RE GIORGIO, SALVAMI TU – VERTICE “ECONOMICO” AD ARCORE CON CONFA E DORIS ED ERMOLLI: IL BANANA SI TAGLIA LE UNGHIE E ASPETTA DAL COLLE LA GRAZIA OPPURE LA COMMUTAZIONE DELLA PENA (MA IN CASO DI NIET, NON FARÀ SALTARE IL GOVERNINO)

Ugo Magri per "La Stampa"

L'intero vertice aziendale, più i figli, e infine gli avvocati, hanno popolato il lunedì del Cavaliere ad Arcore. Quello che si sono detti può essere d'aiuto a prevedere la piega degli eventi (se l'Italia andrà incontro alla crisi di governo o ne scamperà indenne). Risulta che a Confalonieri, a Doris e a Ermolli il padrone di casa abbia confermato le sue doti di combattente, di «die hard» direbbero nel Bronx.

È pronto a combattere fino in fondo qualora fosse messo nella disperata condizione di doverlo fare. E tuttavia, Berlusconi non è sembrato ai suoi vecchi sodali in vena di follie. Piuttosto, confida uno degli ospiti, «Silvio pare ancora alla ricerca di evoluzioni e di soluzioni per lui onorevoli». Tiene l'atteggiamento di chi, pur negandolo, si attende qualcosa. Logico domandarsi che cosa. E da chi.

Dai Democratici, l'uomo non si attende nulla. Ancora ieri mattina, tramite canali confidenziali, ha avuto conferma che la sua decadenza da senatore è ineluttabile; il Pd potrà concedergli al massimo 3-4 settimane, in modo che nessuno da destra possa equiparare la Giunta delle elezioni a un plotone d'esecuzione.

Escluso che sulla legge Severino venga chiamata in causa la Corte Costituzionale, o addirittura la Corte europea di giustizia. Violante, il quale ne ha osato teorizzare l'astratta possibilità, in queste ore viene lapidato dai compagni di partito. Il Cavaliere ha occhi per vedere, spiegano dalle sue parti, per cui rifiuta di farsi illusioni. Non crede alle «colombe» che provano a tirarlo su di morale. Ma allora, se Berlusconi non si attende nulla da sinistra, quali sarebbero ai suoi occhi le possibili «evoluzioni positive»?

Fonti Pdl poco avvezze alle bugie confessano che, al dunque, l'unica possibile via d'uscita per Silvio resta la grazia presidenziale. Oppure la commutazione della pena. Sempre che Napolitano sia realmente disposto a un atto di clemenza. Nella nota quirinalizia del 13 agosto, il Presidente non l'aveva escluso, salvo guardarsi bene dal darlo per garantito.

Tra l'altro, l'intransigenza del Pd pone a Berlusconi (e al Colle) un ulteriore problema: se vorrà evitare al leader Pdl l'onta della decadenza, la grazia andrà firmata prima che il Senato si pronunci. Dunque entro un mesetto al massimo. Inoltre, dovrà cancellare pure le pene accessorie (che sia possibile, sussistono molti dubbi). Insomma: prima di decidere la sorte del governo, Berlusconi è comprensibilmente ansioso di capire come si atteggerà il Capo dello Stato.

Altra convinzione che va emergendo ad Arcore: se Napolitano dovesse rispondere picche, Berlusconi avrebbe poche frecce nel suo arco. Difficilmente potrebbe rovesciare il tavolo e trascinare per vendetta il Paese alle urne. Primo, perché Napolitano mai firmerebbe il decreto di scioglimento senza una nuova legge elettorale e, secondo, perché molti indizi fanno ritenere che Letta sarebbe in grado di fare il «bis», cioè di dar vita a una maggioranza parlamentare, sia pure risicatissima, senza il Pdl.

Verdini, Santanché e Capezzone (la «Trimurti», come viene simpaticamente ribattezzata) tentano di convincere il Capo del contrario, ma l'ex-premier sente tutte le campane, insomma è il primo a dubitare. Lo gratificano i sondaggi Euromedia da cui giunge conferma del buon momento Pdl, e tuttavia quei voti potenziali non ha garanzia di poterli incassare...

Se Napolitano volesse sfidare la destra, e negare l'atto di clemenza, a Berlusconi resterebbero due sole strade. Compiere un «atto di generosità e responsabilità», accettando senza drammi che il Pd lo cacci dal Parlamento. O invece tornare all'opposizione e scontare la pena. In attesa di tempi migliori.

 

 

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