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MACRON C’EST MOI! DA RENZI A LETTA FINO A CALENDA: TUTTI QUELLI CHE ASPIRANO AD ESSERE COME IL CANDIDATO FRANCESE – IL POLITOLOGO ALESSANDRO CAMPI: MA IN ITALIA NESSUNO HA AVUTO LA SUA VISIONE STRATEGICA: METTERSI FUORI DAL SISTEMA DEI PARTITI – BRUNETTA: "MACRON È UN LIB-LAB. COME LO SONO IO"

Jacopo Iacoboni per la Stampa

MACRONMACRON

 

È facile essere Macron in Francia, il difficile - e forse tragico - è cercare di esserlo in Italia, col proporzionale, senza doppio turno e senza barrage républicain. La fila è lunga ma, sostanzialmente, si riduce a tre personaggi (alcune comparse offrono simpatiche chiose al tema).

 

Il primo personaggio è Matteo Renzi. Dice che «la vittoria di Macron potrebbe dare molta forza a chi vuole cambiare l' Europa. Chi ama l' ideale europeista sa che gli avversari sono i populismi». Poi precisa: «Ma sa anche che l' Europa è un bene troppo grande per essere lasciato ai soli tecnocrati». Renzi sta puntando tutto, e da anni, anche da prima di Macron, va detto, sul superamento della sfida tra sinistra e destra, ma capisce che, per come si sono messe le cose per lui nell' Italia 2017, la battaglia ai partiti populisti, o cyberfascisti, rischia di collocarlo dalla parte dell' establishment, delle odiate élite.

 

renzi all assemblea pd renzi all assemblea pd

E così sì, vorrebbe essere il Macron italiano, ma accentuando un profilo critico verso l' Europa esistente finisce per allontanarsene troppo: «L' elezione diretta del presidente della commissione, il cambio di paradigma della politica economica, l' Europa sociale, un piano per le periferie, la difesa comune e nuove politiche sulle reti e sulla ricerca: questo chiederemo a Bruxelles».

« Il problema è che in Italia nessuno ha avuto non l' ambizione di Macron, quella ce l' hanno, ma la sua visione strategica: mettersi fuori dal sistema dei partiti», riflette Alessandro Campi, politologo mai scontato.

 

«In Italia tutti parlano del cambiamento, ma restano ancorati a forme di politica tradizionale. A Renzi fu anche suggerito, a un certo punto, di uscire dal Pd, di farsi un partito suo, e magari chiamarlo "In Cammino"». Uno scatto che non ha avuto. L' avranno altri, magari Calenda?

 

MACRONMACRON

Certo altri aspiranti Macron italiani sanno muoversi con più efficacia e agganci, almeno europei, sul presupposto - macroniano - che la vittoria contro i populismi arriverà solo da un vero partito europeista, oltre i partiti tradizionali, distante parecchio dalla retorica del «siamo per l' Europa, ma un' Europa diversa». E qui gioca, di sfondo, la figura di Enrico Letta (uomo che peraltro ha un rapporto personale, con Macron). L' ex premier continua a non avere contatti con Renzi, ma gioca una partita impossibile da ridurre al bersanismo. Difficile che ottenga di nuovo una chance di leadership in tempi brevi, ma non intelligente anche pensare di poterne fare a meno, per com' è messa l' Italia. Lui lo sa, e da Sciences Po, dove aspetta gli eventi sulla riva del fiume, suggerisce un' analisi su Macron significativamente diversa da Renzi:

 

renzi all assemblea pd   renzi all assemblea pd

«Il dato francese è rappresentato dalla fine del ciclo delle vecchie famiglie politiche che hanno caratterizzato la scena francese. Il rapporto ormai è fra il candidato e gli elettori. Bisogna fare tesoro di questa esperienza, figlia della nuova politica che si veicola attraverso internet, senza la mediazione dei grandi partiti politici. Può piacere o non piacere, si può essere d' accordo o meno, essere contenti o meno di questa evoluzione ma occorre prenderne atto. Chi non lo fa sarà spazzato via». Dove, a parte la curiosa inversione delle parti con Renzi, appare evidente che il macronismo di Letta è un europeismo post-partiti, quello di Renzi un preteso, e rischioso, europeismo anti-establishment.

ENRICO LETTA IN VESPAENRICO LETTA IN VESPA

 

Così potrebbe pure spuntare, in questa corsa, Carlo Calenda, un uomo capace, amato al Quirinale, all' impresa italiana, non troppo connotato politicamente col centrosinistra, anzi. In questo, davvero molto macroniano.

 

E infatti Calenda si smarca dalla gara (ieri s' è limitato a una riflessione classicamente europeista - «il risultato di Macron fondamentale per la tenuta dell' Ue» - ma ha anche lievemente preso in giro, indirettamente, alcuni rivali: «La gara italica a chi è più Macron è sintomo di debolezza e provincialismo»). Macron sarebbe insomma, ci ricorda lui, l' Ena, banche importanti, studi prestigiosi, cosmopolitismo, apertura sui diritti, cultura metropolitana.

 

Alessandro Campi al telefono Alessandro Campi al telefono

Ci sarebbero, poi, anche nel centrodestra emulazioni varie. A Stefano Parisi piacerebbe, occupare quello spazio geografico centrale della politica (anche se «augurarsi la vittoria di Macron non vuol dire condividere le politiche economiche e sociali che propone»). Renato Brunetta coltiva un gusto più rapido, comunque definitivo nel suo genere, più Macron di Macron: «Macron è un lib-lab. Come lo sono io».

MACRON 3MACRON 3

 

brunetta con la mogliebrunetta con la mogliePADOAN E CALENDAPADOAN E CALENDA

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