1. ALTRO CHE IL TAGLIO DA 150 MILIONI PER ABBASSARE LE TASSE DI RENZACCIO, IL VERO DISASTRO PER VIALE MAZZINI È LA PUBBLICITÀ: IN CINQUE ANNI LA RACCOLTA SI È DIMEZZATA! 2. DAL MILIARDO E PIÙ DEL 2008, “RAI PUBBLICITÀ” È PASSATA A 597 MILIONI DEL 2013: FLOP GALATTICO DEL SUPER MANAGER ESTERNO FABRIZIO PISCOPO, EX SKY VOLUTO DA GUBITOSI 3. IL RENZIANO ANZALDI DEMOLISCE “RAI PUBBLICITÀ”: “PUR AVENDO LIMITI PIÙ ALTI DI TUTTI NELLA MESSA IN ONDA DEGLI SPOT, LASCIA INVENDUTO UN TERZO DELLA SUA PUBBLICITÀ”. SE FACESSE BENE IL SUO LAVORO POTREBBE RECUPERARE 300 MILIONI DI EURO 4. L’EX CAMERATA DEL SETTIMO PIANO, GUIDO PAGLIA, CONTRO IL FEDELISSIMO DI GUBITOSI: “HA DISTRUTTO TUTTI I LISTINI CON SCONTI MEDI DEL 90% E HA COSTRETTO GLI AGENTI RAI A VENDERE INSIEME A SEAT PAGINE GIALLE, AZIENDA SULL’ORLO DEL BARATRO” 5. SE IL GOVERNO DECIDESSE DI ABOLIRE IL CANONE (2 MILIARDI DI INTROITI) E OBBLIGARE LA RAI A STARE SUL MERCATO? UN DISASTRO PER VIALE MAZZINI, UN INCUBO PER MEDIASET
1 - RAI, L’ARTE DI (NON) VENDERE BENE I PROPRI PRODOTTI
Michele Anzaldi per “Europa Quotidiano”
Il taglio da 150 milioni deciso dal governo sul trasferimento del canone alla Rai, che impone anche alla tv pubblica di contribuire all’abbassamento delle tasse, ha scatenato polemiche. Qualcuno ha detto che si tratterebbe di un duro colpo al servizio pubblico e qualcun altro è arrivato addirittura a parlare di “favore a Mediaset”. Ma siamo sicuri che il problema economico della Rai sia la riduzione di 150 milioni sul totale del canone che vale quasi 2 miliardi di euro?
In molti hanno sottolineato che la vera zavorra del servizio pubblico sono gli sprechi, le inefficienze, lo scriteriato utilizzo delle risorse: tutti rilievi innegabili, spesso avvalorati da inchieste giudiziarie e giornalistiche.
C’è un altro piano di inefficienza, però, che merita un’analisi particolare. Quando la Rai lamenta la mancanza di risorse, principalmente si concentra sulla necessità di inasprire la battaglia contro gli evasori del canone, fino ad arrivare ai paradossi dell’eccesso di zelo sul cosiddetto canone speciale, che sta creando confusione e rabbia con artigiani e piccoli commercianti.
La Rai ha problemi di fondi? Si aumenti il canone, si colleghi il pagamento alla bolletta elettrica, si permetta almeno l’aumento legato all’inflazione! Sono queste le soluzioni che sentiamo arrivare spesso dall’interno del servizio pubblico.
Prima ancora del canone, però, la dirigenza Rai dovrebbe occuparsi di un’altra questione: la raccolta pubblicitaria. Viale Mazzini vuole maggior risorse, anche per compensare il taglio da 150 milioni? Allora risolva il problema di “Rai Pubblicità”, che a giudicare dai numeri appare enorme. Di che si tratta? Negli ultimi anni la Rai ha visto crollare la raccolta pubblicitaria per una quota vicina al 50 per cento. Metà degli sponsor si sono volatilizzati.
Come è stato possibile? Nel 2008 la Rai fatturava oltre un miliardo di euro in pubblicità, nel bilancio 2013 appena approvato la stessa voce registra 597 milioni, quasi la metà. Colpa della crisi? In parte certamente è così, ma la perdita complessiva del mercato è stata di molto inferiore. Si può, inoltre, prendere il confronto con il principale competitor della tv pubblica. Mediaset nel 2008 fatturava circa 2,4 miliardi in pubblicità, lo scorso anno si è fermata intorno a 2,1 miliardi, una riduzione che gravita poco sopra al 10 per cento. Negli ultimi due anni, però, la perdita per il Biscione è aumentata, in concomitanza con la minore influenza politica di Silvio Berlusconi. La Rai è pronta a cogliere questa sfida? Pare di no.
Tra l’altro il dimezzamento della pubblicità in Rai ha un’aggravante: la tv pubblica deve sottostare, per legge, a tetti pubblicitari molto maggiori rispetto alle emittenti private. In sostanza gli spazi pubblicitari in Rai sono “calmierati”, posso essere ceduti col contagocce. Ciò lascerebbe pensare che, anche in caso di riduzione del mercato, la Rai dovrebbe comunque essere in grado di saturare la sua quota di inserzionisti. In realtà, invece, la Rai è ben lontana dal vendere pure tutti gli spazi (ridotti) che ha a disposizione!
I canali Rai, infatti, non possono superare un affollamento orario di pubblicità che vada sopra al 12 per cento. Per le private nazionali il tetto è al 18 per cento. La tv pubblica, però, ha un ulteriore limite: la quota pubblicitaria settimanale complessiva non deve superare il 4 per cento.
