LA TENAGLIA DI PUTIN - LA RISOLUZIONE ONU SULLA SIRIA SARÀ RIMANDATA, E RISCHIA PURE DI SALTARE (USA, FRANCIA E GB NON HANNO ANCORA CAPITO CHE LA LORO POTENZA APPARTIENE AL PASSATO)

Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

Le distanze sulla risoluzione Onu per disarmare la Siria sono ancora molto significative, al punto che la finalizzazione dell'accordo tra Usa e Russia rischia di essere rimandata a dopo l'apertura dell'Assemblea Generale, se non saltare del tutto. Si capisce dal testo su cui stanno lavorando i diplomatici di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, e dalla reazione apertamente negativa di Mosca.

La precondizione per applicare il piano concordato a Ginevra dal segretario di Stato Kerry e dal ministro degli Esteri Lavrov è che la Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons approvi il framework, perché poi toccherà ai suoi esperti andare sul terreno per trovare e distruggere le armi chimiche.

Nei giorni scorsi ci sono stati problemi, ma ora la Opcw sta discutendo un nuovo testo, che potrebbe essere approvato entro domani. A quel punto il Consiglio di Sicurezza dovrebbe incardinarlo nella risoluzione che ha lo scopo di dare legittimità all'intera operazione.

Martedì i P3, cioè Washington, Londra e Parigi, hanno incontrato i colleghi di Russia e Cina per presentare la loro proposta, e il vertice non è andato bene: silenzio da parte dei rappresentanti di Pechino, bocciatura da parte di quelli di Mosca. Così il dossier è stato rimandato alle rispettive capitali, per ricevere istruzioni, e poi ieri pomeriggio i P5 sono tornati a riunirsi.

Secondo indiscrezioni, le differenze nascono dal fatto che la risoluzione dei P3 è molto netta. È scritta in base al Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Uniti, che autorizza l'uso della forza in caso di violazioni. Condanna in maniera esplicita il regime di Assad per l'attacco chimico del 21 agosto, e chiede che i responsabili siano incriminati presso il Tribunale penale internazionale, per quelli che «potrebbero costituire crimini di guerra» commessi a Ghouta. Stabilisce un forte sistema di controlli per l'embargo sulla vendita delle armi, che richiede l'ispezione di tutti i cargo in arrivo e in partenza dalla Siria.

In altre parole, qualunque nave russa ancorata alla base portuale di Tartus, o qualunque aereo iraniano diretto all'aeroporto militare siriano di Mezzeh, dovrebbero essere aperti e ispezionati. La risoluzione poi darebbe ad Assad appena 24 ore di tempo per accettarla, dopo la sua approvazione, e richiederebbe rapporti all'Onu sulla sua attuazione ogni trenta giorni. L'obiettivo finale sarebbe quello di creare le condizioni per rilanciare il processo politico di soluzione della guerra civile, attraverso il meccanismo della conferenza di Ginevra II, programmata a maggio e mai convocata.

La determinazione di americani, inglesi e francesi sta anche nel fatto che l'intelligence in loro possesso conferma senza ombra di dubbio la responsabilità del regime, nonostante le obiezioni finora poco sostanziate di Mosca. Non solo la traiettoria dei razzi, che sono piovuti dal Mount Qasioun, roccaforte della Guardia repubblicana, ma soprattutto intercettazioni che al momento gli occidentali non vogliono pubblicizzare.

I britannici sono particolarmente attivi, perché Cameron ha accusato il colpo del no del Parlamento all'intervento, e nella successiva e imbarazzata telefonata con il presidente americano Obama ha promesso di dimostrare che Londra tiene «con tutto il cuore» alla «special relationship».

La Russia punta i piedi perché ritiene che i P3 non hanno molte alternative: una volta rinunciato ai raid, o si accordano con Mosca, o perdono l'opportunità di disarmare Assad. Però il Cremlino vuole evitare che la risoluzione diventi poi un pretesto per attaccare il suo alleato, dandogli tempo fino alla metà del 2014 per vincere la guerra e le elezioni presidenziali.

I diplomatici che conducono il negoziato pensano che la Russia non cederà e, per non far saltare l'accordo di Ginevra, i P3 dovranno fare concessioni. La più probabile è che la risoluzione venga scritta in base al Capitolo 6, più morbido, e le misure da adottare in caso di violazioni siano rimandate ad altre consultazioni. In cambio, i P3 potrebbero restare fermi sulla richiesta di accountability davanti al Tribunale penale internazionale.

Questo negoziato però richiede tempo, e forse nuovi vertici dei leader. Kerry e Lavrov hanno già appuntamento il 28 settembre a New York, ma potrebbero vedersi prima, anche con gli altri membri dei P3. Perciò il voto sulla risoluzione potrebbe slittare a dopo l'apertura dell'Assemblea Generale, il 24 settembre, se non proprio saltare.

 

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