consip renzi woodcock lotti romeo scafarto saltalamacchia del sette

ECCO PERCHÉ RENZI HA LASCIATO LOTTI NEL PD - IL RINVIO A GIUDIZIO (COL PROSCIOGLIMENTO DI SCAFARTO) È LA VITTORIA DI WOODCOCK, E ''IL FATTO QUOTIDIANO'' GONGOLA: ''IL COMPLOTTO CONTRO LA FAMIGLIA RENZI NON ESISTEVA, QUELLO PER BLOCCARE LE INDAGINI SULLA CONSIP FORSE SÌ: SARÀ UN PROCESSO A STABILIRLO'' - LA GUP, CLEMENTINA FORLEO: ''QUELLO DI SCAFARTO È STATO UN ERRORE INVOLONTARIO''. MA LA PROCURA IMPUGNERÀ IL PROSCIOGLIMENTO - LOTTI: ''MI DIPINGONO COME UN MOSTRO MA DIMOSTRERÒ LA MIA INNOCENZA IN TRIBUNALE''

 

Da www.ilfattoquotidiano.it

 

LUCA LOTTI

Il complotto contro la famiglia Renzi non esisteva. Quello per bloccare le indagini sulla Centrale acquisti della pubblica amministrazione forse sì: sarà un processo a stabilirlo. Sono i cinque i rinvii a giudizio decisi dal gup di Roma, Clementina Forleo, sul caso Consip. A processo l’ex ministro e attuale deputato del Pd, Luca Lotti, l’ex consigliere economico di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, il generale Emanuele Saltalamacchia e Carlo Russo, l’imprenditore amico di Tiziano Renzi.

 

Prosciolti, invece, il maggiore Gianpaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa. La procura di Roma aveva chiesto il rinvio a giudizio degli imputati il 14 dicembre scorso. Contestualmente anche una serie di archiviazioni erano state respinte: compresa quella del padre dell’ex premier. L’ufficio inquirente capitolino intende comunque impugnare davanti alla Corte d’Appello il proscioglimento di Scafarto e Sessa.

 

Le accuse a Luca Lotti – Il nome più noto che adesso dovrà affrontare un processo è ovviamente quello dell’ex sottosegretario di Matteo Renzi: gli inquirenti romani lo accusavano di favoreggiamento per aver rivelato l’inchiesta a Luigi Marroni, ex amministratore delegato dell’azienda che gestisce gli appalti pubblici. L’iscrizione nel registro degli indagati di Lotti – come rivelato da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano – risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti agli inquirenti di Napoli, dello stesso Marroni, che aveva ammesso di aver saputo dal ministro dell’indagine aperta dalla procura partenopea.

 

MATTEO RENZI LUCA LOTTI

Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli investigatori. Poi il 14 luglio del 2017 era stato interrogato dei pm sostenendo la totale estraneità. La procura, però, quei fatti ha continuato a contestarglieli. Lo scorso 24 giugno l’ex ministro proprio al gup Forleo ha ribadito la sua versione: “Non sapevo dell’indagine. Non potevo riferire a Marroni ciò che non conoscevo”.

 

Le contestazioni a Saltalamacchia, Del Sette e Vannoni – Favoreggiamento è il reato contestato dalla procura anche il generale Emanuele Saltalamacchia: per l’accusa invitò Marroni a essere prudente perché la procura di Napoli stava indagando. Viene contestata invece la rivelazione di segreto d’ufficio al generale Tullio Del Sette che, stando alla procura di Roma, rivelò a Luigi Ferrara, presidente della Consip, l’inchiesta a carico dell’imprenditore di Alfredo Romeo.

 

luca lotti (2)

Sempre favoreggiamento – per aver avvertito Marroni – è il reato contestato a Filippo Vannoni, già presidente di Publiacqua Firenze ed ex consigliere di Palazzo Chigi ai tempi in cui il premier era Renzi. Questo era il capitolo delle cosiddette “soffiate” che nei fatti sabotarono l’inchiesta aperta dalla procura di Napoli sugli appalti Consip.

 

Il caso Scafarto e Sessa – L’ufficio inquirente all’epoca guidato da Giuseppe Pignatone, però, aveva chiesto il rinvio a giudizio anche di Scafarto, ex capitano del Noe dei carabinieri – poi promosso maggiore – per violazione di segreto, falso in atto pubblico e depistaggio: l’ultima accusa è contestata in concorso con Sessa. Secondo i pm Scafarto svelò al vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, il contenuto delle dichiarazioni di Marroni e Ferrara agli inquirenti di Napoli e l’iscrizione di Del Sette, atto coperto da segreto.

