1- DEVE ESSERE ESTINTA LA STIRPE DEI CRONISTI, SE LA NOTIZIA NON HA TROVATO NESSUN RILIEVO. ALLA FESTA, PER LA RINASCITA DEL SAN CARLO DI NAPOLI, LA SERA DI SABATO 17 DICEMBRE, SUL CARTONCINO C’ERA SCRITTO PER I 150 ANNI DELL’UNITÀ D’ITALIA. MA BELLA NAPOLI NON C’ERA. GIUSTAMENTE: DA FESTEGGIARE INFATTI NON ERA L’INSALVABILE ITALIA MA L’EREDE DI GIANNI LETTA, SALVATORE NASTASI, NOTO SALVO, STROPOTENTE CAPO DI GABINETTO DEI BENI CULTURALI, SPOSATISSIMO CON GIULIA MINOLI (FIGLIA DI GIOVANNI E NIPOTINA DELL’EMINENZA OPUS DEI ETTORE BERNABEI) 2- SUL PODIO A DIRIGERE LA “CONSACRAZIONE”, RICCARDO “EGO” MUTI. SUL PALCO REALE BEN QUATTRO MINISTRI E UN CARDINALE. IN PLATEA FACEVA SMORFIE ROBERTO BENIGNI 3- CICCIO NASTASI HA SOLO 38 ANNI. MA LE SUE DOTI SONO MOLTE. È FINITO NELLA MACELLERIA MESSICANA DELLE INTERCETTAZIONI DEL TERZETTO BERTOLASO-BALDUCCI-ANEMONE. PRIVILEGIATI I SUOI RAPPORTI CON LA PROPAGANDA FIDE DEL CARDINALE SEPE

DAGOREPORT

Deve essere estinta la stirpe dei cronisti culturali e mondani, se la notizia non ha trovato nessun rilievo sui grandi giornali nazionali. E anche i fotografi hanno perso il tocco magico.

Alla Grande Festa, la sera di sabato 17 dicembre, per la rinascita del San Carlo di Napoli, riaperto e restaurato già da un annetto, sul cartoncino c'era scritto per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Ma Bella Napoli Napolitano non c'era. Giustamente: la festeggiata infatti non era l'insalvabile Italia ma Salvatore Nastasi, noto Salvo, superpotente capo di gabinetto dei Beni Culturali, sposatissimo con Giulia Minoli (figlia di e nipotina dell'eminenza Opus Dei Ettore Bernabei).

È stato lui il commissario straordinario del teatro napoletano che è riuscito nell'impresa che le gazzette hanno dimenticato di sottolineare. Primo, perché sul podio a dirigere c'era il maestro Riccardo "Ego" Muti. Secondo, perché l'orchestra ha sfiorato il sublime nell'esecuzione del Requiem di Giuseppe Verdi. Terzo, perché sul palco reale in prima fila, sobri e composti, erano schierati ben quattro ministri e un cardinale. In platea c'erano tutti quelli che dovevano esserci.

E se è vero che mancava il presidentissimo Extra-Giorgio Napolitano, c'era però lo sgonfiatissimo Roberto Benigni al fianco della Nonna Turchina Nicoletta Braschi, che ha fatto il suo ingresso in sala con quel giusto ritardo che ha favorito un applauso sincero e insistito, un'ovazione patriottica... Viva Verdi!

E viva anche Luigi De Magistris, "più bello e più altero che pria" come il conte di Montecristo, che partecipava con l'aria soddisfatta di chi è consapevole che la sua smagliante presenza è già una vendetta. Più bello di lui c'era solo Roberto Bolle, il ballerino. Ma non conta.

