FINISH PER NAPO-LETTA? – CON LA FINE DELLE LARGHE INTESE, RENZI AL BIVIO: O ACCETTA DI LEGARSI AL DESTINO DEL GOVERNINO OPPURE FA SALTARE TUTTO (PRIMA DI FINIRE ASFALTATO DAL CAV E DA GRILLO)

Claudio Cerasa per "Rivista Studio"

Da oggi pomeriggio, una volta ufficializzata da parte dei capigruppo alla Camera e al Senato l'uscita formale di Forza Italia dalla maggioranza lettiana, si apre una fase delicata per la vita delle larghe intese in cui l'unica certezza per il governo è che le larghe intese non esistono più.

Non esistono più perché l'idea con cui il presidente della Repubblica aveva messo insieme il Popolo della libertà e il Partito democratico, con tutte le note difficoltà e nonostante il veto contrario del Touring Club Italia, di Saviano e del WWF, è un'idea che non vive più in questo governo: e non solo per ragioni numeriche (la grande coalizione oggi è una piccola coalizione che al Senato ha a disposizione una manciata di senatori in più rispetto a quelli necessari per la maggioranza) ma anche per ragioni strettamente politiche.

Napolitano credeva che fosse compito dei primi due grandi partiti italiani mettersi insieme per superare l'emergenza a colpi di riforme ma con il ciao ciao mostrato al governo da uno dei leader di quei partiti è evidente che viene meno il disegno originario di questa coalizione. Letta, ovviamente, deve resettare tutto. Deve scrivere un nuovo percorso. Deve certificare il passaggio da una fase all'altra della legislatura. E, soprattutto, dovrà togliersi di dosso i panni del premier tecnico, di quello che non può votare alle primarie del Pd, di quello che deve essere necessariamente super partes.

Da oggi, infatti, le piccole intese saranno forse psicologicamente più resistenti, perché gli alfaniani che daranno la fiducia a Letta non avranno ovviamente interesse a far cadere il governo (serve tempo per costruire un nuovo progetto, serve tempo per organizzarsi, serve tempo per emanciparsi dal vecchio Caimano).

Ma saranno soprattutto un prodotto politico diverso in cui la nuova situazione sembra evidente: il peso del governo, ora, ricade quasi tutto sulle spalle del Pd; il governo Letta è un governo Pd appoggiato dal partito di Alfano; e quindi, di conseguenza, Letta dovrà essere sempre di più espressione del suo partito di appartenenza. La fine formale delle larghe intese - seppur ormai da tempo prevedibile - presenta poi uno scenario nuovo e gravido di pericoli anche per il prossimo probabile segretario del Pd, Matteo Renzi.

Se è vero che da oggi il novanta per cento del peso del governo sarà sulle spalle del Pd è anche vero che questo peso, dal 9 dicembre, finirà sulle spalle di Renzi: e per il segretario in pectore del Pd, a quel punto, si apriranno due strade: o accettare di far coincidere il proprio destino con quello del governo Letta; oppure non resistere alla tentazione di scendere in campo per non lasciare l'autostrada dell'opposizione alla coppia Berlusconi-Grillo.

Politicamente parlando, la situazione che si è venuta a creare è perfetta per il centrodestra: una parte al governo che si mostra responsabile e appoggia Letta per evitare di far precipitare il paese al voto; una parte contro il governo che si mostra responsabile e prova ad accelerare la caduta del governo per tornare al voto e sotterrare le larghe intese.

I sondaggi nelle prossime settimane premieranno il centrodestra, il centrosinistra, come capita spesso in Italia alle forze di governo, verrà penalizzato, il gradimento di Renzi, un minuto dopo la vittoria alle primarie (se vittoria sarà), tenderà a precipitare, e a quel punto il sindaco di Firenze, se non vorrà far azionare il processo di decadenza di Letta, dovrà decidere che fare. O appoggiare con lealtà il governo, evitando di logorarlo. O logorarlo subito e tornare a votare.

Renzi sostiene di voler andare avanti con le larghe intese. Ma, paradossalmente, la trasformazione della grande coalizione in piccola coalizione aumenta in modo esponenziale il rischio che il segretario in pectore del Pd, una volta arrivato a largo del Nazareno, sia tentato dallo spingere l'amico Enrico verso quel cartello famoso con su scritto la parola finish.

 

napolitano renzi letta napolitano renzi MATTEO RENZI E GIORGIO NAPOLITANOletta renzi b ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONI ENRICO LETTA Napolitano Maurizio Lupi ed Enrico Letta

Ultimi Dagoreport

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin terre rare

FLASH! – L’EX COMICO ZELENSKY SI È RIVELATO MOLTO PIÙ ABILE DI TANTI DIPLOMATICI - LA POLIZZA SULLA VITA DELL’UCRAINA È STATA LA FIRMA DELL’ACCORDO SULLE TERRE RARE, CHE RAPPRESENTA UNA “GARANZIA DI SICUREZZA” DI AVERE TRUMP DALLA SUA PARTE - COME POTRANNO GLI AMERICANI PERMETTERE A PUTIN DI PRENDERSI IMPIANTI E MINIERE IN COMPROPRIETÀ USA-UCRAINA? L’INTESA SUI MINERALI HA SORPRESO "MAD VLAD": ERA CONVINTO CHE ZELENSKY NON AVREBBE MAI MESSO DA PARTE L’ORGOGLIO, FERITO CON L’UMILIAZIONE ALLA CASA BIANCA…