 

Al militare veniva contestato anche il falso relativo all’informativa in cui attribuiva la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” a Romeo. In realtà a pronunciare quella frase (senza che si riferisse a Tiziano Renzi) era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino. Scafarto ha sempre ribadito di non aver “mai taroccato” alcuna informativa. Ma, stando all’accusa, nell’informativa aveva inserito anche il presunto coinvolgimento di “personaggi asseritamente appartenenti ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito delle indagini esperite”.

scafarto

 

Nell’informativa scrisse che aveva “il ragionevole sospetto di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi”. Per gli inquirenti Scafarto aveva anche omesso una serie di particolari sull’auto e la targa del sospetto che in realtà risultava essere un cittadino italiano residente in zona. Anzi per la procura di Roma sarebbe stato proprio Scafarto a rivelare a ex carabinieri, ora in servizio all’Aise, l’indagine di Napoli. Sempre al militare, in concorso con Sessa, viene contestato il depistaggio per aver disinstallato whatsapp dallo smartphone del colonnello e impedire quindi agli inquirenti di ricostruire le loro conversazioni. Il gup però ha deciso di prosciogliere i due investigatori.

 

Secondo il giudice da parte di Scafarto non ci fu l’alterazione di una informativa con l’obiettivo di arrestare Tiziano Renzi_ Si tratta di errore sicuramente involontario – afferma il giudice nella sentenza – presumibilmente dovuto a una omessa correzione dell’informativa al momento della sua ultima stesura a meno di non voler attribuire all’imputato comportamenti del tutto illogici e anzi ‘schizofrenici'”.

luigi marroni

 

Il passaggio dell’informativa finito agli atti dell’indagine è quello in cui la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” viene attribuita all’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, mentre a parlare è l’ex deputato di An Italo Bocchino. “Se Scafarto avesse comunque voluto ‘inchiodare’ Renzi – prosegue Forleo – avrebbe sicuramente avuto gioco facile nella correzione dell’errore che era stato da altri compiuto e non avrebbe ripetutamente sollecitato tutti i suoi collaboratori a risentire le conversazioni, a chiedere di eventuali incontri tra Tiziano e Romeo e soprattutto a invitare tutti i predetti a una rilettura dell’informativa, evidentemente finalizzata a scongiurare errori”.

 

Carlo Russo, il millantato credito e Tiziano Renzi – La procura contestava il millantato credito Russo, imprenditore amico di Tiziano Renzi. Il padre dell’ex premier era stato in un primo momento indagato per traffico di influenze e poi solo per millantato credito in concorso con lo stesso Russo nei confronti di Alfredo Romeo. Inoltre chi indaga è convinto che sia stato Tiziano Renzi a mettere in contatto Russo con Marroni, e che il padre dell’ex premier abbia effettivamente incontrato Alfredo Romeo nel 2015, a Firenze, in un periodo ritenuto, però, troppo lontano dai fatti in indagine.

 

filippo vannoni

Stando al capo di imputazione l’imprenditore si faceva promettere da Romeo, 100mila euro all’anno, “come prezzo della propria mediazione” nei confronti di Daniela Becchini, all’epoca dei fatti dg del patrimonio Inps, Silvio Gizzi, all’epoca amminstratore delegato di Grandi Stazioni rail, Monica Chittò, all’epoca sindaca del comune di Sesto San Giovanni e infine Marroni, ex ad di Consip. Stando alle indagini le mediazioni dovevano riguardare commesse e appalti.

 

Russo, avrebbe millantato con l’imprenditore napoletano (per cui la Cassazione aveva annullato l’arresto per corruzione il 9 marzo) anche il tramite dell’attuale sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, per fargli ottenere un appalto indetto dal comune di Sesto. Era stato sempre Russo a “prospettare” a Romeo la mediazione – tramite Renzi senior – che doveva consistere nell’ottenere aggiudicazioni di appalti della Consip. Tutte mediazioni inesistenti, secondo gli investigatori. La procura però aveva chiesto l’archiviazione per “assenza di riscontri sull’ipotesi di reato” per il padre dell’ex premier anche se ritenuto “ampiamente inattendibile”.

filippo vannoni e matteo renzi

 

Le richieste di archiviazione respinte – Il gip di Roma ha però respinto la richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi, l’ex parlamentare del Futuro e Libertà, Italo Bocchino, e dell’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, indagati per traffico di influenze. Quindi il giudice aveva fissato la camera di consiglio per il 14 ottobre anche per l’ex ad di Consip, Domenico Casalino, per l’ex dirigente Francesco Licci e per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi, cui era inizialmente contestata la turbativa d’asta e anche per l’ex presidente di Consip, Luigi Ferrara, accusato di false dichiarazioni al pm. Il 3 marzo 2017 papà Renzi dichiarò di non aver “mai preso soldi”, che si trattava “di un evidente caso abuso di cognome”, di non aver mai incontrato Alfredo Romeo. Ma due anni dopo erano emersi nuovi elementi sull’incontro come scritto in esclusiva sul Fatto Quotidiano.

