TRAPPO-LETTA PER MATTEUCCIO! RE GIORGIO E IL SUO SCUDIERO ENRICHETTO ROTTAMANO IL ROTTAM’ATTORE: SEGRETARIO SENZA MAGGIORANZA NEI GRUPPI

Claudio Cerasa per il Foglio

Ma con chi ce l'aveva Enrico Letta? Nel grande frullatore del Partito democratico gli ingredienti che hanno dato un sapore alla giornata di ieri sono quelli legati alla mozione di sfiducia presentata dal Cinque stelle alla Camera contro Annamaria Cancellieri e respinta dal Pd, da Forza Italia e dal Nuovo centrodestra con 405 voti contrari e 154 voti a favore. La decisione del Pd di confermare la fiducia al ministro è arrivata in modo traumatico ("I leader Pd - secondo Michele Emiliano, sindaco di Bari, renziano - apparivano intimiditi come i calciatori della Nocerina") ed è arrivata al culmine della prima battaglia vera combattuta dal sindaco di Firenze contro il presidente del Consiglio.

La sfida in questione ha consegnato un punto a favore del premier (che ha archiviato la pratica spiegando che un voto di sfiducia a Cancellieri avrebbe corrisposto a una sfiducia al governo). Ha svelato le strategie parallele messe in campo dal leader in pectore del Pd e dal presidente del Consiglio (Renzi vuole de-lettizzare il Pd, Letta vuole dare l'impressione che il raggio d'azione di Renzi dovrà rimanere sempre nei confini tracciati da Napolitano). Ma prima di ogni altra cosa ha dimostrato che la rete di protezione di cui beneficia il governo funziona ancora e che non è affatto detto che questa rete diventerà vulnerabile quando il sindaco arriverà alla segreteria.

Ieri il frastornato segretario pro tempore Guglielmo Epifani ha sostenuto che da oggi le larghe intese sono più deboli, e non più forti. Ma nonostante questa percezione sia diffusa nel fronte renziano il punto è che attorno al presidente del Consiglio sta maturando la convinzione che anche quando Renzi diventerà leader, magari potranno aumentare le fibrillazioni ma in fin dei conti, per la vita della grande coalizione, "la chimica non cambierà".

"Ci potranno essere tensioni - dice al Foglio Marco Meloni, deputato Pd considerato il Gianni Letta di Enrico Letta - ma la composizione dei gruppi parlamentari è tale che anche se Renzi diventerà segretario gli equilibri di domani resteranno quelli di oggi. Semmai, il problema è un altro". Eh già. Con chi ce l'aveva Letta quando martedì ha detto che sul caso Cancellieri era montata "un'aggressione politica"? Meloni ci offre un indizio.

L'indizio dice che il presidente del Consiglio era sì infastidito dall'insistenza con cui alcuni candidati alla segreteria (Civati e Renzi) hanno trasformato la mozione sulla Cancellieri in un attacco al governo; ma dice anche che l'insofferenza del presidente era legata a una preoccupazione simile a quella esposta la scorsa settimana sull'Unità da Massimo D'Alema: che Renzi sia sul punto di cedere alle pressioni di alcuni gruppi editoriali (Repubblica in primis).

Letta è rimasto colpito della campagna di Rep. sul ministro della Giustizia (i suoi i collaboratori conservano in un cassetto la prima pagina di alcuni giorni fa, "Le bugie della Cancellieri"), ha parlato della questione anche con il presidente della Repubblica (che ha condiviso le perplessità di Letta) e ha scelto di non regalare un millimetro ai suoi avversari sul caso Cancellieri anche per non dare a Renzi e ai suoi sponsor l'impressione che l'arrivo del Rottamatore alla segreteria possa coincidere con un indebolimento del governo.

"Segnalerei con affetto a Renzi - dice con un sorriso ancora Meloni - che i segretari del Pd che si sono uniformati alla linea di alcuni noti gruppi editoriali non hanno avuto molta fortuna...".

Nonostante "l'aggressione politica", il presidente del Consiglio ostenta sicurezza ed è convinto che la rete messa a disposizione dal Quirinale possa tenerlo al riparo da attacchi futuri. Letta sa che da qui ai prossimi mesi il fronte che dovrà osservare con attenzione sarà legato più al centrosinistra che al centrodestra, ma allo stesso tempo è convinto che Renzi - "sennò non si sarebbe candidato a sindaco" - abbia la consapevolezza di quanto sia complicato far cadere il governo.

Da alcuni giorni a Palazzo Chigi si scruta con attenzione il calendario del prossimo anno: Letta è convinto che l'unica eventuale finestra per tornare a votare sia quella che si apre con il voto amministrativo (15 aprile-15 giugno) e che quindi al governo sarà sufficiente resistere nei primi tre mesi dell'anno per aver garantita la possibilità di presidiare il prossimo semestre europeo. "Personalmente - dice al Foglio Pier Ferdinando Casini - penso che la partita tra Renzi e Letta sia tutt'altro che scontata. Da segretario del Pd, con ogni evidenza, Renzi restringe il suo bacino potenziale e se il governo, una volta approvata la Legge di stabilità, comincerà a mettere a segno alcuni punti potrebbe diventare più resistente di quanto alcuni rottamatori vorrebbero far credere.

E poi, ovviamente, c'è la storia della legge elettorale...". La storia della legge elettorale in effetti dice che tra qualche settimana, prima ancora della scelta del segretario, Renzi e Letta torneranno a sfidarsi. Il sindaco ha promesso che entro il 27 novembre presenterà la sua proposta di riforma elettorale (doppio turno di coalizione), il presidente del Consiglio ha ripetuto in più occasioni che il modello migliore per superare il Porcellum sarebbe il Mattarellum (che a Renzi non convince e che secondo molte simulazioni non offrirebbe garanzie sufficienti per scongiurare in futuro nuove grandi coalizioni) e il rinvio di una settimana della discussione sulla legge elettorale, deciso ieri in Senato in commissione Affari Costituzionali, conferma che in fondo la vera partita sul punto ruota attorno a ciò che deciderà il tre dicembre la Corte costituzionale.

Oggi alla Consulta andrà in scena la prima riunione preparatoria per il verdetto del tre dicembre e, secondo alcune indiscrezioni raccolte, diversi giudici della Corte si starebbero convincendo a ritardare i tempi, a offrire a inizio dicembre solo un giudizio tecnico sull'ammissibilità e a concedere al Parlamento qualche mese in più per ragionare sul da farsi. Rinvio o non rinvio il nodo di fondo però non cambierebbe: Renzi spinge per avere (subito) una legge maggioritaria per evitare che in caso di voto si possa verificare un'altra grande coalizione;

Letta invece spinge per allungare i tempi, modificare solo temporaneamente il porcellum e rinviare il tutto alla fine del percorso di riforme istituzionali (a inizio dicembre, è noto, la Camera dovrà approvare in quarta lettura il disegno di legge sull'istituzione del comitato per le riforme). Il caso Cancellieri è stato dunque solo un assaggio della battaglia. Ma quando il sindaco e il premier torneranno a incrociare i fioretti, il rottamatore forse riuscirà a conquistare le platee dei talk-show, però difficilmente riuscirà a renderà vulnerabile la rete di protezione costruita dalla coppia del gol del governo. Quella, naturalmente, che da un lato vede Enrico Letta e dall'altro Re Giorgio Napolitano.

 

 

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