1. CHE TRIANGOLINO AVEVA CHIARA MATACENA! MENTRE AIUTAVA IL MARITO LATITANTE, FACEVA IMPAZZIRE DI GELOSIA SCAJOLA E SI FREQUENTAVA CON L’“ORCO”, BELLAVISTA CALTAGIRONE 2. SCIABOLETTA AMMETTE: “CERCAI DI FAR OTTENERE L’ASILO POLITICO A MATACENA IN LIBANO”. E SI SCOPRE CHE LA SUA ADORATA CHIARA RICEVEVA UNO STIPENDIO DA FORZA ITALIA 3. UN “CONTRATTINO” FARLOCCO DA MILLE EURO AL MESE, CHE SI ACCOLLAVA IL DEPUTATO IGNAZIO ABRIGNANI: “SCAJOLA è UN MIO AMICO, E MI AVEVA CHIESTO DI AIUTARLA” 4. MA MICA ANDAVA A LAVORARE: IL POVERO SCAJOLA LE AVEVA TROVATO PURE UNA “CONSULENZA” IN UN’AZIENDA AMICA. E INTANTO LA FACEVA PEDINARE, GELOSO DELLE ATTENZIONI DEL COSTRUTTORE ROMANO, PURE LUI NEI GUAI CON LA GIUSTIZIA LIGURE

1 - SCAJOLA: AIUTAI IL LATITANTE LADY MATACENA AVEVA UNO STIPENDIO DA FI
Giuseppe Baldessarro Conchita Sannino per "la Repubblica"

«Sì. Mi sono informato sulle procedure per il riconoscimento dell'asilo politico a Beirut». Claudio Scajola, accusato di aver coperto la latitanza all'estero di Amedeo Matacena e indagato anche per collusioni mafiose, lo ammette davanti ai magistrati. Conferma ciò che risulta agli atti e non può più smentire.

«Ho cercato di dare una mano a un ex parlamentare - spiega, in sintesi, rispondendo alle contestazioni della pubblica accusa - Mi sono adoperato per acquisire una conoscenza, ma quasi in veste da avvocato, provando a capire se vi erano possibilità di ricorrere a quello strumento per rispondere ad un amico con cui c'era una comunanza politica, un mio collega, un ex deputato del mio partito».

E soprattutto un latitante per mafia: il Matacena ormai in fuga a Dubai, dopo la condanna in via definitiva per concorso esterno con la ‘ndrangheta reggina. Al centro di quelle mediazioni c'era Vincenzo Speziali, il calabrese sposato con una libanese, il cui ruolo si conferma centrale nel progetto di trasferire Matacena da Dubai a Beirut.

Poche pagine, ma significative. Nel giorno in cui l'inchiesta macina nuovi passaggi, alcuni stralci dell'interrogatorio di Scajola, detenuto a Regina Coeli, sono stati depositati ieri dai pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio. Dichiarazioni messe a disposizione delle parti nell'udienza del Riesame, chiamato a decidere sulle posizioni di altri tre indagati: Roberta Sacco, segretaria di Scajola; Raffaella De Carolis e Martino Politi, rispettivamente madre e "factotum" dell'ex deputato.

Dopo poche ore, dall'altro lato di Reggio, cominciava l'interrogatorio di Chiara Rizzo, moglie di Matacena. Proprio dagli atti che riguardano la posizione di miss Montecarlo, filtra un'altra indiscrezione che rafforza il legame di reciproche convenienze tra Scajola e Matacena: la Rizzo era stata "beneficiata", in tempi recenti, da un contratto di mille euro al mese, grazie a un esponente di spicco di Fi.

Si tratta di una "collaborazione" concessa, dietro richiesta di Scajola, da Ignazio Abrignani: attuale deputato berlusconiano, in passato con ruoli chiave nell'organizzazione del partito, ma soprattutto a lungo capo della segreteria politica dell'ex ministro Pdl. I magistrati hanno già acquisito la scrittura privata della "consulenza". Che, tra l'altro, non era l'unica fonte di guadagno facile messa in campo per dissipare le ansie (e mantenere il tenore di vita) della moglie del latitante, da parte della presunta associazione a delinquere.

La stessa Rizzo, rispondendo alle domande dei pm sul noto incontro avvenuto nel gennaio scorso, nella sede di una società di Bernareggio (Brianza) con facoltosi e noti imprenditori, mentre Scajola resta sotto ad attenderla per tre ore, dice in sintesi: «In effetti c'era una possibilità che mi dessero una consulenza».

Chi? Gabriele Sabatini, amico dei fratelli del Lago, cioè i vertici di Tecnofin, in affari anche con Paolo Berlusconi. «Siamo molto soddisfatti dell'interrogatorio - spiegano gli avvocati di lei, Carlo Biondi e Candido Bonaventura - Ha risposto in modo puntuale e convincente». Una "leonessa", sintetizzano i legali. Che ora si batteranno per «l'incompetenza territoriale della Dda reggina».

2 - ABRIGNANI: "CONTRATTO DA MILLE EURO MA PAGAVO DI TASCA MIA FACEVA QUALCOSINA"
Conchita Sannino per "la Repubblica"

Ignazio Abrignani, spunta il suo nome negli atti del caso Scajola. È vero che l'ex ministro le chiese di procurare un lavoro a Chiara Rizzo, moglie del latitante Matacena?
«Sì, in effetti per alcuni mesi le ho fatto un contratto. Le ho dato una mano. Io mi occupo di turismo, quindi, feci questo favore. Ma parliamo di un contrattino...».

Per chiarezza: lei si occupa di turismo come parlamentare o privatamente?
«Come deputato. Sono presidente dell'Osservatorio parlamentare per il turismo».