 

CONSIP: LOTTI, TRATTATO COME MOSTRO MA NON PROVO RANCORE

CLEMENTINA FORLEO

 (ANSA) - "La mattina del 23 dicembre 2016 ho letto la prima pagina del Fatto Quotidiano: il titolo d'apertura era "Indagato Lotti". È così che ho scoperto di essere indagato, leggendo un giornale. Non ho mai ricevuto l'avviso di garanzia, perché chiesi immediatamente di essere ascoltato dagli inquirenti. Da quella mattina sono passati oltre mille giorni: 1014 per l'esattezza".

 

Lo scrive su Facebook Luca Lotti. "In questo lungo periodo il mio nome legato all'inchiesta Consip è stato tirato in ballo in oltre 2600 articoli sui giornali italiani (cui vanno aggiunti migliaia di lanci d'agenzie e un numero incalcolabile di servizi televisivi). Sempre nello stesso periodo io ho rilasciato solo tre dichiarazioni, per confermare la mia innocenza e la mia fiducia nella giustizia: da un punto di vista della comunicazione è come tentare di fermare uno tsunami con l'ombrello. Ma da parte mia, sia chiaro, non c'è rabbia o rancore per nessuno, neanche verso chi si è divertito a sbattere il mostro in prima pagina senza assumersi nessuna responsabilità, aggiunge.

HENRY JOHN WOODCOCK

 

CONSIP: LOTTI, DIMOSTRERÒ NEI TRIBUNALI LA MIA INNOCENZA

 (ANSA) - "Oggi, 3 ottobre 2019, il giudice per le udienze preliminari ha deciso che dovrà esserci un processo per accertare definitivamente la verità dei fatti. Il reato di cui devo rispondere è favoreggiamento di un 'non indagato'. Come ho fatto finora, affronterò tutto questo a testa alta. Ero e resto convinto che i processi si fanno nelle aule dei Tribunali e non sui giornali. Dimostrerò in quelle sedi la mia innocenza".

 

 

CONSIP: GUP, IN INFORMATIVA SCAFARTO ERRORE INVOLONTARIO

 (ANSA) - Da parte del maggiore del Noe, Gian Paolo Scafarto, non ci fu l'alterazione di una informativa con l'obiettivo di arrestare Tiziano Renzi. E' quanto afferma, in sostanza, il gup Clementina Forleo nella sentenza di proscioglimento anche dall'accusa di falso emessa oggi per Scafarto. "Si tratta di errore sicuramente involontario - afferma il giudice nella sentenza - presumibilmente dovuto a una omessa correzione dell'informativa al momento della sua ultima stesura a meno di non voler attribuire all'imputato comportamenti del tutto illogici e anzi 'schizofrenici'".

RENZI DEL SETTE

 

Il passaggio dell'informativa finito agli atti dell'indagine è quello in cui la frase "Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato" viene attribuita all'imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, mentre a parlare è l'ex deputato di An Italo Bocchino. "Se Scafarto avesse comunque voluto 'inchiodare' Renzi - prosegue Forleo - avrebbe sicuramente avuto gioco facile nella correzione dell'errore che era stato da altri compiuto e non avrebbe ripetutamente sollecitato tutti i suoi collaboratori a risentire le conversazioni, a chiedere di eventuali incontri tra Tiziano e Romeo e soprattutto a invitare tutti i predetti a una rilettura dell'informativa, evidentemente finalizzata a scongiurare errori".

 

CONSIP:PROCURA ROMA IMPUGNERÀ PROSCIOGLIMENTO SCAFARTO

Alfredo Romeo 3

 (ANSA) - La Procura di Roma impugnerà alla Corte d'Appello la sentenza con cui il gup di Roma, Clementina Forleo, ha prosciolto dalle accuse l'ex maggiore del Noe, Gian Paolo Scafarto, e il colonnello dell'Arma, Alessandro Sessa. E' quanto si apprende da fonti giudiziarie.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…