sabotaggio ferroviario a bologna scritta no tav

GETTARE ACQUA SULLE FIAMME - IL ROGO DELLE CENTRALINE DEL TRENO A BOLOGNA SEMBRA OPERA DI “CANI SCIOLTI”, FANNO SAPERE LE FORZE DELL’ORDINE. CHE PER ORA NON HANNO PROVE DI ATTIVITÀ EVERSIVE

Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

 

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Hanno ottenuto il massimo risultato con un’azione modesta, quanto basta a creare grande allarme. Perché potrebbe succedere ancora, far parte di una campagna natalizia come già accaduto in passato. Ma sulla matrice anarco-insurrezionalista gli investigatori sono cauti, molti dettagli devono ancora essere studiati ed esaminati, soprattutto in assenza di una rivendicazione.

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Al momento si può parlare di sabotaggio grave, certamente non di un atto terroristico e dunque appare prematuro dare per scontato che il rogo di Bologna sia un atto mirato contro l’Alta velocità. Non a caso anche la Procura ha deciso, almeno nella fase iniziale, di non contestare l’aggravante eversiva. 
 

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In queste ore gli analisti della polizia di prevenzione e dei carabinieri del Ros mettono in fila i pochi elementi certi per comprendere che cosa stia accadendo, in quali ambienti indirizzare la propria attenzione e come poter prevenire nuove azioni simili. E per farlo partono proprio dai quattro pozzetti incendiati ieri, visto che la stessa tecnica per bloccare il traffico dei convogli era stata utilizzata tre giorni fa a Firenze e circa un mese fa a Milano. Gli uomini della Polfer guidati da Maurizio Improta hanno trovato stracci imbevuti di liquido infiammabile che hanno bruciato i cavi di trasmissione e mandato in tilt il sistema di alimentazione. 
 

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Strategia di attacco ben diversa da quella messa a punto dalle formazioni eversive che in passato avevano preso di mira le linee ferroviarie. Perché nei casi precedenti veniva sistemato un gancio sulla linea elettrica in modo da bloccare il treno al suo passaggio, mandando in tilt svariati chilometri con danni difficili da riparare in poche ore. Atti più sofisticati, certamente preparati con maggiore cura. 
 

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Nessun volantino risulta ancora recapitato. È possibile, come ritengono alcuni, che non sia ritenuto necessario perché l’unico obiettivo è quello di generare tensione e poco importa lasciare la firma. Però è una scelta che appare comunque anomala, anche tenendo conto che sui siti Internet di matrice anarco - insurrezionalista e su quelli di propaganda No Tav fino a ieri sera erano state «postate» le notizie sul rogo di Bologna, ma senza troppa enfasi e soprattutto senza fornire alcun appoggio sia pur simbolico all’azione.

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E invece nelle precedenti campagne incendiare — i pacchi esplosivi spediti in sequenza, ma anche gli attentati contro i cantieri della Val di Susa — si è sempre cercato di rendere ben riconoscibile la matrice, di rivendicare gli attentati proprio per far risultare il dissenso più forte. 
 

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Era accaduto anche nel caso della campagna esplosiva contro le sedi di Equitalia e, andando ancor più indietro nel tempo, in occasione di quella contro obiettivi legati all’Unione Europea. La Fai, Federazione anarchica informale, aveva inserito i volantini all’interno dei pacchi bomba o comunque fatto recapitare messaggi inequivocabili che fornivano anche dettagli sulla composizione dei plichi per rendere evidente la firma e chiari i motivi dell’attacco alle istituzioni. 

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La scorsa settimana i giudici della corte d’Assise di Torino hanno escluso la finalità di terrorismo per i quattro imputati che la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013 attaccarono con pietre, bengala, molotov, bombe carta il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte e hanno inflitto pene molto più lievi di quelle sollecitate dai pubblici ministeri. Dunque, ragionano gli investigatori, se gli autori provenissero davvero dallo stesso ambiente potevano avere interesse a sfidare nuovamente lo Stato rendendo inequivocabile la firma delle nuove azioni, cosa che invece al momento non è avvenuta. 
 

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Bisognerà aspettare almeno un paio di giorni perché non è escluso che gli autori abbiano deciso di lasciare passare un po’ di tempo proprio per far salire ulteriormente la tensione. Ma l’ipotesi ritenuta più probabile è che a Bologna e Firenze abbiano agito «cani sciolti». Sembra prevalere la tesi che — per quanto gravissimi — gli atti degli ultimi giorni facciano parte di una strategia diversa da quella utilizzata in Piemonte e in Lombardia. E rispondano a una logica forse distante da quella che ha segnato la protesta forte contro il progetto dell’Alta velocità. 

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