RIMBORSOPOLI ALL’EMILIANA? 7 EURO AL GIORNO! – BONACCINI TENTA LA CARTA DELL’ARCHIVIAZIONE PRIMA DEL VOTO DEL 23 NOVEMBRE – PER “IL FOGLIO” SU BONACCINI E RICHETTI “UN RICATTO GIUSTIZIALISTA” A CHI SI CANDIDA

1. “DICESI SETTE EURO”

da "il Foglio"

 

stefano bonaccini stefano bonaccini

Stefano Bonaccini, segretario regionale del Partito democratico e candidato alle primarie per la carica di governatore dell’Emilia Romagna, è indagato per aver richiesto alla regione rimborsi per meno di 4.000 euro per un periodo di 19 mesi, circa 200 euro mensili di rimborsi chilometrici e di pranzi di lavoro (7 euro al giorno).

 

Bonaccini ha detto che darà giustificazione minuziosa di ogni rimborso richiesto, e naturalmente si vedrà come andrà a finire. Lo stesso vale per l’altro candidato, Matteo Richetti, che ha rinunciato dopo l’annuncio dell’indagine sui suoi rimborsi, che arrivano invece a 5.500 euro. Quello che invece è già evidente è che tutti i titoli dei giornali stampati e televisivi sulle “spese pazze”, che vengono inesorabilmente perseguite da ineccepibili controllori giudiziari, sono una tale esagerazione da sfiorare la falsità.

 

Che ci siano stati e ci siano abusi nell’utilizzo del pubblico denaro è innegabile, ma proprio per questo non bisognerebbe abbandonarsi a generalizzazioni fuorvianti e persino controproducenti. Alla fine, come si sa, se sono tutti ladri, nessuno è ladro. Più interessante risulta invece la tempistica particolarmente sincronizzata tra la rivelazione del contenuto delle inchieste e le vicende politiche che interessano gli inquisiti.

 

matteo richettimatteo richetti

Se una procura indaga sulle spese dei membri di un’assemblea regionale, è ovvio che sottoponga a controllo tutte le richieste di rimborso. Che questo significhi che automaticamente spese irrisorie vengano presentate dal circuito mediatico-giudiziario come scandalosi sperperi proprio nel momento in cui quelle persone partecipano a una competizione politica è piuttosto singolare.

 

Viene naturale il sospetto che si voglia far pesare una specie di ricatto giustizialista preventivo su chi si accinge a competere per ottenere una carica amministrativa rilevante. Se ci sono stati abusi è giusto che vengano perseguiti, ma questo deve avvenire solo quando ci siano prove e condanne, non solo insinuazioni amplificate dal megafono dello scandalismo, che comunque lasceranno un’ombra sulla onorabilità di persone che non hanno ancora avuto neppure la possibilità di fornire documentazione delle spese sostenute. La macchina della delegittimazione funziona così e sarebbe ora di fermarla.

 

 

2. “I RIMBORSI PAZZI DEL PD”

Roberta Catania per "Libero Quotidiano"

 

Matteo Renzi Matteo Renzi

Gli indagati nel vecchio consiglio regionale emiliano sarebbero una decina. I fatti contestati sono molteplici: si va da chi ha chiesto rimborsi per pranzi e cene, per pregiate bottiglie di vino o per penne di lusso a chi si è accontentato di molto meno, facendosi rifondere l'acquisto di pacchetti di caramelle, di frutta e verdura o persino presentando gli scontrini da 50 centesimi dei wc pubblici. Ma questi casi non riguardano loro, i due ex sfidanti per le primarie del Partito democratico.

 

Nei fascicoli dei due indagati eccellenti non c'è niente di pruriginoso, ma il reato di peculato non si basa sul gossip. Il peculato - come fanno notare gli inquirenti - affonda le radici nel "tradimento" commesso da un pubblico ufficiale, che approfittando del potere di amministrazione di beni comuni, se ne impossessa illecitamente per scopi personali.

