un operaio in tuta arancione che lo ha inseguito speranzoso: «Professo', così nun potemo annà avanti...». Il lavoratore è in buona compagnia, è solo l' ultimo a strattonare l' ex premier, il fondatore dell' Ulivo, a chiedergli un impegno diretto per evitare che il Pd e il centrosinistra si infrangano alle elezioni del 2018 sulla catastrofe della divisione annunciata.

 

Prodi è a Roma, ieri un giro intorno alla Camera, una tappa dal barbiere, qualche incontro riservato.

 

romano prodi fabio martini enrico mentana

Oggi parteciperà a un dibattito sull' Europa con il ministro Carlo Calenda e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, aperto da Paolo Gentiloni. Convegni, seminari, presentazioni di libri. Niente politica, però. Il Professore resiste, è sfuggito al pressing della minoranza Pd di Andrea Orlando che gli chiedeva una presa di posizione dopo il risultato delle elezioni siciliane: «Se dicessi anche una sola sillaba verrebbe interpretato come un mio desiderio di tornare in campo». In privato, confida la sua preoccupazione. «È una tragedia», dice agli amici più stretti. Parla dell' Italia, non del Pd, ma chissà che le due cose non coincidano.

 

«Quale progetto ha l' Italia in Europa, nel Mediterraneo? Ne parlerà qualcuno nella prossima campagna elettorale? Qualche giorno fa un investitore di un importante fondo di Singapore mi domandava notizie su quello che succederà, ma tutto questo nel dibattito non entra, non esiste ».

 

La tenda prodiana resta piantata lontana dalle vicende interne del centrosinistra.

Almeno in apparenza. In realtà, c' è stato un momento prima dell' estate che sembrava potesse realizzarsi l' operazione nuovo Ulivo: un listone con il Pd di Renzi, la formazione di Giuliano Pisapia e gli scissionisti di Mdp (escluso D' Alema) per puntare al premio di maggioranza che sarebbe scattato superando la soglia del 40 per cento, prevista nella legge elettorale in vigore in quel momento, il Consultellum.

 

romano prodi

Del nuovo Ulivo Prodi avrebbe fatto il padre nobile. Di questo avevano parlato il Professore e Arturo Parisi con Renzi il 16 giugno, l' ultimo faccia a faccia tra l' ex premier e il segretario del Pd. Renzi si era impegnato a tentare, poi è calato il gelo. La tenda di Prodi si è allontanata. E il Professore ha cominciato ad assistere con pari disincanto agli altri tentativi di cui pure qualcuno gli attribuisce la paternità: Pisapia e la sua lunga assenza dalla scena, Bersani e la sua voglia di rivalsa su Renzi, un' ipotetica lista europeista di Emma Bonino. L' approvazione del Rosatellum ha fatto il resto: «Non ci saranno coalizioni, ma al massimo apparentamenti », osserva deluso Parisi. «Ci riproveranno a chiedere l' appoggio di Romano.

 

ROMANO PRODI MATTEO RENZI

Ma non c' è più tempo. E non c' è fiducia. Renzi non si fida troppo di noi e noi non ci fidiamo di lui», dice un prodiano di rango. Per ora, dunque, Prodi resta fuori. Al pari degli altri nomi che contano del ristretto club dei fondatori del Pd: Walter Veltroni, Enrico Letta.

 

Una sfiducia partita almeno un anno fa. Il 14 novembre 2016, nella Sala della Maggioranza in via XX Settembre, nel cuore del ministero dell' Economia, per commemorare Carlo Azeglio Ciampi a due mesi dalla scomparsa si riunì un parterre di relatori composto da Prodi, Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Giuliano Amato, il ministro Pier Carlo Padoan, il governatore di Banca d' Italia Ignazio Visco, di fronte a Sergio Mattarella.

flavia e romano prodi

 

C' era ancora il governo Renzi, ma nessun renziano di rango era presente in sala, nessun ministro tranne il padrone di casa Padoan e l' allora sottosegretario Claudio De Vincenti. Dal tavolo una commemorazione non formale.

 

«Per decidere bisogna conoscere, per discutere bisogna accettare di essere messi in discussione », disse Prodi. «Chiesi a Ciampi di entrare nel governo con profondo imbarazzo, perché era già stato presidente del Consiglio, lui accettò di scendere uno scalino, cosa non facile». Draghi elogiò il metodo Ciampi di leadership, «un particolare modo di gestire il governo, di lealtà e di rispetto tra i ministri», esaltando i risultati raggiunti dal governo Prodi. E Amato «la competenza tecnica e l' acume politico ».

 

romano prodi

Al referendum sulla Costituzione mancavano ancora due settimane, ma in quegli interventi c' era già il passo successivo, l' identikit e il profilo di un governante molto lontano da Renzi, più simile semmai a quello di Gentiloni, come se la vittoria del No fosse già stato acquisita. Lo strappo tra Renzi e un pezzo di establishment legato al centrosinistra e i padri fondatori del Pd si è consumato in quelle settimane. È prevedibile che nei prossimi giorni il pressing su Prodi si farà asfissiante, da parte di Renzi e dei bersaniani che lanciano Pietro Grasso.

 

PRODI PARISI

Ma la coalizione per ora non si vede ed è lontanissima dal nuovo Ulivo vagheggiato mesi fa. Non c' è un candidato premier e non c' è un' alleanza. E in tanti scommettono che la prossima legislatura sarà breve, brevissima, forse più corta di quelle 1992-94, 1994-96, 2006-2008. È più opportuno restare in attesa di un secondo giro, che potrebbe portare il nome di Mario Draghi. L' operaio del treno, insomma, dovrà ancora portare pazienza, e non solo lui. Sempre che, intanto, non venga giù tutto.

romano prodi gianni lettaLETTA E PRODI ALLA SCUOLA DI POLITICHE A CESENATICOprodi dalemaGENTILONI PRODIPRODI MERKELPRODI BERSANIPRODI NAPOLITANOprodi letta bertolino botturaprodi

 

PRODI NAPOLITANO2delrio prodiprodi letta

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?