E il "contrattino", ormai acquisito e depositato agli atti, con quale denaro veniva onorato? Soldi di FI? Chi pagava?
«No. Pagavo io. Era un contratto che mi sono accollato io. Nulla di trascendentale: mille euro al mese».

Ma la Rizzo, che secondo quella scrittura si sarebbe occupata di case e prefabbricati, nessuno l'ha vista al lavoro
«Guardi: sono una persona corretta, che è stata con Scajola per quindici anni. E se sono amico di una persona, lo sono nella buona e nella cattiva sorte».

Quindi: il favore l'ha fatto a Scajola, più che alla Rizzo?
«Beh, se mi chiama un amico e mi dice: c'è una persona in difficoltà, dai aiutiamola, manco sapevo bene chi era, lo faccio».

A sue spese.
«Mi potrò permettere di caricarmi mille euro al mese».

Quanto è durato il "contrattino"?
«Mi pare sei mesi, da settembre scorso a marzo 2014».

Quindi mentre Matacena era in piena latitanza?
«Sì, ma onestamente non sapevo di questo sfondo...».

Però pagava sua moglie per non farle fare nulla?
«Doveva fare qualcosina... Parliamo di contratti a progetto. Si potrà aiutare una persona in difficoltà, a proprie spese?»


3 - "SCAJOLA FECE PEDINARE LADY MATACENA" E L'EX MINISTRO: LE PROCURAI LAVORO NEL PDL
Carlo Macrì e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

«È vero, mi adoperai per Amedeo Matacena per fargli avere l'asilo politico a Beirut. L'ho fatto perché era un amico e un parlamentare di Forza Italia. Con lui mi comportavo come fossi il suo avvocato». Carcere di Regina Coeli, 9 maggio scorso, Claudio Scajola risponde alle domande dei pubblici ministeri di Reggio Calabria che lo accusano di aver favorito la latitanza di Matacena e per questo anche di concorso esterno alla mafia.

Parla del suo rapporto con l'ex esponente del partito condannato definitivamente, ma anche del legame con sua moglie Chiara Rizzo e rivela: «Aiutai anche lei facendola lavorare per il tesoriere del Pdl Ignazio Abrignani». La conferma la forniscono gli stessi legali della donna Carlo Biondi e Candido Bonaventura depositando il contratto.

LA GELOSIA DELL'EX MINISTRO
L'indagine avviata dagli inquirenti reggini - il procuratore Federico Cafiero De Rhao, il sostituto Giuseppe Lombardo e il pubblico ministero Antimafia Francesco Curcio - sembra essere entrata in una fase cruciale. Le prime ammissioni fornite da Scajola consegnano infatti elementi preziosi a una ricostruzione accusatoria che pone l'ex titolare dell'Interno al centro di una rete che si sarebbe mossa «per favorire la criminalità organizzata».

Anche rispetto al ruolo di Vincenzo Speziali, l'uomo che si accreditava come il mediatore con l'ex presidente libanese Amin Gemayel e rassicurava Scajola sul proprio interessamento per il trasferimento di Matacena da Dubai a Beirut. Ulteriore conferma l'avrebbe fornita proprio la segreteria di Matacena, Maria Grazia Fiordelisi, anche lei finita in carcere su richiesta della procura di Reggio.

Due giorni fa, nel corso dell'interrogatorio, la donna ha ricostruito alcuni passaggi fondamentali su quanto accaduto tra l'agosto del 2013 e il febbraio scorso, per trovare un rifugio sicuro a Matacena. Poi ha rivelato: Scajola fece pedinare Chiara Rizzo.

Le intercettazioni e i pedinamenti affidati agli investigatori della Dia avrebbero effettivamente confermato questo particolare avvalorando l'ipotesi che il «controllo» fosse stato deciso per motivi di gelosia. Scajola avrebbe infatti mal digerito il legame che c'era tra Rizzo e l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone, l'amico che improvvisamente nelle conversazioni veniva definito «l'orco».

AGENTE IMMOBILIARE
L'interrogatorio della stessa Rizzo è durato oltre cinque ore ed è stato secretato. La donna avrebbe ammesso di aver chiesto aiuto a Scajola per suo marito e soprattutto di aver più volte discusso la possibilità che il Libano gli concedesse l'asilo politico.

I legali avevano anticipato che avrebbe parlato del legame (professionale e personale) con l'ex ministro e per questo hanno fatto allegare al fascicolo copia della scrittura privata siglata dalla signora con Abrignani per «svolgere attività immobiliare su case e prefabbricati».

Un altro documento ottenuto dal Monte dei Paschi di Siena specifica che «la signora non risulta mai essere stata delegata ad operare sul conto corrente 24141.37 presso l'Agenzia 1 di Reggio Calabria, intestato alla "Amadeus Spa"» mentre un analogo scritto, sempre riferibile a Mps e acquisito dalla Dia «ammetteva la disponibilità della donna».

ZOCCHI A BOLOGNA
Si intrecciano le inchieste e le verifiche. Mentre è in corso l'interrogatorio della Rizzo, a Bologna viene convocato nuovamente come testimone Luciano Zocchi, il segretario di Scajola al Viminale, che quattro giorni prima dell'attentato brigatista contro Marco Biagi consegnò al ministro l'appunto sulle due richieste dell'allora sottosegretario Maurizio Sacconi e del direttore generale di Confindustria Stefano Parisi, per assegnare la scorta al giuslavorista.

Di fronte al pubblico ministero di Bologna Antonello Gustapane, Zocchi ha ribadito di aver fatto consegnare i due appunti Scajola e di averne poi dato copia anche al prefetto Giuseppe Procaccini, all'epoca vicecapo della polizia la stessa sera del 15 marzo, e alla moglie di Sacconi, Enrica Giorgetti, il giorno dopo l'omicidio Biagi.

 

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