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IL PAESE DEGLI STRUZZI - ORA TUTTI A SCANDALIZZARSI CHE L’ITALIA HA IL RECORD DI GIOVANI CHE NON CERCANO LAVORO - E’ LA CONSEGUENZA DI UN MALCOSTUME FATTO DI CONTRATTI PRECARI, BUSTE PAGA DA FAME E SENZA COPERTURA PREVIDENZIALE 

Giusy Franzese per “il Messaggero”

 

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Mai una definizione fu così azzeccata: il Vecchio continente, l'Europa, non è un posto per giovani. Poche opportunità lavorative, retribuzioni molto più basse rispetto ai colleghi anziani. In Italia più che altrove, tanto da conquistare ancora una volta il record Ue di under 25 che non sono impegnati né negli studi né nella ricerca di un lavoro (i cosiddetti Neet, not in Education, Employment or Training): siamo al 19,9%, mentre la media europea è all'11,5%. Lo rivela lindagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) pubblicata dalla Commissione e presentata ieri dalla commissaria all'Occupazione Marianne Thyssen.

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Eppure negli ultimi anni l'Europa ha ripreso offrire opportunità. Dal 2013 sono stati creati 10 milioni di posti di lavoro netti. Il tasso di occupazione, con più di 234 milioni di lavoratori, ha raggiunto il 71,1% della popolazione fra 20 e 64 anni: non è mai stato così elevato.

 

E anche la disoccupazione pian pianino si sta riavvicinando al tasso pre-crisi: è all'8,5% (i dati si riferiscono al 2016), nel 2008 era al 7%. Ma di tutti questi progressi ai giovani vanno solo le briciole: trovare un impiego per gli under 30 resta molto complicato e spesso si tratta di contratti temporanei, che oltre a rendere il futuro più incerto, comportano una minore copertura previdenziale. Con effetti negativi sulla futura pensione.

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Ma c'è di più: i giovani fortunati, quelli che un lavoro lo hanno trovato, si devono accontentare di retribuzioni molto più basse rispetto ai colleghi ultrasessantenni. Con differenze anche del 60%, secondo il report della Commissione europea. Tra i Paesi con le differenze più elevate, manco a dirlo, c'è l'Italia (nel gruppetto troviamo Grecia, Francia, Slovenia, Paesi Bassi, Portogallo, Austria, Italia e Cipro).

 

Al primo impatto viene da pensare: è normale, con il passare degli anni si fa carriera e comunque ci sono gli scatti di anzianità. Secondo la Commissione però questa tesi è vera solo in parte: «Tali differenze possono riflettere sia produttività diverse (per l'esperienza e le competenze acquisite), sia divari nel potere contrattuale».

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LE PECORE NERE

L'Italia in questo contesto resta sempre nel gruppo delle pecore nere. Abbiamo, come detto, il record di Neet (anche se in calo dal 21,4% del 2015 e dal 22,1% del 2014), e anche quello dove la differenza fra uomini e donne che lavorano è al 20,1%, e il numero di persone che vivono in condizioni di povertà estrema (11,9%) è aumentato fra 2015 e 2016, unico caso in Ue con Estonia e Romania.

 

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La disoccupazione giovanile - pur in calo rispetto al 40,3% del 2015 - è rimasta a livelli inaccettabili (37,8% nel 2016). Stanno peggio di noi solo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%). La fetta di precari, nonostante gli incentivi a pioggia per stimolare le assunzioni a tempo indeterminato, resta molto alta: il 15% dei lavoratori tra i 15 e 39 anni ha contratti atipici. Nel Regno Unito, tanto per fare un esempio, la quota è inferiore al 5%. La precarietà porta con se stipendi più bassi e programmi di vita indipendente posticipati: i giovani italiani escono da casa di mamma e papà non prima dei 31 anni, cinque anni dopo gli altri giovani europei.

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I dati di Bruxelles si fermano al 2016, dall'Ocse arrivano quelli del primo trimestre 2017. Ebbene anche allargando il raggio visivo (l'Ocse analizza i dati dei paesi più industrializzati nel mondo) l'Italia resta sempre fanalino di coda. Nei primi tre mesi dell'anno il tasso di occupazione in Italia è del 57,7% della popolazione in età lavorativa, quasi dieci punti sotto la media Ocse (67,4%) e dell'Ue (67,2%). Il distacco aumenta con la media del G7 pari al 70,3%.

 

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Dietro di noi troviamo solo Grecia (52,7%) e Turchia (50,9%). Anche la Spagna e l'Irlanda - che pure questa crisi l'hanno sofferta in modo particolare - stanno meglio di noi. E persino il Cile. L'andamento del tasso di occupazione risulta positivo un po' dappertutto: in media è aumentato dello 0,2%. Canada e Messico viaggiano al doppio dei giri: +0,4%. Buona la velocità (+0,3%) anche di Turchia, Stati Uniti e Giappone. Senza confronti quella di Estonia e Slovenia che hanno visto il tasso di occupazione svettare a +1,7% e +1,4% raggiungendo rispettivamente il 73,8 e il 68,1%.

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