renzi  - vincino

APOCALISSE PD - RENZI FA ANCHE IL CAPO DELLO STATO E MINACCIA LA MINORANZA DEL PARTITO: "SE L’ITALICUM NON PASSA, SI VA AL VOTO" - "LA FIDUCIA? SOLO UN’IPOTESI" - MA I RIBELLI DEM SONO DIVISI - FORZA ITALIA VERSO L’AVENTINO CON GRILLINI E LEGA

Giovanna Casadio e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

BERSANI LETTA RENZI BERSANI LETTA RENZI

«La fiducia? Solo un’ipotesi. Comunque se l’Italicum non passasse, andrei io al Quirinale contro i nostalgici dell’inciucio ». Renzi rilancia. Da un lato, sgombra il campo dall’ipotesi di una fiducia sulle pregiudiziali di costituzionalità (e neppure slitteranno di una settimana le votazioni). Dall’altro, spiega che politicamente l’ha già messa. Lo ha detto persino in tv venerdì da Lilli Gruber. Formalmente deve ancora decidere. Però niente trucchi e melina.

 

Il premier avverte soprattutto la sinistra dem: «Se la legge elettorale fosse bocciata non sarei smentito solo io, ma l’intero Pd. Questa legge l’abbiamo cambiata tre volte ascoltando le richieste della minoranza, ora vogliono cambiarla di nuovo, in realtà pensano di tornare daccapo come sempre. Ma non glielo consentiremo».

 

E minaccia che, se il governo inciampasse, dietro l’angolo ci sono appunto le elezioni: «In questa legislatura un governo Brunetta-D’Attorre- Salvini non mi pare lo scenario più plausibile, sarebbe il Pd a quel punto a chiedere il voto anticipato». Renzi insomma salirebbe al Colle. «I nostalgici dell’inciucio, sia dentro il Pd che fuori, come Brunetta, si mettano l’animo in pace: il governo sarà di legislatura, fino al 2018, perciò con le riforme avanti tutta », si sfoga.

bersani renzi bersani renzi

 

E racconta ai suoi del partigiano che a Marzabotto pochi giorni fa gli ha detto: «Matteo, noi di sinistra siamo così, litighiamo e discutiamo ma tu vai avanti». Siamo al duello finale sull’Italicum, che oggi approda in aula a Montecitorio.

 

Non mettere tecnicamente la fiducia è un’offerta ai dissidenti. In cambio di cosa? Di evitare le imboscate nei voti segreti? Renzi si sente forte dei numeri nel partito: «La stragrande maggioranza dei democratici, anche a livello locale, sta con me». Tanto che parte la mobilitazione dei segretari regionali, provinciali e dei circoli. 

 

Rinvia al mittente le accuse che in queste ore stanno montando, di fare cioè del Pd un partito della nazione che imbarchi anche i moderati berlusconiani: «Bondi e Verdini potranno pure appoggiare il governo, ma non entreranno mai nel Pd. Chi critica si è dimenticato che abbiamo portato il partito al 41%, che abbiamo vinto in quattro regioni in cui si era perso... «.

 

CUPERLO RENZI CIVATI CUPERLO RENZI CIVATI

Il clima è teso più che mai. Le sinistre dem si preparano alla battaglia. Bersani mostra tutto il suo scetticismo sul dilemma fiducia sì-fiducia no: «Finché non vedo, non ci credo». Sono un centinaio i deputati dissidenti del Pd lacerati tra voto di coscienza e disciplina di partito. E sta nella frammentazione il vantaggio che il premier può capitalizzare. Accanto ai duri e puri — come Rosy Bindi, Alfredo D’Attorre, Pippo Civati, Stefano Fassina che con un drappello di altri quattro o cinque deputati hanno annunciato che non parteciperebbero al voto di fiducia — ci sono i più moderati e prudenti per i quali non votare per il “proprio” governo è inconcepibile. Roberto Speranza e Nico Stumpo, rispettivamente leader e coordinatore di “Area riformista”, fanno capire che la fiducia passerebbe certo abbondantemente, «ma sarebbe una violenza vera e propria al Parlamento, un vulnus».

 

roberto speranzaroberto speranza

Un atto così grave da aumentare poi il numero dei dissidenti nel momento dell’approvazione finale dell’Italicum, prevista tra l’altro a scrutinio segreto. Il capogruppo dimissionario considera «un errore politico madornale» la mozione di fiducia. Perché poi, nel voto finale, si manifesterebbero ben più dei quindici dem che Renzi mette in conto: a quel punto diventerebbero una settantina o più. Il rischio non è solo che la legge passi con numeri risicati, ma che manchi il numero legale.

 

Qui torna in ballo Berlusconi. L’ex premier ha fatto sapere di volersi giocare il tutto per tutto per sgambettare l’Italicum. Forza Italia quindi pensa all’Aventino con le altre opposizioni, cioè M5Stelle, Lega e Sel, nel voto finale. La mossa del cavallo. Con un duplice effetto.

BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS

 

Stoppare il soccorso azzurro che Denis Verdini potrebbe fornire a Renzi, a meno che l’ex coordinatore forzista non decida di cogliere l’occasione per uno strappo ormai imminente. E al tempo stesso, dare un assist ai dissidenti dem per mettere in pericolo il quorum. Renzi ha chiesto a Ettore Rosato una contabilità minuziosa dei numeri parlamentari. Conto che tengono anche la sinistra dem e le opposizioni.

 

«Se Matteo mettesse la fiducia, indebolirebbe se stesso prima di tutto», osserva Gianni Cuperlo. Civati insiste per una linea comune delle minoranze, ad esempio la non partecipazione al voto finale o un netto “no” all’Italicum. «Perché un governo dovrebbe cadere sulla legge elettorale? E’ incomprensibile» ragiona Bindi.

MASSIMO D ALEMA E SILVIO BERLUSCONIMASSIMO D ALEMA E SILVIO BERLUSCONI

 

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...