TELE-BANANA: LA FORTUNA DEL BISCIONE L’HA FATTA LA SINISTRA

Vittorio Feltri per "il Giornale"

Fra le tante colpe che rimproverano a Silvio Berlusconi c'è quella di aver involgarito i programmi televisivi e, quindi, di aver corrotto la cultura, abbassandone il livello sotto lo zero. È un'accusa pesante quanto infondata che i cosiddetti intellettuali, un tempo organici al Pci e ora ai propri interessi, rivolgono quotidianamente al Demonio Antennuto, considerato la causa dell'imbarbarimento italiano. Da trent'anni le sataniche emittenti commerciali, prima Fininvest poi Mediaset, vengono processate e attaccate dai compagnucci mai rassegnati alla liberalizzazione dell'etere risalente al 1976.

Allora Berlusconi era un palazzinaro, per usare un'espressione romanesca. Costruiva condomini, di più: città (vedi Milano 2 e Milano 3). Quando il vecchio monopolio Rai cominciò a scricchiolare strattonato dalla proliferazione delle emittenti locali, il Dottore (come era chiamato allora l'imprenditore milanese) ebbe un'intuizione: piatto ricco mi ci ficco. Nessuno supponeva che il futuro della comunicazione fosse legato allo sviluppo, che sarebbe stato enorme, delle piccole e artigianali antenne cui era stato dato il permesso di nascere nel ristretto ambito di una provincia.

Ai primordi, si pensava che i pionieri delle tivù commerciali, alimentate solamente dalla pubblicità (niente canone), sarebbero stati costretti a portare presto i libri in tribunale e dichiarare fallimento. E in effetti molti fecero una brutta fine. Il Cavaliere, da buon ultimo arrivato nella prateria, esaminò ciò che vi accadeva ed evitò gli errori commessi da altri per insufficienza di mezzi.

Creò Telemilano affidandone la direzione a Vittorio Buttafava, già valente direttore del settimanale Oggi , una macchina da soldi. Sembrava un gioco, il soddisfacimento di uno sfizio, un'iniziativa velleitaria. I critici, tra cui c'ero anch'io, ipotizzarono una morte imminente di quello che era definito un «videocitofono di lusso».

Non avevano calcolato che il palazzinaro visionario avrebbe investito montagne di denaro, sgominando la concorrenza e imponendosi sul mercato quale unico competitor della Rai.
Egli infatti, infischiandosene dei nostri risolini ironici, si preparò il terreno per fare il botto. E lo fece col calcio; organizzò il Mundialito - sull'onda del successo degli Azzurri in Spagna, nel 1982: titolo mondiale - e mandò in onda le partite, suscitando l'entusiasmo degli appassionati di pallone. Gli ascolti crebbero a dismisura, picchi mostruosi. Nel frattempo Telemilano era diventata Canale 5. E i monopolisti politicizzati di viale Mazzini, avvezzi a pascolare indisturbati e solitari, tremarono. Si resero conto che la pacchia era finita: addio dominio statale dei teleschermi.

Berlusconi comprese che si trattava di insistere. Scucì altri quattrini, parecchi. Comprò i programmi- belli e brutti - disponibili sulla piazza. E il videocitofono si trasformò in colosso indebolendo tutte le tivù private più piccole. Non bastava. Acquistò Italia 1 da Edilio Rusconi per avere una seconda rete. Ma ce ne volevano tre, secondo i suoi piani da megalomane. Bussò pertanto alla porta della Mondadori che si era imbarcata in un'avventura folle con Rete 4 (fondata da me con alcuni amici e ceduta in attivo alla casa editrice di Segrate). L'uscio si aprì e Silvio si portò a casa la terza rete, indispensabile per completare il pacchetto e affrontare la Rai ad armi pari.

Il più era fatto. I contenitori erano pronti, mancavano i contenuti che non si potevano improvvisare, occorreva produrli. Il Cavaliere, grazie al sostegno delle banche persuase dalla bontà del progetto, assunse vari specialisti (tecnici e uomini di spettacolo) e avviò la realizzazione di alcuni programmi, rastrellandone in quantità anche di già confezionati all'estero.

Rimaneva da risolvere il problema dei problemi: come mandarli in onda alla stessa ora in tutto il Paese? Infatti, la cosiddetta interconnessione era vietata in base a una norma pasticciata che concedeva soltanto alla Rai il privilegio di essere emittente nazionale. Finin-vest era penalizzata; il potere legislativo si guardava dall'approvare nuove regole che prendessero atto della realtà televisiva mutata in conseguenza della liberalizzazione dell'etere.

C'erano forti resistenze politiche: la maggioranza dei partiti temeva che Berlusconi facesse strage di ascolti, influenzando l'opinione pubblica e, quindi, il voto, i risultati elettorali. In sostanza, i governi dell'epoca desideravano mantenere il controllo di quanto appariva sui teleschermi, lasciando pro forma ai privati soltanto le briciole. Berlusconi aggirò l'ostacolo organizzando una distribuzione capillare di videocassette (nastri dei programmi registrati) in modo che dalle Alpi alla Sicilia la sua produzione fosse in grado di essere trasmessa in perfetto orario su ogni televisore della penisola. Una furbata. Che un pretore, ovviamente d'assalto, sgamò e cercò di azzerare.

