TROPPI CASINI NEL PD - ROSY BINDI SCARTA GRILLO E RADICALI, VENDOLA E DI PIETRO (“TROPPO LONTANI”) E RIBADISCE IL DISPERATO APPELLO A PIERFURBY: “O RIUSCIAMO A FARE UNA GRANDE ALLEANZA TRA PROGRESSISTI, RIFORMISTI E MODERATI O L’ITALIA NON CE LA FA” - LA GUERRA DEI MANDATI DEI PARLAMENTARI: “BENE TRE, CON POSSIBILITÀ DI DEROGHE” - STILETTATA DELLA SERRACCHIANI: “SI PUÒ DARE SERVIZIO AL PROPRIO PAESE ANCHE A TEMPO LIMITATO”...

1 - "VOGLIAMO UN'ALLEANZA CON L'UDC"
Carlo Fusi per Il Messaggero

Prima di tutto Rosy Bindi, presidente del Pd, ci tiene a dire una cosa: «Attenti a non sottovalutare il fatto che nonostante i suoi fallimenti, la perdita di credibilità interna e internazionale, le divisioni nella maggioranza e così via, Berlusconi resiste. Vuol dire che c'è ancora un lavoro molto forte di opposizione da compiere».

Sta dicendo che il Cavaliere ha la forza di resistere fino al 2013?
«Anche io ritengo che le elezioni in primavera siano probabili, e continuo a pensare che ci siano ancora alcune settimane di tempo per dare vita a quel governo di responsabilità nazionale che inseguiamo da un anno. Però non darei nulla per scontato. Soprattutto non mi addormenterei, non mi rilasserei sulla convinzione che tanto Berlusconi è finito».

E intanto il centrosinistra che fa? Si rimira nella fotografia di Vasto con Pd, Idv e Sel a braccetto?
«Guardi, a me le fotografie non piacciono».

Ah, ecco...
«Aspetti. Non mi piacciono neanche i fotomontaggi. Mi spiego. Quando pensiamo ad un governo formato da Bersani, Di Pietro e Vendola ne cogliamo tutto il limite; quando pensiamo ad un governo che vada da Vendola a Fini è difficile spiegarlo. La foto non basta, ma il fotomontaggio di Vasto più Lecce è una giustapposizione fuorviante. Dobbiamo ragionare in modo diverso, dobbiamo far capire alla classe dirigente qualcosa che magari i cittadini hanno già compreso, e cioè che o riusciamo a fare una grande alleanza tra progressisti, riformisti e moderati o l'Italia non ce la fa».

E come si fa a cancellare foto e fotomontaggi?
«Dando maggiore importanza alle scelte strategiche che dovrà compiere chi andrà al governo. Se ci mettiamo seriamente a riflettere sulle grandi questioni che devono costituire l'asse della ricostruzione, sia nella dimensione economico-sociale che in quella delle regole democratiche - in una parola crescita coniugata con l'equità - ce la possiamo fare».

Tuttavia non è che dal punto di vista programmatico gli ostacoli siano indifferenti. Le faccio solo un esempio: la lettera della Bce...
«Se si supera la doppia pregiudiziale di chi è comunque a favore e chi comunque contro e si ragiona sul valore e sui limiti di quella lettera, sui suoi singoli capitoli: quelli che ci sono ma anche quelli che mancano come la patrimoniale, penso che la strada giusta si trova. Certo, con Grillo e i radicali anche per me diventa difficile...».

Insisto su Lecce. Il Terzo Polo continua a rivolgersi agli scontenti del centrodestra per dire: è la vostra ultima occasione di sganciarvi da Berlusconi. La convince?
«L'unica cosa che mi sento di chiedere è di finirla con questa storia per cui se il centrodestra fosse un campo praticabile loro sarebbero disposti a giocare la partita. Questo messaggio non aiuta. A Casini l'ho ripetuto più volte: magari con questa legge elettorale saremo costretti a vincere le elezioni da soli, ma comunque non governeremo senza di loro. Tanto vale essere onesti e dirlo da subito agli elettori. Con il 40 per cento nessuno è in grado da solo di fare le riforme di cui ha bisogno l'Italia. Il Terzo Polo deve fare chiarezza».

Precisamente come?
«Rassegnandosi all'idea che è illusorio pensare che Berlusconi sgombri il campo. E che se anche ci fosse un sussulto di dignità di alcuni esponenti del centrodestra, finché non c'è una operazione di bonifica susseguente ad una sconfitta elettorale, quella metà campo non è praticabile».

Qual è il suo vero pensiero sui mandati per i parlamentari?
«Condivido la regola sui tre mandati scritta nello Statuto che non a caso prevede delle deroghe e non per attuare favoritismi. Gli automatismi non sono salvifici. Peraltro suggerirei di non pensare solo al Parlamento. Io che ho una stima immensa dei governatori della Toscana e dell'Emilia-Romagna invito a verificare da quanti mandati molti nostri amministratori sono stati presidenti di Regione, sindaci o assessori. Trattasi di periodi che superano sicuramente vent'anni».


2 - LA GUERRA DEI MANDATI
Da "Il Messaggero"

«Non vedo molti Enrico Berlinguer o Aldo Moro in Parlamento, né Tina Anselmi o Nilde Iotti: quelle persone non ci sarebbero state se qualcuno avesse deciso di affidare la selezione delle classi dirigenti del partito al numero dei mandati». A margine dell'iniziativa «Il nostro tempo», Rosì Bindi ha criticato così chi propone l'introduzione di un limite di due o tre mandati per i parlamentari.

«Napolitano - ha aggiunto - non sarebbe presidente della Repubblica se fosse stato consegnato all'oblio dopo tre mandati parlamentari. Tutto ciò si fa con la politica, serve un forte rinnovamento della classe dirigente, ma servono anche i meriti, le competenze, le esperienze. È giusto che si applichino le regole come le prevede lo statuto, ma nessuna forza politica affida la selezione della sua classe dirigente ad un'applicazione formale di una regola».

Parole, quelle del presidente del Pd, che hanno scatenato la reazione di Ignazio Marino e Dario Ginefra: «Tutti sappiamo che non è necessario occupare una poltrona parlamentare per essere segretario di partito, presidente del Consiglio o addirittura Presidente della Repubblica. Basta con la cooptazione e le poltrone a vita».

Da Bologna è partita anche una «cartolina» a Bersani, inviata da Pippo Civati e Debora Serracchiani, «per dire che il nuovo Ulivo di cui parla, sia anche un Ulivo nuovo». Le altre parole d'ordine: «Primarie per scegliere i parlamentari, atteggiamento di grande apertura verso le iniziative popolari, anagrafe degli eletti, rendicontazione di cosa si fa, riduzione dei costi della politica, riduzione dei rimborsi elettorali, voglia di dire qualcosa su questione morale».

«A me non è mai piaciuta la parola rottamatori. In questo momento ci chiedono di ricostruire l'Italia, non di affossarla», ha detto la Serracchiani. «Abbiamo ricordato alcune buone regole della buona politica e del rinnovamento. Abbiamo chiesto anche di rinnovare la politica consentendo l'accesso alle cariche elettive e capire che si può dare servizio al proprio Paese anche a tempo limitato». Chiara l'allusione alla Bindi.

 

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