SE QUESTO E’ UNO SCOOP - IL LIBRO CHE DOVEVA SPUTTANARE GOLDMAN SACHS STRONCATO DAL ‘’NEW YORK TIMES’’ - “SE È TUTTO QUI QUELLO CHE L'ACCUSATORE PIÙ IMPLACABILE HA TIRATO FUORI” - QUALCHE ANEDDOTO CURIOSO MA L’EX MANAGER SMITH NON PORTA UNO STRACCIO DI PROVA SUGLI INVESTIMENTI “TRUFFA” PROPOSTI AI CLIENTI - GOLDMAN ORA ASPETTA IL PROCESSO AL SUO TRADER FABRICE TOURRE, AL CENTRO DELLO SCANDALO DEI MUTUI SUBPRIME…

assimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Nel marzo scorso, quando un fin lì oscuro manager della Goldman Sachs decise di andarsene sbattendo la porta, il New York Times dette rilevanza mondiale alla vicenda pubblicando nella pagina dei commenti il suo articolo-denuncia. La più blasonata delle banche di Wall Street, diceva Greg Smith, si era trasformata sotto i suoi occhi in una macchina spietata e avida che pensa solo a fare soldi con qualunque mezzo e che, nelle comunicazioni interne, chiama i clienti pupazzi («muppets»).

Una vicenda che fece scalpore: mentre Smith firmava un contratto milionario per raccontare la sua storia in un libro, il caso Goldman veniva sviscerato (e la banca fatta a pezzi) nelle trasmissioni televisive satiriche di Jay Leno e Stephen Colbert, sulla stampa, nei talk show. Accuse prese molto sul serio da politici, economisti e anche dall'ex capo della Federal Reserve, Paul Volcker.

Ci fu anche chi, come il sindaco di New York Michael Bloomberg, difese la banca - una delle più importanti aziende e uno dei maggiori contribuenti della città - ma prevalsero di gran lunga le voci di condanna. Sullo stesso New York Times il «columnist» Joe Nocera pubblicò un editoriale intitolato «Il buono, il cattivo e il pessimo del capitalismo» nel quale dava alla testimonianza di Smith il valore di una condanna senza appello e meritata: «È incredibile, a tre anni dalla crisi generata dagli eccessi di Wall Street, la banca va avanti imperterrita, non ha cambiato nulla. Ha solo affogato tutto in una rete di pubbliche relazioni: l'articolo di Smith è importante», un po' di luce.

Sette mesi dopo, il libro-bomba dell'ex manager della sede londinese di Goldman è pronto (sarà nelle librerie Usa domani), ma il clima è cambiato. L'autore non ha ancora parlato (lo farà stasera, alla trasmissione della CBS «60 Minutes») ma il primo capitolo è già sul web e alcune copie sono arrivate nelle redazioni di qualche giornale. Chi ha letto è deluso: a parte qualche aneddoto sul clima interno e i luoghi comuni sulla «cultura dell'avidità» dominante nell'istituto, non ci sono elementi nuovi significativi. Intervistato dalla CNBC, Andrew Ross Sorkin, una delle prime firme economiche del New York Times, sostiene che il suo giornale è stato raggirato dall'ex banchiere.

Sorkin è stato accusato dalla stampa della sinistra radicale (come Matt Taibbi di Rolling Stone) di essere ossequioso nei confronti di Wall Street e delle sue banche, ma stavolta la sua sensazione sembra essere quella dell'intero giornale: ieri il New York Times ha aperto la sua sezione economica con una lunga analisi di James Stewart che fa a pezzi il libro.

Nel saggio ci sono storie curiose come quella dello sgabello pieghevole che gli stagisti devono portare con sé perché non hanno diritto a una sedia fissa: un simbolo della loro precarietà. E poi qualche maltrattamento al quale sarebbero state sottoposte le reclute, costrette a presentarsi agli «open meeting», una specie di «campo» di addestramento, alle 6 del mattino o anche prima.

Poche, però, le storie significative e verificabili (Smith usa spesso nomi di fantasia per evitare di essere denunciato). E quasi nulla a sostegno dell'accusa alla banca - che il manager non è stato di certo il primo a formulare - di aver fuorviato i suoi stessi clienti, spingendo verso investimenti che arricchivano solo l'istituto. Il Times sembra addirittura d'accordo con Goldman che, dopo aver indagato sulle accuse di Smith, ha concluso che sono infondate, aggiungendo che lui se n'è andato perché insoddisfatto del suo stipendio (mezzo milione di dollari) e dell'evoluzione della sua carriera.

Secondo il giornale, questo libro può addirittura rafforzare la reputazione di Goldman: «Se è tutto qui quello che l'accusatore più implacabile ha tirato fuori...»

Adesso la parola è a lui, ma non sarà quella di Smith l'ultima voce con la quale Goldman dovrà vedersela: a luglio verrà processato Fabrice Tourre, il suo trader al centro dello scandalo dei mutui subprime. Tourre non scriverà di certo libri, ma la Sec (la Consob americana) non ha aspettato il giudizio del tribunale per stabilire che in quella circostanza la Goldman ha tratto in inganno i suoi clienti.

 

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