Come in tutte le corti il potere antico serve anche per consacrare il nuovo: non sfigurava allora nemmeno la presenza di Cesarone Romiti in compagnia dei baroni Mirella e Maurizio Barracco anche loro un po' decaduti, dopo aver occupato per lungo tempo, a partire dagli anni Ottanta, la scena della riscossa culturale di Napoli con la loro fondazione, quando le feste si svolgevano nella Villa Emma a Posillipo, che divide il confine a mare con la presidenziale villa Rosebery, dotata anche di un campo di calcetto, alternando la presenza di Cossiga con quella di Maradona.

C'era anche il già dimenticato presidente della Confindustria Antonio D'Amato con moglie Marilù. Il già sottosegretario appena defenestrato Riccardo Villari che non ha fatto a tempo a lasciare nessun danno dietro di sé, ma è riuscito a farsi nominare nel nuovo consiglio di amministrazione.

E c'era anche Gianni Letta. Attenzione però a non metterlo nella schiera degli ex, fra quelli che sebbene usciti dalla stanza del potere ne conservano l'aura. La presenza del Grande Mediatore infatti, in seconda fila subito dietro i ministri Anna Maria Cancellieri, Paola Severino, Lorenzo Ornaghi e Filippo Patroni Griffi, il cardinale Crescenzio Sepe il governatore Stefano Caldoro e il sindaco non era casuale. È la chiave di lettura della Grande Festa ufficialmente intitolata alla Celebrazione dei 150 anni dell'Italia Unita.

Nello studio dei costumi della umana convivenza (e perdoni Balzac il riferimento ai ‘moeurs' della incommensurabile ‘Comédie Humaine') la rappresentazione pubblica del potere culturale funziona come una messa in scena in cui il pubblico, oggi democratico, è chiamato a partecipare a un rito di consacrazione pubblica, svolgendo così funzioni che una volta erano attribuite alle corti.

In realtà la festeggiata non è l'Italia. Lo si capisce quando dopo 12 minuti di applausi il maestro Muti alla terza uscita improvvisa un discorso: "Non sono grande" risponde Muti alla terza uscita a chi gli urla dalla platea la sua ammirazione, "sono napoletano. Ai ministri presenti dico: restate vicini a questo teatro, affinchè la gloria di Napoli possa proseguire per sempre". E poi si lancia in un elogio a chi ha consentito al Teatro San Carlo di tornare anche lui "più bello ... che pria". Muti non ne ha fatto il nome. Ma tutti sapevano di chi stava parlando.

La Grande Festa del San Carlo ha un solo festeggiato: Salvatore Nastasi, noto Salvo. Nella foto del palco reale sembra un ospite di secondo piano invece che il grande festeggiato, relegato nelle seconde file. La rinascita del San Carlo invece è tutta opera sua.

Come commissario straordinario sarebbe riuscito a salvare un pezzo della storia di Napoli restituendo alla città un pezzo di quella dignità cultural che sembra aver perso per sempre. Una strategia perfetta: il teatro ora è una magnificenza, con un museo, due sale prove di straordinaria qualità, attrezzerie d'avanguardia, impianti di sicurezza di modernità assoluta.

Pazienza per i puristi che lamentano la perdita del pavimento storico del teatro nato nel Settecento ma in ogni caso già rifatto nell'Ottocento dopo un incendio che l'aveva devastato. Ultimo atto di Nastasi la stabilizzazione di 35 precari, che a Napoli va sempre bene, anche per evitare proteste che avrebbero non poco disturbato la consacrazione.

Perché bisogna sapere infatti che Nastasi non è un commissario qualsiasi: dipendente del Mibac di settimo livello sembra che stesse per diventare direttore generale con un provvedimento ad hoc promosso dal senatore siciliano Antonio D'Alì. Con Sandrino Bondi è asceso al ruolo di Capo di Gabinetto, potentissimo ancora dopo tre ministri. Eppure ha solo 38 anni. Le sue doti sono molte.

