roberto calderoli giorgia meloni

QUESTA AUTONOMIA NON S'HA DA FARE – A GIORGIA MELONI NON PIACE AFFATTO IL TESTO SULLA RIFORMA DELL'AUTONOMIA PREPARATO IN FRETTA E FURIA DAL MINISTRO CALDEROLI – LA “DUCETTA" TEME DI PERDERE CONSENSI AL SUD E SPIANARE LA STRADA A GIUSEPPE CONTE. ED È PRONTA A USARE COME SCUDO LE PAROLE PRONUNCIATE DA MATTARELLA IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE NEL DISCORSO DI FINE ANNO – I LEGHISTI MINACCIANO LA RITORSIONE: “SE GLI ALLEATI CI SABOTANO, SALTA IL PRESIDENZIALISMO”

Ilario Lombardo per “La Stampa”

 

ROBERTO CALDEROLI GIORGIA MELONI

È probabile che la riforma dell'Autonomia, questa riforma, sia nata già morta. O quasi. Perché, al di là delle generiche dichiarazioni di sostegno, è chiaro che la parte non leghista del governo non è entusiasta del lavoro del ministro Roberto Calderoli.

 

Una freddezza che trapela anche dall'atteggiamento di Giorgia Meloni, molto attenta agli umori del Colle. Le parole in difesa della Costituzione nel discorso di fine anno del Capo dello Stato Sergio Mattarella sono lo scudo che la presidente del Consiglio intende usare con gli alleati. La premier aveva promesso un approccio «costruttivo», «non pregiudiziale», e a quello ha garantito che si atterrà.

 

giorgia meloni roberto calderoli.

Ma - stando ad alcuni ministri di Fratelli d'Italia - ha anche precisato, e lo ribadirà nei prossimi giorni, che la riforma delle autonomie andrà fatta nello spirito della Costituzione che tutela l'unità dell'Italia, e che «nessuno andrà lasciato indietro», concetto su cui continua a battere da settimane.

 

Non è piaciuta la fretta di Calderoli, la «sgrammaticatura» di portare il testo in Consiglio dei ministri senza prima un passaggio alla Conferenza Stato-Regioni, per un confronto più ampio e più ufficiale con tutti i governatori. Non è piaciuto anche - spiegano sempre da FdI- che nelle bozze in circolazione in queste ore sia poco chiaro che ruolo avrà il Parlamento nella dialettica tra lo Stato e le Regioni sulle materie di competenza.

 

valditara locatelli salvini giorgetti calderoli

Né che sia scomparso il fondo di compensazione destinato al Sud che in qualche modo il predecessore di Calderoli, Maria Stella Gelmini, aveva previsto nel suo schema di riforma durante la difficile convivenza nel governo Draghi. Uno strumento che nel modello federale tedesco serve a non spaccare il Paese, a non lasciarne, appunto, indietro una parte. Ma che a quanto pare costa troppo e che la Ragioneria dello Stato, attraverso il ministro Giancarlo Giorgetti, avrebbe stoppato.

 

Nella squadra dell'esecutivo ci sono due ex governatori del Mezzogiorno, entrambi di FdI, partito di storica tradizione centralista. Uno è il siciliano Nello Musumeci, e guida le Politiche del Mare e la Protezione civile, l'altro è Raffaele Fitto, a cui Meloni ha affidato il super-ministero che accorpa Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il coordinamento del Pnrr. Inutile dire che nutrono più di qualche dubbio sulla proposta di Calderoli.

 

ROBERTO CALDEROLI

Fuori dalle dichiarazioni ufficiali, entrambi sostengono la stessa cosa: servirà tempo per approfondire il testo, e migliorarlo se sarà necessario.

Più o meno vuol dire rinviare il più possibile a data da definirsi la sua approvazione. Da qui la sentenza di morte prematura che senza troppi sforzi, dentro FdI e ma anche in Forza Italia, danno per certa.

 

La suggestione tutta meloniana di collegare la riforma dell'Autonomia differenziata, cara alla Lega, a quella della presidenzialismo, cara alla premier e agli azzurri, serve di fatto a questo, a trascinare per mesi un dibattito che potrebbe rivelarsi esplosivo per la maggioranza.

 

roberto calderoli

Non a caso Calderoli, intuendo odore di trappola, ieri ha precisato quanto sia fuorviante vincolare una all'altra le due riforme. Tempi e procedure sono diversi. La prima è figlia di un semplice disegno di legge e si può ottenere a Costituzione invariata. Per la seconda, va cambiata la Carta, perché verrebbe stravolta l'architettura istituzionale della Repubblica, e per farlo vanno fatti maturare processi ben più lunghi.

 

Sfruttando lo stesso ragionamento e capovolgendolo, i leghisti sono comunque pronti a una ritorsione proprio sulla riforma presidenziale, se Meloni dovesse affossare la riforma delle riforme per gli ex padani.

 

maria elisabetta alberti casellati foto di bacco (1)

Nessun altro ministro, però, dalla titolare delle Riforme Maria Elisabetta Casellati agli altri, crede che ci voglia così poco ad approvare l'Autonomia regionale come sostiene Calderoli. Tra la guerriglia delle opposizioni e i distinguo dei partiti alleati ci vorrebbe minimo un anno, un anno e mezzo. Tutti sanno che il tema non è tecnico. Ma squisitamente politico.

 

L'equilibrio della coalizione tenuta a battesimo poco più di due mesi fa, necessita di prove continue. E questo per la Lega è il test più importante. Tanto più a un pugno di settimane dal voto per le regionali in Lombardia. Cruciale per il Carroccio e per il destino politico del suo leader.

 

umberto bossi al comitato del nord

La fretta di Calderoli, se la spiegano così a Palazzo Chigi e i ministri di FdI: Matteo Salvini è assediato dagli scissionisti del Nord di Umberto Bossi e dal veneto Luca Zaia, spazientito per il federalismo atteso da troppi anni. «Più federalismo significa più responsabilità - dice Stefano Candiani, ex viceministro all'Interno - Sono certo che Meloni e la dirigenza di FdI abbiano chiaro come la sinistra voglia solo spaccare la maggioranza. E sono sicuro che i nostri alleati non cascheranno in questo gioco al massacro».

 

umberto bossi comitato del nord 5

Ma le ragioni della prudenza che animano la strategia di Meloni sono anche altre. Il partito e il governo rischiano di alienarsi un pezzo di Italia. Il Sud è terreno di battaglia fuori e dentro la coalizione. Da una parte c'è il M5S, al momento prima forza politica nel Mezzogiorno. Dall'altra, la competizione con Forza Italia che nelle regioni meridionali continua a tenere, nonostante l'enorme calo di consensi ovunque. Per non lasciare il dominio completo sul Sud a Giuseppe Conte, e non offrire una possibile arma di ricatto a Silvio Berlusconi, Meloni potrebbe rispolverare la vecchia dottrina centralista. Salvini non sarà contento. Ma questo è un tavolo a cui siede qualcuno che andrà scontentato.

GIUSEPPE CONTE giuseppe Conte a Scampia giuseppe Conte a Scampia GIUSEPPE CONTE giuseppe conte olivia paladino cortina meme frasi di osho

Ultimi Dagoreport

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...