VEDI NAPOLI E POI (FORSE) MUORI - PIAZZA PLEBISCITO SEMIVUOTA PER BERSANI, CHE PUNTA A ESORCIZZARE L’INCUBO-GRILLO - E’ LUI, NON PIU’ IL BANANA, IL NEMICO NUMERO UNO DEL PD - NEL REGNO DI DE MAGISTRIS SI TOCCA CON MANO IL FALLIMENTO DELLA “RIVOLUZIONE CIVILE”, TRA PISTE CICLABILI ASSURDE, RIFIUTI, BUCHE E FURTI - I CENTRI SOCIALI CONTESTANO: 30 MILITANTI TRATTENUTI IN PREFETTURA…

Andrea Malaguti per "la Stampa"

L' incubo è Grillo. È lui, «il comico-Savonarola», «il populista», «il demagogo», «il mostro uscito dal web», il Grande Babau che tormenta i giorni e le notti dei ventimila militanti del Pd radunati in piazza del Plebiscito in attesa di Pier Luigi Bersani. Un'ossessione dolorosa, che invade i discorsi, li condiziona, li sposta, fino a diventare il parametro inevitabile di ogni riflessione.

«Un miliardario che vuole costruire sulle macerie del Paese», dirà più tardi il leader piddino. De Magistris non esiste più. E dunque neppure Ingroia. La rivoluzione arancione ha esaurito la sua spinta primaverile. Non saranno loro a erodere consenso. Non è da lì che arriva il pericolo. Sono bastati poco meno di due anni di scelte discutibili - una pista ciclabile da un milione di euro, autobus a singhiozzo, buche e rifiuti - per riportare la squadra dell'ex magistrato dal mito alla cronaca. Oggi impallinarli è facile come sparare sull'orso del luna park.

«Nun scassamm, accunciam», «Noi non scassiamo, aggiustiamo», recita beffardo lo striscione sventolato dalla sezione Pd del Mercato Pendino. Non era così che diceva De Magistris? Scassiamo tutto. Adesso è lui a sembrare scassato. Grillo no. Quello, se scassa, scassa davvero.

«La gente lo ascolta perché è un comico. Ma non basta urlare per avere ragione», spiega Gaia Uliano, la ventiquattrenne che guida una delle sezioni giovanili del partito. Si mette in posa col segretario provinciale, Gino Cimmino, mentre le note di Elisa invadono il cielo pericolosamente nervoso di Napoli. Bellissime. Ma chi le sceglie le canzoni? «A un passo dal possibile, a un passo da te, paura di decidere...». Autoritratto di un partito eternamente in cerca d'identità?

Cimmino, una specie di Lawrence d'Arabia senza deserto, finisce al centro di un capannello. Spiega che «Grillo e Berlusconi hanno sulle vecchiette di Napoli lo stesso effetto del gratta e vinci. Promettono di risolvere i problemi con un colpo di fortuna. Non è così che si organizza un Paese». Ha un viso buono, ma è impossibile non notare in lui una certa tendenza alle asserzioni solenni. «Governare con Fini e Casini? Quello che conta è governare bene». Troppo facile. Dibattito. Polemica. Il compagno Gianfranco Wurzburger, è così che si presenta, dissente. «Un'alleanza con Fini e Casini sarebbe davvero difficile da digerire». «Da soli non ce la facciamo». Già.

Sono le quattro e mezza del pomeriggio. Per Bersani c'è da aspettare ancora un'ora. La piazza si riempie lentamente di bandiere e di slogan classici - «La cultura è un bene comune», «Rimetti l'Italia al lavoro» - quando anche Guglielmo Epifani si avvicina al colonnato della Basilica di San Francesco di Paola. Un signore di mezza età, commerciante salernitano, lo avvicina e gli mostra la lettera siglata Pdl. «Mi ridanno l'Imu, no?».

Risata. Abbraccia l'ex segretario della Cgil, che in quella presa si sente perso, a disagio. È un momento goffo. «Berlusconi è un imbroglione», sussurra Epifani come per fare eco al suo bizzarro interlocutore. Il dj cambia cd. Via Elisa, tocca a Vasco Rossi. «Sally», l'inno inquieto di un popolo che canta senza nascondere le proprie perplessità. «Sono lontani quei momenti, quando uno sguardo provocava turbamenti (...) perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un brivido sopra la follia, sopra la follia». Geniali. Il ventenne Antimo Longhi da Caserta presenta il suo gruppo di giovani «Smacchiatori di giaguari». «Bel nome, no?». Bellissimo. Ma perché Bersani e non Grillo? «Lui disfa, noi costruiamo».

Nel teatro da strada che va in scena davanti alla statua equestre di Carlo III di Borbone un pensionato di Giuliano suona una campana per mucche. Insulta Berlusconi davanti alle telecamere che lo inseguono voraci. «Io non ce l'ho la casa. Mo ho tre figli e ottocento euro di pensione. Che mi dai al posto dell'Imu?». Ha uno sguardo desolato, un volto anonimo. Ma la sofferenza gli dona. È l'unico siparietto dedicato al Pdl.

«Sono loro i grandi assenti di questa campagna elettorale. A Napoli è come se non esistessero più», commenta un militante. Non fa in tempo a finire la frase, perché sotto il palco si scatena una rissa. La polizia circonda un gruppo di ragazzi dei centri sociali. Grida. Spinte. Poi i trenta contestatori vengono allontanati e trattenuti in Prefettura senza un motivo vero. Arriva Bersani. Sventolio di bandiere, la piazza canta «'O surdato nnamurato». Una signora anziana si commuove. «Io ci credo che quel signore lì ci possa ridare una dignità». Le lacrime le fanno il solletico sul labbro superiore. Si passa la lingua e beve la sua nostalgia.

 

GIANNELLI SU GRILLO E BERSANIbersani grillo Luigi De Magistris SILVIO BERLUSCONI PIERFERDINANDO CASINI E GIANFRANCO FINI GUGLIELMO EPIFANI

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