MUOIA ANGELINO CON TUTTI I FILISTEI - VERDINI HA ACCETTATO DI INNALZARE LA SOGLIA AL PREMIO DI MAGGIORANZA CON IL “FRATELLO” RENZI, PUR DI AMMAZZARE IL PARTITINO DI ALFANO

Paola Di Caro per ‘Il Corriere della Sera'

Per qualche ora, lunedì notte, Denis Verdini è apparso come un uomo solo. Delegittimato, quasi. Dal tardo pomeriggio, quando le agenzie davano a un passo dalla sigla l'accordo con Renzi sull'innalzamento della soglia da superare per ottenere il premio di maggioranza dal 35% al 38%, a quando, alle nove di sera, Daniela Santanchè avvertiva in diretta a Piazza Pulita che «non esiste alcun accordo, non cederemo sulla soglia, non se ne parla neppure», fino a notte quando una nota di FI e una dello stesso Verdini hanno smentito ogni intesa, è sembrato che la stella dell'ex coordinatore del Pdl avesse smesso di brillare.

«Ma siamo pazzi? Per noi alzare quella soglia è inaccettabile!», tuonava Silvio Berlusconi, riunito ad Arcore con i suoi fedelissimi - compreso Giovanni Toti - tutti come un sol uomo a protestare perché «non si può concedere così tanto, con una soglia al 38% e poi il ballottaggio non vinceremo mai!».

Maliziosamente qualcuno è arrivato a pensare che tanta disponibilità di Verdini nascesse dall'amicizia stretta con Renzi, dalla comune origine fiorentina con relativi rapporti e frequentazioni. Amicizia antica e solida, se è vero che sono andate avanti per anni le voci di un «aiutino» da parte dell'uomo forte di Berlusconi all'allora candidato alle primarie a sindaco di Firenze (si parlò di truppe forziste ai seggi per fargliele vincere). E se è vero che lo stesso Verdini, quando Brunetta aveva tentato di avocare a sé il dossier riforma elettorale per condurre lui la trattativa, avrebbe fatto valere il suo ruolo e i suoi buoni uffici presso il leader Pd ricordando perfino la sua amicizia con il padre di Renzi.

E però, nemmeno i suoi più acerrimi rivali arrivano ad accusarlo di aver «ceduto», se così è stato, alla riapertura della trattativa sulla legge elettorale per ragioni di amicizia. Anzi, a dire il vero sulle «grandi capacità di Denis» di portare avanti la mediazione concordano tutti. E però, nell'inner circle dell'ex premier, c'è chi piuttosto nutre un dubbio: che Verdini abbia aperto la porta al leader del Pd sull'innalzamento della soglia pur di non trattare nemmeno per un momento sulle altre soglie, quella dell'8% per le coalizioni e quella del 5% per i partiti coalizzati, perché «il suo obiettivo primario è ammazzare Alfano. Il resto viene dopo».

Dall'entourage di Verdini il racconto è ovviamente diverso: la volontà era quella di «non cedere proprio su nulla», ed è «la stessa identica volontà di Berlusconi, che è stato sempre tenuto informato dello stato della trattativa». E però, con «le pressioni del Quirinale» perché la soglia del 35% venga innalzata, altrimenti la legge rischia di essere di nuovo esposta a profili di incostituzionalità, bisognava pur fare i conti.

Conti che in effetti Berlusconi è stato costretto ieri a fare di persona, nelle sue lunghe e frequenti telefonate con Renzi che si sono concentrate proprio su questo punto. Insomma, è vero che il Cavaliere ha voluto riprendersi la scena e verificare di persona quanto dare e quanto prendere, con l'obiettivo che continua a ripetere a tutti di «chiuderlo questo accordo, non possiamo sfilarci ora. Matteo va aiutato nello sforzo che sta facendo».

Ma è pure vero che, alla fine, la via imboccata lunedì da Verdini era probabilmente l'unica esistente. Resta il fatto che nei rapporti con il Nuovo centrodestra esistono ormai posizioni diverse in Forza Italia. Quella, durissima, di chi come Verdini, Fitto e in fondo anche Berlusconi non vuol tendere minimamente la mano ai vecchi amici. E quella delle «colombe», più possibiliste a riprendere i rapporti concedendo magari qualcosina, in vista dell'accordo futuro. Perché, dice un ex ministro «noi non dobbiamo rendere impossibile ad Alfano un'alleanza con noi: perderebbe lui, ma perderemmo anche noi».

 

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