Se si consultano le tabelle con l’affollamento pubblicitario dei tre canali principali nell’anno 2013, si può vedere che i tetti sono ben lontani dall’essere saturati. La media complessiva giornaliera a livello mensile è sempre lontana dal 4 per cento: se si esclude luglio che arriva al 3,9 per cento, gli altri mesi spaziano dal minimo del 2,5 per cento di gennaio e marzo al massimo di giugno al 3,5 per cento.
Anche l’affollamento orario è sempre lontano dal tetto: i canali Rai non saturano i blocchi pubblicitari consentiti neanche nelle fasce orarie del prime time, quelle più redditizie. Nella media complessiva annuale, tra le 19 e le 22 si arriva al massimo a un affollamento del 7,9 per cento, quasi il trenta per cento in meno del limite consentito.
Ricapitolando: la Rai negli ultimi anni ha dimezzato la raccolta pubblicitaria e, pur avendo tetti più alti di tutti nella messa in onda degli spot, lascia invenduto circa un terzo della sua capacità di vendita. Visto che la raccolta attuale si attesta su 600 milioni scarsi, significa che se “Rai Pubblicità” facesse bene il suo lavoro potrebbe recuperare una cifra intorno a 300 milioni di euro. Si tratta di numeri un po’ grezzi, che servono però a rendere l’idea.
Il vero problema economico della Rai, che sta in piedi grazie ai quasi 2 miliardi di canone pagato dai contribuenti, appare quindi l’incapacità di vendere bene i propri prodotti, anche all’interno di quegli stessi limiti molto stretti decisi dalla legge.
2 - RAI PUBBLICITÀ, ECCO I DISASTRI DI PISCOPO
Guido Paglia per “Lultimaribattuta.it”
SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE
“Sono Salvo Castagna, amministratore delegato di Italiacom… e sono qui per metterci la faccia…”. E la voce, perché poi, mentre un’ammiccante Anna Falchi scende languidamente lungo una scala, il manager dà libero sfogo alla sua passione per il canto e la musica. Qualcuno forse ricorderà questo spot per il lancio di una nuova società di telefonia. Sulle reti Rai occupò una pianificazione di parecchi giorni, soprattutto in “prime time”. Pubblicità imperdibile. Peccato che non sia mai stata pagata (perché l’avventura di ItaliaCom è finita ancora prima di cominciare) e che ora l’ex-SIPRA se la trovi tra i crediti inesigibili per un valore di oltre 3 milioni di euro.
Questa sòla (efficace termine dialettale romano per indicare una truffa) rappresenta uno dei “fiori all’occhiello” della splendida gestione di Fabrizio Piscopo, l’amministratore delegato di Rai Pubblicità, il “salvatore della patria” strappato a Sky da quel genio del direttore generale di viale Mazzini che risponde al nome di Luigi Gubitosi. Appena arrivato, cominciò a criticare tutti e tutto. Naturalmente i suoi predecessori (Lorenza Lei, Aldo Reali, Mario Bianchi) e i rispettivi modelli organizzativi: “Va bene che c’è la crisi del mercato pubblicitario – proclamò- ma con queste ingessature non ci riprenderemo mai”. Ce l’aveva, il supermanager, con il sistema delle cinque firme di autorizzazione prima di mettere in onda una campagna. “Una firma basta e avanza, a ciascuno le proprie responsabilità” tagliò corto tra lo stupore generale.
Fu così che arrivò la “sòla”, garantita dall’unica firma del capoarea della Sicilia, l’altro fenomeno che si era fidato senza andare troppo per il sottile degli impegni di Salvo Castagna: boom e più di 3 milioni di spot buttati al vento. Congratulazioni vivissime.
Ma il “nuovo corso” di Fabrizio Piscopo, com’è purtroppo ormai ben noto, non si sta caratterizzando solo da questo genere di infortuni. No, c’è molto altro. Perché, oltre a distruggere sistematicamente tutti i listini con sconti medi del 90% (ma addirittura con punte del 98), questo mattatore del mercato pubblicitario ha costretto gli agenti a vendere in tandem con la struttura di “Pagine Gialle”, cioè con l’organizzazione commerciale di un’azienda sull’orlo del baratro (è in attesa del verdetto sulla richiesta di concordato preventivo) e comunque specializzata più sulla pubblicità areale e locale che su quella tradizionale della Rai.
Ma siccome fu lui a fare l’accordo tra “PG” e Sky, non ha voluto sentire ragioni ed ora gli agenti offrono ai clienti (immaginate con quali brillanti risultati, tipo quello della televendita vasca-doccia) sia i programmi di viale Mazzini che quelli del suo concorrente. Altre congratulazioni vivissime.
Un altro “buco nero” riguarda la raccolta della radio e del cinema. I risultati della radiofonia sono talmente devastanti che risulta impossibile conoscerne i particolari. Stessa storia per quella legata a Rai Cinema: si sa soltanto che il bilancio “da alcune decine è sceso ad alcune unità”.
E siamo solo all’inizio del lungo viaggio tra i “buchi” e i misteri di Rai Pubblicità.
3 - LINK AGLI SPOT TERRIFICANTI DEL CASTAGNA SHOW
http://www.lultimaribattuta.it/5822_gli-spot-italiacom-castagna-show