 

Perciò poco importa che le cifre contestate agli indagati siano "esigue", come invece fanno notare il segretario regionale del Pd Stefano Bonaccini e il deputato Stefano Richetti, finiti con altri otto consiglieri del Pd nel registro della Procura di Bologna. Non è questione di cifre, ma di "sistema". Le due posizioni processuali, andate finora di pari passo, hanno preso strade differenti. Una separazione che ha coinciso con la scissione del percorso politico, che per Richetti si è interrotto l'altro ieri con l'annuncio del ritiro dalla corsa alle primarie, mentre Bonaccini rimane in corsa come unico rappresentante del Pd.

 

CONSIGLIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA
CONSIGLIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA

 E a questo punto, per il responsabile degli Enti Locali nella segreteria del premier Matteo Renzi è partito il countdown. Già ieri, infatti, Bonaccini è andato per tre ore in procura "a spiegare le motivazioni di spese che avevano dato adito a dubbi", come spiega il suo avvocato, Vittorio Manes, che circoscrive il problema a "pranzi e cene per circa 200 euro al mese", fino ad arrivare ai 4mila euro contestati dalla Finanza in un'informativa che i pm hanno sposato in pieno, iscrivendo (nell'agosto scorso) il politico tra gli indagati.

 

La strategia difensiva dell'unico concorrente rimasto in gioco per le primarie, a questo punto giocherà sui tempi: oggi il legale di Bonaccini presenterà un'istanza di archiviazione, chiedendo che i magistrati tengano conto della particolare urgenza nell'avere una risposta in tempi brevi. Sperando quindi di chiudere questa brutta parentesi non troppo a ridosso del 28 settembre. La linea adottata dai magistrati del capoluogo emiliano, già un anno fa, è quella di analizzare ogni singola posizione man mano che arrivano le informazioni dagli investigatori tributari sui conti che riguardano l'arco temporale tra il 2010 e il 2012.

 

La prima mossa, nell'ottobre 2013 (quando l'inchiesta è partita, in seguito all'input nazionale di scandagliare i bilanci regionali) era stata di indagare i nove capigruppo, partendo poi con lo screening dei rimborsi spese degli altri componenti del consiglio regionale emiliano. Uno screening dai risultati grotteschi: erano emersi rimborsi per un asciugacapelli, un divano-letto, alcune bottiglie di vino da oltre 100 euro, salumi, frutta e verdura e diverse penne.

CONSIGLIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA
CONSIGLIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA

 

I titoli se li era però presi lo scabroso caso dei rimborsi per il wc: due scontrini da 50 centesimi emessi alla stazione di Parma ed allegati ai biglietti del treno da farsi rimborsare (resta agli atti la memorabile difesa del consigliere colto in fallo, il dem Thomas Casadei: «Sono molto sorpreso, di solito gli scontrini del bagno li butto via»). Dai wc alle cene, dunque. Un mese fa Bonaccini e Richetti sono stati indagati, ma lo hanno scoperto solo da pochi giorni.

 

Lunedì il primo e martedì il secondo, hanno delegato i rispettivi avvocati a chiedere l'ex 335, l'atto che rivela eventuali indagini in corso, ottenendo l'immediata notizia delle iscrizioni per peculato. Contestualmente, i legali hanno potuto fotocopiare le carte dell'inchiesta che riguarda l'assistito, dando così ad entrambi la possibilità di offrire chiarimenti agli inquirenti. Se per il segretario regionale del Pd questo ha significato tentare di correre ai ripari nell'immediato, l'allora presidente del consiglio regionale ha invece scelto di non fare nulla.

 

Sa tutto delle contestazioni mosse dalla procura, che ritiene non leciti i rimborsi ottenuti per due soggiorni a Riva del Garda, alcuni pranzi e cene, oltre a spostamenti avvenuti sia con auto con conducente sia con macchine private, delle quali sarebbe poi stato fornito un chilometraggio gonfiato.

 

Oggi scadono i termini per la presentazione delle candidature per le primarie del successore di Vasco Errani. La speranza di Bonaccini rimane quindi quella di correre per le primarie forse ancora da indagato, ma di arrivare alle elezioni (previste per il 23 novembre) prosciolto da tutte le accuse. Saranno i prossimi giorni a far capire anche la posizione del premier e segretario Matteo Renzi.

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