IL DERBY DELLE TOGHE MENEGHINE: LO SCONTRO AL VERTICE DELLA PROCURA MILANESE, TRA ROBLEDO E BRUTI LIBERATI E’ SOLO ALL’INIZIO: “ALTRI FATTI DA RIVELARE”

1. IL VICE CONTRO IL PROCURATORE. ‘HO ALTRI FATTI DA RIVELARE'
Luigi Ferrarella per ‘Il Corriere della Sera'

Il Consiglio Giudiziario milanese, guidato dal presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio, ha messo all'ordine del giorno di martedì prossimo l'esame del voluminoso carteggio - depositato venerdì scorso anche al Procuratore generale Manlio Minale e all'Avvocato generale Laura Bertolè Viale, e inviato a Roma al Consiglio Superiore della Magistratura - con il quale il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha denunciato una serie di «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell'ufficio»: in particolare svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l'assegnazione dei fascicoli più delicati al capo dell'antimafia Ilda Boccassini e al capo del pool reati finanziari Francesco Greco.

Queste turbolenze si sarebbero verificate nel processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, nell'indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, nel fascicolo sulla turbativa d'asta Sea-Gamberale al Comune di Milano, e oggi per Robledo starebbero danneggiando una nuova segreta indagine su tangenti, sul cui coordinamento rimprovera alla «collega» Boccassini di «non aver avuto alcuna risposta, neppure verbale».

Sul tema dell'asserita «violazione dei criteri organizzativi sulla competenza interna», ieri tre consiglieri togati Csm (Antonello Racanelli, Alessandro Pepe e Tommaso Virga) della corrente di centrodestra di «Magistratura Indipendente» (alla quale è vicino Robledo) hanno chiesto al Comitato di presidenza del Csm l'apertura di una pratica in prima Commissione per valutare se esistano i presupposti per avviare trasferimenti d'ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale.

«Non ho niente da dire», si trincera Bruti Liberati, ex membro Csm, ex presidente dell'«Associazione nazionale magistrati» negli anni più duri delle leggi berlusconiane, riferimento storico della corrente di sinistra di «Magistratura democratica», e capoufficio al quale il 19 gennaio il presidente Giorgio Napolitano ha tributato una lettera di soddisfazione per i risultati 2013 del «Bilancio di responsabilità sociale» della Procura: bilancio di cui il Quirinale in particolare apprezzava la «grande attenzione» di Bruti «al ricorso a strumenti limitativi della libertà personale» (le richieste di custodia in carcere) «o fortemente invasivi della privacy» (le intercettazioni).

Il suo vice Robledo, nel chiedere di essere convocato dagli organismi istituzionali, alla fine delle 10 pagine fa balenare che «vi sono poi ulteriori episodi, sui quali mi riservo di ulteriormente interloquire, che, pur non costituendo violazione nelle assegnazioni, ritengo abbiano turbato la regolarità dei compiti dell'Ufficio».


2. FORMIGONI, RUBY E NAGEL: LA BATTAGLIA È IN PROCURA
Gianni Barbacetto per ‘Il fatto Quotidiano'


L'inchiesta segretissima è solo accennata, perché è ancora in corso, ma è ormai difficile che scopra eventuali "pupari della sanità". Altre quattro indagini sono invece segnalate compiutamente, dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, nel suo esposto al Consiglio superiore della magistratura: una dura denuncia del comportamento a suo dire scorretto del procuratore della Repubblica, Edmondo Bruti Liberti, nella gestione e nell'assegnazione dei fascicoli.

Ma ci sono almeno altri quattro o cinque casi su cui la procura di Milano si è divisa. Il più grave è quello che riguarda il presidente della Provincia Guido Podestà, che Bruti non voleva far iscrivere nel registro degli indagati per l'inchiesta sulle firme false raccolte dal Pdl per la presentazione dei candidati della lista di Roberto Formigoni (e che Robledo invece iscrisse, ottenendo che Podestà fosse poi rinviato a giudizio per falso ideologico). Resistenze di Bruti anche a iscrivere Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, oggi comunque indagato per ostacolo all'attività di vigilanza nell'ambito dell'inchiesta sul caso Ligresti-Fonsai. Conflitti ci furono sulle indagini Telecom e sul ruolo di Marco Tronchetti Provera.

