UN MARINO DA COMMISSARIARE - L’OPERA DI ROMA VIAGGIA VERSO IL COMMISSARIAMENTO: IL COMUNE TAGLIA I FONDI
Valerio Cappelli per "Il Corriere della Sera"
A meno di un miracolo, l'Opera di Roma sarà commissariata. A fronte di tre pareggi di bilancio consecutivi, c'è un debito accumulato di oltre 28 milioni. Il sindaco Ignazio Marino è risoluto, l'assessore alla Cultura Flavia Barca vuole dare «un forte segno di discontinuità » rispetto alla gestione del sovrintendente Catello De Martino (al suo primo incarico, ma arrivò nel 2009 come direttore del personale). Il 4 dicembre, quando decadrà il Consiglio di amministrazione, dovrebbe scattare il commissariamento.
Il candidato numero uno è Carlo Fuortes, manager molto apprezzato, ricopre lo stesso incarico al Petruzzelli di Bari ed è amministratore delegato di «Musica per Roma» all'Auditorium romano. C'è una minaccia di sciopero sull'apertura di stagione, il 27 novembre con Ernani di Verdi diretto da Riccardo Muti. Intanto i sindacati la prossima settimana terranno una manifestazione di protesta davanti al Campidoglio perché, dice Pasquale Carlo Faillaci responsabile della Cgil, «il sindaco vuole mandare l'Opera a gambe all'aria». Si profila un taglio di personale e di stipendi.
Il decreto «Valore cultura» parla chiaro: per i teatri in crisi c'è un fondo di 75 milioni a cui si può accedere con la ristrutturazione del debito che prevede: 1) annullamento del contratto integrativo (che nel caso dell'Opera romana vuol dire una riduzione del 37% dello stipendio); 2) revisione della pianta organica fino al 50% del personale tecnico-amministrativo. Orchestra e coro sono fuori: ciò non toglie che la razionalizzazione causerà nel 2014 lo scioglimento del corpo di ballo al commissariato Maggio Musicale, dunque è una situazione in evoluzione.
Si parla di 50 assunzioni con contratti professionali. La Cgil dice, al contrario, che sono «sotto organico, abbiamo circa 480 stabili e un centinaio di aggiunti, a fronte di una pianta di 631 unità . Il decreto Valore Cultura è mortificante per i teatri». Il sindacato aggiunge che l'Opera è in credito: «5 milioni 450 mila dal Comune per il 2013 mentre la Regione ha 8 milioni di arretrati».
Il punto è che nessun altro Comune in Italia dà una cifra così esorbitante al proprio teatro lirico: a Roma 20 milioni (a Milano sono 7). Al Campidoglio (che ha un debito di 867 milioni) escludono di dare lo stesso finanziamento per il 2014: «Probabilmente ne daremo due terzi - dice l'assessore Barca - per pagare tutto il resto delle attività culturali, abbiamo appena 3 milioni di euro, che la Ragioneria vorrebbe far calare fino a 200 mila euro, ma ovviamente non sarà così. Spiccioli. Intanto all'Opera hanno trovato strutture di unità organizzative che da 3 sono passate a 14 persone. L'Opera deve radicarsi molto di più nella città , portando gli spettacoli anche in spazi alternativi. L'obiettivo è di tutelare le eccellenze di questo teatro, da Muti alle tante risorse e settori sotto utilizzati».
Sono tanti i punti dolenti. Ecco il confronto disarmante tra quelli che per legge sono i due maggiori teatri italiani. Gli spettatori: 185 mila, alla Scala ne hanno 459 mila, ma, prestigio a parte, non si possono paragonare i 28 milioni di turisti della capitale rispetto a quelli di Milano; la scarsa produttività : 51 recite, senza Caracalla, per sette titoli, alla Scala sono 82 per dieci titoli; i contributi privati: 3 milioni 654, alla Scala 27 milioni 700 mila milioni; gli incassi: 1 milioni 479 mila, alla Scala 30 milioni 296 mila. Il dato più clamoroso riguarda gli abbonamenti: a Milano 17 mila, a Torino (che non è una capitale della musica) sono 12 mila, a Roma 3191 sommando tutti i diversi pacchetti (ma la campagna per la nuova stagione, più popolare, registrerà un aumento).
Nonostante tutto, a Roma la spesa artistica è scesa in questi anni da 14 a 10 milioni, si fanno risparmi importanti (al posto della nuova Turandot di David Hockney si è presa, a costo zero per uno «scambio» del balletto col Petruzzelli, quella vecchia di Roberto De Simone). Il dato del risparmio artistico è tanto più importante se si pensa al salto di qualità avvenuto grazie a Riccardo Muti.
Ma il suo arrivo è un fiore nel deserto. L'Opera resta un corpo estraneo nella città , una nicchia che produce poco e costa tanto. Al Campidoglio si chiedono: possibile che il teatro non abbia approfittato della presenza di Muti per incrementare le risorse private?






