CHE EXPO-RCILE! - NELL’INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DELL’EX DG DI INFRASTRUTTURE LOMBARDE, ROGNINI, VIENE FUORI CHE I CIELLINI DEL CLAN FORMINCHIONI FACEVANO PRESSIONI PER CONDIZIONARE GLI APPALTI

Emilio Randacio per ‘La Repubblica'

Pressioni politiche per pilotare il principale appalto dell'Expo 2015, quello relativo alla cosiddetta "piastra", l'infrastruttura di base su cui saranno edificati i padiglioni dell'Esposizione. Una gara guastata da ombre e comportamenti illeciti che coinvolgono direttamente gli uffici e gli uomini più vicini all'ex governatore Roberto Formigoni, ma anche l'azienda che quell'appalto si è aggiudicato.

L'indagine che giovedì scorso ha decapitato i vertici di Infrastrutture lombarde (Ilspa), fa intravedere possibili sviluppi clamorosi. In un corposo rapporto del Nucleo di polizia tributaria - agli atti dell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex direttore generale Ilspa, Antonio Rognoni, e di altre sette persone - si scopre come nei momenti topici dell'assegnazione degli appalti ci siano state pressioni dirette e vorticosi giri di informazioni teoricamente riservatissime per privilegiare aziende nell'assegnazione di lavori da centinaia di milioni di euro.

"DIRETTIVE POLITICHE"
Bisogna tornare indietro all'estate di due anni fa, quando la Mantovani Spa di Mestre sta per aggiudicarsi uno dei lavori più ricchi in vista dell'appuntamento del 2015. È questo il momento che gli investigatori definiscono di «evidente illegalità », in cui «le asserite direttive promanate da ambienti politici hanno rivestito un ruolo determinante ». I
detective fanno anche i nomi di chi, proprio nel luglio di due anni fa, ha tentato di pilotare i lavori.

«Gli elementi indiziari convergono univocamente nell'intervento su Rognoni del Sottosegretario alla Regione Paolo Alli (allora con delega proprio all'Esposizione,
ndr), nel momento culminante della vicenda». L'appalto principe è quello sulla cosiddetta «piastra», il perno dell'intero progetto, la sua principale «ossatura », che verrà completata in diverse fasi partendo da Est (l'area più vicina a Milano) verso Ovest e che è composta di tre elementi principali.

«Nei commenti telefonici intercettati - affermano gli inquirenti - si parla dell'intenzione iniziale di Rognoni (numero uno Ilspa, da giovedì finito in carcere, ndr) d'indirizzare l'aggiudicazione verso la "Impregilo Spa"». Il manager pubblico Rognoni sembra avere un mandato: «Dall'esito delle intercettazioni, è palese che l'aggiudicazione alla Mantovani non sia allo stesso gradita». Il nome dell'ex governatore Formigoni non risulta tra gli indagati, eppure i sospetti sulle operazioni che hanno accompagnato l'assegnazione della piastra, si concentrano su quello che allora era il suo staff di stretti collaboratori.

OMBRE SUI VERTICI EXPO
«È indubbio - insistono i finanzieri - che l'azione del direttore generale diventava particolarmente pressante ed incisiva in seguito alle sollecitazioni su di lui operate da Alli affinché gli allarmismi manifestati dal commissario Expo Formigoni fossero supportati da concrete iniziative».

Il governatore, al momento della gara, esprime con un comunicato ufficiale le sue perplessità in merito all'offerta Mantovani, relative soprattutto al ribasso del 41% rispetto alla base d'asta. I dubbi si allungano anche sui vertici di Expo, «in primis
l'amministratore delegato Giuseppe Sala », il cui comportamento, viene definito dalla Guardia di Finanza, «né irreprensibile né lineare », come quello dei suoi collaboratori, «Carlo Chiesa e il general manager Angelo Paris ». Per quello che risulta nelle carte dell'inchiesta, i tre manager, «con gradi di responsabilità diversi, attraverso le loro condotte fattive e omissive, hanno comunque contributo a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani per tutelare e garantire, si ritiene, più che Expo Spa, il loro personale ruolo all'interno della stessa».

IL VERMINAIO EXPO
Nonostante le pressioni e le fughe di informazioni, i lavori per la piastra alla fine vengono aggiudicati comunque alla Mantovani. Infrastrutture Lombarde non è formalmente coinvolta nell'aggiudicazione, perché l'appalto è direttamente di competenza di Expo Spa.

Eppure, «nei colloqui intercettati tra il 25 giugno e il 16 luglio (2012, ndr)», i manager Ilspa si adoperano «per manipolare e influenza l'attribuzione dei punteggi al presunto fine di impedire che la Mantovani» si aggiudichi l'opera. I tentativi di Rognoni e del suo fido manager, Pierpaolo Perez, falliscono, ma le irregolarità e le ombre dietro quella procedura rimangono pesanti.

Il 10 luglio, infatti - sei giorni prima che diventino pubbliche le valutazioni di qualità dei commissari di gara sulla piastra - gli investigatori intercettano la visita del responsabile gare della Mantovani negli uffici di Rognoni. «In quella circostanza (il manager dell'azienda, ndr) gli consegna un bigliettino, prontamente buttato dal funzionario, in cui gli si faceva notare come la società fosse a conoscenza di essere andata bene sulla parte "qualitativa"».

Il risultato che traggono gli investigatori è chiaro: «Qualcuno dei commissari di gara ha contravvenuto al divieto di divulgare offerte ». E così, si configura l'ennesimo reato: «La rivelazione al raggruppamento Mantovani dell'esito della valutazione che rappresenta una palese rivelazione di dati riservati». Un aspetto certamente non secondario, a cui ora l'inchiesta dei pm di Milano dovrà dare una risposta.

 

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