È finito nella macelleria messicana delle intercettazioni del terzetto Bertolaso-Balducci-Anemone. Privilegiati i suoi rapporti con la Propaganda Fide del cardinale Sepe. Ma soprattutto Ciccio Nastasi è l'erede spirituale di Gianni Letta. Nel palco reale c'era anche lui, in seconda fila, per officiare la consacrazione. Sabato era l'ultimo giorno in cui faceva il commissario straordinario. Tranquilli: Nastasi farà parte del nuovo Cda della Fondazione presieduta dal sindaco Luigi De Magistris, dopo essere stato indicato dal Governatore pidiellino Stefano Caldoro.

Per questo ha puntato già da tempo su di lui proprio Gianni Letta. Nastasi è un ‘problem solver'. Finito nel tritacarne delle intercettazioni intorno agli scandali della Protezione civile, nominato al San Carlo dal centrosinistra quando ministro era Francesco Rutelli, capo di Gabinetto con Bondi, sembrava dovesse sloggiare con il ministro Giancarlo Galan per far posto a Franco Miracco, grande tramatore veneziano, rimasto senza posto a cui adesso bisogna trovar qualcosa da fare.

Ma soprattutto tutti si aspettavano la fine della corsa con il pio ministro Ornaghi. Anche perché la sua fama di tecnico della amministrazione dei Beni Culturali aveva favorito la sua candidatura a sottosegretario. Promoveatur ut amoveatur. L'intelligenza politica di Ciccio Nastasi si è rivelata lungimirante.

Sottosegretario di Ornaghi su suggerimento di Matteo Orfini del Pd è diventato Roberto Cecchi, (lo stesso che ha ‘'regalato'' il Colosseo allo scarparo Della Valle) che lasciando l'incarico di segretario generale dell'intero ministero, ha perso contatto con la fonte primaria del potere dell'alta burocrazia, lasciando il campo libero proprio a Nastasi. E infatti Cecchi non c'era a Napoli: che si siano dimenticati di invitarlo?

Nastasi occupa un altro posto da cui si genera plusvalore di potere culturale: la direzione generale di Arcus, la società che spende i soldi dei Beni Culturali. Per dire: era stata proprio Arcus a pagare il restauro di Propaganda Fide, snodo cruciale dello scandalo Bertolaso-Anemone-Balducci. Tutto dimenticato. Sulle note di Verdi, nel ricordo di Manzoni, ché il Requiem fu scritto per la sua morte, sotto la bacchetta di Ego Muti, grazie alla potenza della voce di Krassimira Stoyanova (anche per "Otello" in forma di concerto con la Chicago Symphony Orchestra), Sonia Ganassi, Matthew Polenzani e Riccardo Zanellato (che Muti ha voluto nel "Macbeth").

Perfettamente in sintonia con la musica, l'archeologo presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali Andrea Carandini con la moglie Mara Fazio. Fra il pubblico anche la sinistra che appoggi il governo Monti era ben rappresentata, dal senatore Luigi Zanda alla già ministro Giovanna Melandri, che non sfigurava affatto di fronte a Eva Christillin e l'ex moglie tradita di Pierfurby, Roberta Lubich.

La più bella però sarebbe stata però l'architetta che ha realizzato i lavori di restauro, Elisabetta Fabbri, già finita sui giornali per le attenzioni della magistratura sui lavori dei Nuovi Uffizi di cui era commissario. Tout se tient. Non pervenuta, anche se avrebbe fatto la sua figura, un'altra napoletana, ex ministro. Già: che fine ha fatto Mara Carfagna!? Avrebbero almeno potuta invitarla alla sontuosa cena dopo il Requiem sulla terrazza dell'Excelsior: faceva un freddo...

 

Salvatore NastasiGIANNI LETTA GIANNI LETTA CALDORO STEFANOde magistrissepe prodi e sepe ROBERTO BENIGNI CON MOGLIE E SUOCERA Angelo Balducci e Diego Anemone Angelo BAlducci - Diego Anemone e Maudo della Giovampaola (Dal Giornale)BisignaniROBERTO CECCHI MARA CARFAGNA SANDRO BONDI

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