Sul caso del faccendiere Michele Ugliola furono addirittura condotte due indagini parallele, con relativi sgarbi reciproci. Ora i conflitti a lungo covati sotto la cenere sono esplosi. "Avverto ormai l'obbligo di comunicare alcuni fatti e comportamenti posti in essere dal procuratore della Repubblica", scrive Robledo al Csm, "che non ritengo possano essere valutati come episodici e che, in considerazione del loro ripetersi, hanno turbato e turbano il regolare svolgimento della funzione nell'Ufficio e la sua normale conduzione".

Robledo è a capo del dipartimento che tratta i reati contro la pubblica amministrazione. Bruti preferisce assegnare le indagini più delicate ad altri dipartimenti, quello guidato da Francesco Greco che si occupa dei reati finanziari, o quello antimafia di Ilda Boccassini. A dispetto, sostiene Robledo, delle regole per la gestione degli uffici contenute nell'ordine di servizio della procura sui "Criteri di organizzazione dell'Ufficio", nella circolare del Csm del 2005 sulla "Formazione delle tabelle di organizzazione degli Uffici giudiziari" e nella "Risoluzione del Csm" del luglio 2007.

Così inchieste che coinvolgono politici e riguardano reati contro la pubblica amministrazione sono state assegnate a Greco: quella sul San Raffaele, che portava a "un uomo politico lombardo molto importante" (cioè Formigoni); e quella sulla turbativa d'asta Sea, in cui non fu "compiuto alcun atto d'indagine" proprio nelle settimane cruciali in cui si svolse la gara che un'intercettazione arrivata dalla procura di Firenze faceva sospettare si stesse confezionando su misura per il fondo di Vito Gamberale. A Ilda Boccassini è stata invece assegnata l'indagine Ruby 1 (concussione di Silvio Berlusconi). L'inchiesta Ruby 3, in cui una trentina di testimoni è indagata per corruzione in atti giudiziari, è stata data al dipartimento che si occupa di reati sessuali. Sempre a Boccassini anche l'indagine segretissima che non riguarda per nulla la mafia, ma "esclusivamente reati contro la pubblica amministrazione".

La vicenda nasce "in data 16 aprile 2012", scrive Robledo al Csm, quando "ebbi a ricevere una comunicazione del procuratore, in calce ad altra a lui indirizzata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che mi invitava a prendere contatto diretto con la collega per realizzare un coordinamento investigativo (in ordine a un procedimento di cui allo stato si omette più compiuto riferimento), poiché erano emerse nel corso delle indagini ipotesi di corruzione, in assenza di contatti con esponenti della criminalità organizzata". Robledo incarica del caso un sostituto del suo dipartimento, Antonio D'Alessio. Poi scrive alla collega che coordina l'antimafia "e al procuratore per conoscenza, chiedendo la trasmissione degli atti al mio ufficio, trattandosi di competenza specializzata del mio dipartimento, ai sensi dei vigenti criteri di organizzazione dell'Ufficio".

Non succede nulla: "Dalla collega Boccassini non ebbi alcuna risposta, neppure verbale. Dal procuratore ebbi a ricevere una missiva nella quale si affermava che io avevo sollevato un contrasto positivo di competenza interna tra dipartimenti e si invitava la collega Boccassini a non dare corso alla trasmissione degli atti da me richiesti, riservandosi ogni decisione sul merito".

La faccenda si chiude sei mesi dopo: "Il procuratore dispose che il procedimento rimanesse incardinato presso il dipartimento antimafia, per motivi di opportunità". Dal febbraio 2012 alla tarda primavera del 2013 a indagare è la Dia (Direzione investigativa antimafia), scoprendo "unicamente episodi corruttivi nell'ambito della sanità lombarda". Poi entra in campo la Guardia di finanza della polizia giudiziaria, che si applica anch'essa a "ipotesi di delitti contro la pubblica amministrazione o a reati ambientali". Robledo conclude sostenendo che l'inchiesta è compromessa: "È evidente il rischio di inadeguatezza di tutte le indagini in essere, dal momento che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate, ove non confluiscano nel medesimo precedimento". Ora la parola passa al Csm.

 

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