kim jong un donald trump

RITAGLIARE E INCORNICIARE L'EDITORIALE DI MOLINARI, DIRETTORE DE ''LA STAMPA'', CHE SI SCARTA DAL CORRISPONDENTE UNICO E DISEGNA UN RITRATTO VERITIERO SU TRUMP E LA 'DIPLOMAZIA DEL PUGILE', DI CUI SU QUESTO DISGRAZIATO SITO (CON M.G. MAGLIE) SCRIVIAMO DA TEMPO: ESSERE IMPREVEDIBILE, FARLI IMPAZZIRE TUTTI, DESPOTI E LEADER DEL MONDO LIBERO, E ALLA FINE PORTARE A CASA IL RISULTATO. CON XI JINPING E AL BAGHDADI, MACRON E ABU MAZEN, ASSAD E KIM JONG-UN

Maurizio Molinari per ''la Stampa'' di domenica 10 giugno

 

La partenza anticipata dal tavolo del G7 canadese per decollare alla volta di Singapore, dove martedì vedrà Kim Jong-un, descrive in maniera limpida l' approccio di Trump a uno scenario internazionale segnato dalle crisi: duellare con gli avversari e sorprendere gli alleati applicando il metodo delle decisioni a sorpresa.

donald trump the art of the deal

 

L' imprevedibilità distingue l' approccio di Trump agli avversari dell' America da quando è arrivato alla Casa Bianca. Il primo a farne le spese è stato il Califfato del terrore di Abu Bakr al-Baghdadi perché l' ordine impartito al Pentagono di James Mattis di intensificare la campagna militare - lasciandosi alle spalle il tentennante approccio del predecessore Obama - ha riversato nel 2017 sui jihadisti in Siria e Iraq un diluvio di fuoco, fiamme e piombo di dimensioni tali da polverizzarne l' entità territoriale.

 

A essere colto di sorpresa è stato anche il dittatore siriano Assad perché i due attacchi missilistici subiti - nel 2017 e 2018 - gli hanno ricordato senza perifrasi l' esistenza della linea rossa sul divieto di usare i gas contro i civili.

 

Stessa sorte per il presidente palestinese Abu Mazen: è stato emotivamente travolto dallo spostamento dell' ambasciata Usa a Gerusalemme perché non immaginava che Trump potesse sfidare i tabù arabi del Medio Oriente nel tentativo di sbloccare il negoziato di pace con Israele.

donald trump the art of the deal

 

Quindi è stata la volta di Xi Jinping, il leader cinese investito da un' ondata di dazi e tariffe su oltre mille prodotti che lo ha spinto ad intervenire sul despota nucleare Kim Jong-un - suo vicino e protetto - per spingerlo a negoziare con Washington sulla denuclearizzazione della penisola coreana.

 

E durante la preparazione del summit di Singapore Trump ha rincarato la dose: prima stracciando l' accordo nucleare del 2015 con l' Iran di Ali Khamenei, per far capire che l' assenza di limiti ai missili non è accettabile, e poi minacciando di far saltare il faccia a faccia con Kim a seguito delle offese personali che aveva rivolto al vicepresidente Mike Pence.

 

Tali e tante mosse, compiute con decisioni spesso personali come lettere e twitt, sorprendendo i suoi stessi collaboratori, hanno trasformato Trump in un protagonista imprevedibile dei duelli con despoti ed autocrati.

 

donald trump xi jinping mar a lago

Con il risultato di annullare uno degli svantaggi più tradizionali delle democrazie nelle relazioni con gli avversari: essere lente, prevedibili, logiche. Quando Trump parla di «Art of the deal» - l' arte di raggiungere un' intesa - fa riferimento proprio al metodo delle transazioni continue, mutuato dalla più aspra versione del business fra tycoon, ovvero braccio di ferro a sorpresa per piegare la controparte in trattative inaspettate.

 

maurizio molinari

Le radici, personali e imprenditoriali, nel mercato immobiliare di New York - il più aggressivo del Pianeta - diventano così il dna di una proiezione dell' America nel mondo che vuole sbilanciare gli avversari, giocando sulla moltiplicazione delle incertezze per difendere i propri interessi.

 

A mostrare interesse per il metodo Trump è il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, quando dice che «potrebbe essere utile nei negoziati su Brexit» fra Londra e Ue, perché «Trump crea crisi, confusione e ogni sorta di scontri, facendo pensare a tutti di essere diventato matto ma poi alla fine arriva al risultato».

 

È questo lo sfondo sul quale Trump affronta l' incontro con Kim Jong-un, dittatore nordcoreano erede di una dinastia sanguinaria che ha beffato gli ultimi tre presidenti Usa - Clinton, George W. Bush e Obama - con promesse mai mantenute, utili solo a guadagnare tempo per perfezionare ogive e missili.

 

ABU MAZEN

Tutto ciò spiega perché il summit di Singapore riassume ed esalta il metodo dell' inquilino della Casa Bianca. Quando Trump afferma nel Giardino delle Rose della Casa Bianca «ho annullato l' incontro con Kim una volta e posso farlo ancora» e, pochi minuti dopo, aggiunge «avrei piacere ad ospitarlo presto in America» rappresenta in maniera plastica una sorta di diplomazia del pugile, che aggredisce e sorride al tempo stesso l' avversario, al fine di ingannarlo, colpirlo e metterlo ko.

 

trump

Tutto ciò è in lampante e voluto contrasto con regole e prassi dell' architettura di alleanze internazionali che i predecessori di Trump hanno contribuito a creare dal dopoguerra in poi. Per questo i partner di Washington, a cominciare da Berlino e Parigi, tradiscono affanno e aperta irritazione. Come fatto dal presidente francese Emmanuel Macron al G7. Ma tali resistenze non fanno altro che giovare a Trump perché gli consentono di amplificare verso gli avversari l' immagine di un' America talmente imprevedibile da alterare perfino gli alleati tradizionali. E in un mondo segnato dal disordine ciò implica più forza che debolezza.

 

I veri rischi a cui Trump va incontro sono altri ed assai più pericolosi. Primo: la possibilità di subire smacchi da parte di controparti, da Kim a Khamenei, capaci di mosse assai spregiudicate. Secondo: offrire il fianco al tentativo, già evidente, di Cina e Russia di agire in contropiede e sfilargli quanti più alleati possibile dando vita a geometrie internazionali alternative, mirate a far implodere l' Occidente.

kim jong un e donald trump 9

 

Resta da vedere se l' imprevedibile approccio di Trump ai rivali lo porterà fino ad un summit con quello più temibile: il presidente russo Vladimir Putin, artefice e protagonista di una sofisticata strategia di rafforzamento politico e militare a scapito dell' Alleanza atlantica.

 

Ultimi Dagoreport

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)