DUE SENZAQUID E UN BANCHIERE: IL TRIANGOLO LETTA-ALFANO E SACCOMANNI

Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"

L'hanno già ribattezzato «il governo di Cip e Ciop», fin dalla prima riunione i ministri hanno affibbiato questo appellativo a Letta e Alfano, scorgendo nei loro gesti e soprattutto nei loro silenzi un'intesa che trascende i rispettivi ruoli. Ma l'asse non sarebbe sufficiente al successo di un'impresa che sfida le leggi della fisica, perciò serviva alla causa chi li aiutasse a portare il peso. Ed è Saccomanni il cireneo che li sorregge.

Infatti è al ministro dell'Economia che il premier e il suo vice hanno tributato ieri i loro elogi, per aver sbrogliato quel nodo che ancora rischia di strangolarli se non dovessero approvare la riforma dell'Imu entro agosto. Perché per il resto «Cip e Ciop» vanno di conserva, hanno pattuito le regole d'ingaggio: se Letta ha assicurato che «in Consiglio dei ministri non entreranno provvedimenti di rottura», Alfano ha garantito che «le cose verranno concordate prima, senza successive variazioni».

E c'è un motivo se il gioco politico nelle riunioni di governo è ridotto all'essenziale. La vera sfida per i due si compie nei rispettivi partiti, nella capacità di far metabolizzare la mediazione a forze che faticano a convivere sotto lo stesso tetto. Un accordo tra Pd e Pdl per loro è pari al ricavato di un dividendo, che poi si spartiscono a Palazzo Chigi.

Di qui l'impossibilità per i ministri di muoversi fuori da questo schema. Ne ha avuto prova ieri la titolare dell'Istruzione, che invocando l'esenzione dall'Imu per gli enti di ricerca, si è sentita rispondere dal premier: «È la prima volta che poni il problema, e non è questa la sede per affrontarlo». Il pacchetto era chiuso, non poteva essere altrimenti.

Per redigere il decreto Saccomanni aveva già fatto «un miracolo» - questo gli è stato riconosciuto - muovendosi sul filo dei decimali per non sforare i parametri europei. E anche il modo in cui si è prodigato è parso a molti una novità. Alfano, che aveva vissuto l'esperienza di Tremonti, ha fatto outing: «Il metodo scelto è coinvolgente. È un approccio rispettoso a attento alle esigenze dei colleghi». E Letta, di rimando, al termine della discussione: «Constato con soddisfazione come tutti voi abbiate apprezzato l'operato del ministro dell'Economia». In quel momento l'appellativo ha fatto di nuovo il giro del tavolo.

Perché non c'è dubbio che il titolare di via XX settembre sia funzionale al disegno di «Cip e Ciop», è una personalità che non intende essere protagonista, non ha mire politiche né vuol prendere le parti dell'uno o dell'altro. Si mostra equivicino più che equidistante. «Non sono venuto qui a fare il "signor no". Non voglio essere il ministro dei tagli. Non ho alcuna chiusura pregiudiziale. Ma conoscete le condizioni in cui ci troviamo e per questo vi chiedo di aiutarmi, indicandomi le coperture per ogni provvedimento». Il meccanismo funziona così. Quanto potrà durare lo diranno i numeri del bilancio.

Se Letta e Alfano condividono la linea di Saccomanni - che è contrario a sforare i conti per non dover ricorrere agli aiuti - è perché alla fine pensano di trovarne giovamento. Già possono dirsi soddisfatti, avendo annunciato lo stop della rata Imu di giugno. Al punto che - durante la riunione - il vice premier ha scambiato il salone di Palazzo Chigi per un palco elettorale. Prendendo spunto dall'intervento del titolare della Farnesina, ha detto manco fosse in una piazza che «per la prima volta dopo tanto tempo un governo dà qualcosa invece di prendere. Noi non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani».

Sembrava un comizio, la vittoria di una parte sull'altra. In realtà era sempre il gioco di «Cip e Ciop», siccome la soluzione del problema sollevato dal Cavaliere offre anche un rendimento al premier, che se ne può giovare. È il dividendo che Letta può spartirsi con Alfano. È questo il patto, e la loro abilità sta nel non lasciare impronte. La prova è che non c'è una prova, ma solo qualche indizio. Come la scena dello scontro all'abbazia di Spineto, l'intima convinzione che dovessero presentarsi con la faccia scura al cospetto dei colleghi di governo. Peccato li abbiano visti ridere mentre si appartavano.

Rispettosi del ruolo, se Alfano resta sempre un passo indietro Letta non fa mai un passo avanti. Sanno come stare insieme senza perdere l'identità, perché in fondo hanno lo stesso, antico dna. Avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse nel loro progetto e l'hanno trovato in Saccomanni. Il gioco insomma è chiaro, anche se resta da capire una cosa: chi è Cip e chi è Ciop.

 

 

LETTA E ALFANO LETTA ALFANO LUPI LETTA ALFANO BONINO ENRICO LETTA ALLA CAMERA TRA ALFANO E BONINOAlfano Giorgino e Enrico Letta pregano con Salvatore Martinez - da TempiSACCOMANNI IN RITIROFabrizio SaccomanniALFANO GIURA AL QUIRINALE CON LETTA E NAPOLITANO

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