Servì l'intervento del presidente del Consiglio, Bettino Craxi, amico del Cavaliere, per annullare il decreto che azzoppava la Fininvest. Un favore o un atto di giustizia? Dipende dai punti di vista. La mossa del premier comunque aprì la strada alla cosiddetta legge Mammì che, a vent'anni dall'avvento delle antenne commerciali, mise ordine nel settore. Praticamente, il monopolio si trasformò in duopolio.

Altre emittenti (eccetto Sky, entrata in funzione in tempi recenti) non ebbero l'opportunità di sfondare. A questo punto, le tv del Biscione furono obbligate a dare spazio all'informazione: telegiornali a tutto spiano. E qui Berlusconi, per quanto bombardato dalle critiche di qualsiasi segno politico, fece un capolavoro. Affidò a un giovanissimo Enrico Mentana il Tg di Canale 5 e a Emilio Fede ( il vero iniziatore del giornalismo televisivo nelle «commerciali ») i Tg di Italia 1 e Rete 4.

Chicco rivoluzionò, col suo modo di condurre, i notiziari e ancora oggi, passato a La7, egli è giudicato il miglior talento nel suo campo. Di Mentana si potrà dire tutto tranne che sia stato asservito anche solo dieci minuti al leader del centrodestra. Nonostante ciò, per oltre 15 anni, l'informazione di Canale 5 è stata tacciata di berlusconismo.

Oggettivamente, una balla. Qualcuno obietterà che però il Tg di Fede è stato per lustri un esempio di partigianeria politica, una specie di Telesilvio. Non c'è dubbio. Come non c'è dubbio che il notiziario di Raitre sia smaccatamente progressista. Ma la polemica antiberlusconiana è violenta e trascura l'obiettività. Se un Tg è di sinistra va bene, se è di destra è uno scandalo.

Lo stesso criterio fazioso è stato adottato nel valutare ogni altro tipo di trasmissione: i varietà della Rai, per quanto pessimi, erano e sono tollerati, perfino quelli, innumerevoli e tutti uguali, di Raffaella Carrà; quelli di Mediaset sono invece indegni, alimentano la sottocultura, rimbambiscono il pubblico e lo rendono incapace di intendere e di volere, piegandolo al cattivo gusto di marca berlusconiana.

Siamo all'assurdo. Si ignora sfacciatamente che l'impronta alla produzione Mediaset è stata impressa da specialisti di sinistra: Carlo Freccero, un fuoriclasse rosso fuoco; Antonio Ricci, altro fuoriclasse di seme progressista, ideatore di Striscia la notizia e Drive in , per citare due signori autori di programmi cult.

Mi preme poi osservare che il direttore delle reti berlusconiane più duraturo è stato Giorgio Gori ovvero lo spin doctor di Matteo Renzi che, se non sbaglio, è del Pd, avendo inoltre partecipato alle primarie del partito di Pier Luigi Bersani. Contro ogni evidenza, si continua però a dire: le tv di Sua Emittenza hanno provocato un disastro etico incrementando il più bieco berlusconismo e inquinando la mentalità dei connazionali. Si sorvola anche sul particolare che l' 80% di chi lavora a Mediaset si vanta di essere anti Pdl ed è iscritto al sindacato paleolitico di stampo comunista.

Se rispondesse a verità che il Biscione ha distrutto il buon gusto dei telespettatori abituandoli al peggio, la responsabilità sarebbe della sinistra, cui appartengono tutti gli autori, gli attori, i comici ( Zelig ) e addirittura i tecnici delle luci, i cameramen e i truccatori pagati dal «duce» di Arcore. I più feroci oppositori di Canale 5 e affini forse non sanno che i format più diffusi utilizzati sia dalla Rai sia da Mediaset provengono dagli stessi fornitori statunitensi e inglesi. Né sanno che ormai la tv è globalizzata, per cui mezzo mondo usufruisce delle medesime immagini, dei medesimi telefilm, delle medesime schifezze seriali.

Il sistema televisivo è identico in decine di Paesi e ha provocato un appiattimento peraltro inevitabile essendo dovuto all'esigenza di contenere le spese. Se ignoranza significa ancora essere disinformati e avere il cervello ottuso, mi pare che ignoranti siano dunque gli intelligentoni che attribuiscono a Mediaset di aver bacato la testa del popolo. È il contrario. Sono gli intelligentoni (cretini) a non capire dove sia la verità: si illudono di averla in tasca.

 

 

VITTORIO FELTRI MENTANA chicco ANTONIO RICCI CARLO FRECCERO jpegGIORGIO GORI AL BIG BANG DI RENZIun giovane berlusconi berlusconi giovane

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...