SERVIZI INCROCIATI - HAGUE, IL MINISTRO DEGLI ESTERI INGLESI ARRIVERÀ A ROMA TRA UNA SETTIMANA, E L’ITALIA PUÒ VANTARE UN CREDITO DOPPIO: NON SOLO LA GESTIONE MALDESTRA DEL BLITZ IN NIGERIA, MA UNA STORIA SCONOSCIUTA FINORA: UN ANNO FA IN LIBIA I RIBELLI CATTURARONO LE TESTE DI CUOIO DI SUA MAESTÀ, E FURONO LIBERATE SOLO GRAZIE ALL’INTERVENTO DELL’AISE, LE SPIE NOSTRANE - GLI INGLESI POTRANNO RESTITUIRE IL FAVORE USANDO LA LORO INFLUENZA CON L’INDIA PER LA LIBERAZIONE DEI MARÒ - ANCHE SE IL COLPACCIO RIUSCISSE, SANTINI È DATO COMUNQUE IN USCITA…

Massimo Martinelli per "Il Messaggero"

La resa dei conti con gli inglesi è prevista tra una settimana esatta. Diplomatica, educata ma decisa. Riguarderà il passato recente imbrattato del sangue di Franco Lamolinara e il futuro prossimo dei due marò del San Marco ancora detenuti nel carcere statale del Kerala, alla periferia di Thiruvananthapuram, in India. E anche un'altra vicenda, rimasta finora riservata, che adesso il nostro intelligence si prepara a mettere sul piatto non appena il ministro degli Esteri inglese, William Hague, arriverà in Italia il prossimo 22 marzo. Si tratta di una storia vecchia di qualche mese, ma inedita.

E riguarda l'operazione da manuale che il nostro Aise portò a termine nelle settimane successive all'inizio della rivolta libica, quando gli oppositori di Gheddafi presero le armi per rovesciare il regime del Colonnello. Accadde nel marzo dello scorso anno, quando sei teste di cuoio dello Special Air Service inglese, considerato uno dei reparti speciali meglio addestrati al mondo, furono arrestate a Bengasi, in Libia, subito dopo essere state paracadutate in una zona controllata dagli oppositori al regime. Con loro c'erano altri due uomini, esponenti del Mi6, il servizio segreto inglese.

La loro missione era quella di contattare i capi della rivolta per assicurare l'appoggio delle forze armate della coalizione; ma i ribelli non gradirono quell'intromissione e gli otto inglesi finirono agli arresti, proprio come i nostri due militari del battaglione San Marco. Ebbene, in quella occasione furono i nostri 007 a mediare con i rivoltosi che avevano già sequestrato la sofisticata attrezzatura degli uomini del Sas e i computer degli 007 inglesi.

Anche in quella occasione, gli inglesi avrebbero dimostrato un certo «decisionismo» fuori luogo, provocando la reazione degli insorti, almeno a leggere il commento dell'epoca di uno degli oppositori: «Se questa è una delegazione ufficiale, perché sono venuti con gli elicotteri, perché non hanno detto: stiamo arrivando, abbiamo l'autorizzazione ad atterrare? Ci sono delle regole da rispettare per queste cose». Eppure, nonostante la rabbia dei rivoltosi, al termine di una complicata trattativa diplomatica l'Aise ottenne non solo la liberazione di tutti i prigionieri, ma anche le armi delle teste di cuoio e gli apparati informatici.

È questo il credito che l'Aise si prepara a riscuotere con il ministro Hague, che fa parte di un governo che certamente può fare una enorme pressione per il rilascio dei nostri uomini. Anche se probabilmente il buon esito della vicenda dei marò del San Marco non basterà a blindare Adriano Santini al vertice del servizio. Il capo dell'Aise sarebbe sempre più vicino alla sostituzione, come testimoniano alcune circostanze che a Forte Braschi sono di tutta evidenza.

Una su tutte è la decisione di inviare il suo uomo di fiducia, quasi un attendente di campo, al corso di specializzazione per diventare capocentro all'estero. Significa che, entro tre mesi, il braccio destro di Santini diventerà responsabile di una stazione Aise oltreconfine; e questo lascia intuire che entro quel termine lo stesso capo dell'intelligence avrà cambiato funzioni.

Con il ministro inglese, inevitabilmente, si parlerà ancora di quello che è accaduto in Nigeria. Perché le autorità militari italiane non hanno ancora ricevuto neanche il resoconto dettagliato dei fatti dal governo di Abuja; anche se ieri la polizia nigeriana ha reso noto che il presunto cervello del sequestro di Lamolinara e McManus è morto il giorno dopo il blitz, il 9 marzo, per le «gravi ferite da arma da fuoco» riportate nel raid.

 

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