renzi gentiloni

VOLANO GLI SCHIAFFI TRA GENTILONI E RENZI – IL PRIMO DICE IN TV CHE SI POTREBBE VOTARE “IN ESTATE, IN AUTUNNO, L’ANNO PROSSIMO”. INSOMMA, SI VOTA NEL 2018 – E PER NON FINIRE I SUOI GIORNI A GIOCARE A FLIPPER AL BAR DI RIGNANO, IL BULLETTO GLI BLOCCA LE NOMINE GIA’ CONCORDATE CON FORZA ITALIA – SALTANO PURE QUELLE PILOTATE DA FRANCESCHINI

 

1. PAOLO. “VADO AVANTI COME SE DOVESSI DURARE A LUNGO”

Silvio Buzzanca per la Repubblica

 

gentiloni e renzi gentiloni e renzi

«Sto bene, molto bene. Non lo dite ai miei medici, ma ho saltato la convalescenza». Paolo Gentiloni si presenta in tv per la prima volta da quando è stato nominato presidente del Consiglio e scherza con Fabio Fazio a “Che tempo che fa” sul suo stato di salute dopo il recente intervento chirurgico.

 

FAZIO E GENTILONI 11af81dfFAZIO E GENTILONI 11af81df

Arrivano, quasi scontate, le domande sulla prossima decisione della Consulta sulla legge elettorale e su quando si andrà a votare. E Gentiloni risponde senza indicare limiti temporali. Sul sistema di voto dice che il tema «è slegato dalla durata del governo». E lancia un appello ai partiti. «Mi auguro - dice - che tra le forze politiche ci sia un dialogo tempestivo che consenta di avere una legge elettorale per Camera e Senato che non sia troppo disarmonica». Perché, spiega, «questo è un requisito di efficienza del sistema democratico a prescindere dalla durata del governo».

gentiloni merkelgentiloni merkel

 

Gentiloni quindi «confida in un’intesa sulla legge elettorale». E su quanto resterà a Palazzo Chigi, aggiunge: «Non faccio l’indovino. Quanto durerà la legislatura non è una cosa che decido io o decide il governo ». Spiega che si potrebbe votare «in estate, in autunno, l’anno prossimo. Ma noi lavoriamo come se dovessimo lavorare molto a lungo. Noi abbiamo tantissime cose da fare e le faremo finché avremo la fiducia del Parlamento. L’importante - conclude - è non mettersi nella disposizione psicologica di chi si sente già alla fine».

 

Il premier parla anche dell’intervista di Massimo D’Alema al “Corriere” in cui l’ex premier ha dichiarato finito il renzismo. «Ho trovato l’intervista di D’Alema francamente troppo polemica, non si aiuta così la discussione», replica Gentiloni. Che invece il renzismo e i suoi frutti di governo fa suoi. «Non so se sia mai esistito il renzismo - dice - ma se si intende la spinta a fare le riforme la rivendico, su questo c’è continuità col governo Renzi. La discontinuità è evidente, io posso fare ogni sforzo possibile, ma non sono Renzi ».

mattarella e gentiloni  mattarella e gentiloni

 

Gentiloni però vuole dare segnali positivi ad un’opinione pubblica inquieta. Soprattutto quella giovanile. E per questo annuncia che da un lato ha intenzione di accelerare sul reddito di inclusione e dall’altro di non chiedere indietro ai pensionati i soldi che hanno avuto grazie a stime di inflazione rivelatasi troppo alte. E questo porta al confronto e allo scontro con l’Europa e la Germania. «L’idea della manovra aggiuntiva - dice Gentiloni - fa venire il morbillo». Gentiloni dice alla Merkel «che non ci può essere flessibilità sui migranti e rigidità sui conti». Spiega che da Berlino ci divide «questa ossessione sui decimali che spesso i tedeschi mostrano».

 

Alla fine si parla di Trump. E qui Gentiloni trova molte assonanze con la Merkel. Dice che noi, i tedeschi, e la maggior parte degli altri paesi europei «abbiamo valori ai quali non rinunciamo». Fra questi non ci sono sicuramente il protezionismo e l’avversione per i migranti, ma l’idea di una società aperta e accogliente.

 

2. E MATTEO GLI BOCCIA LE NOMINE INCIUCIATE

Goffredo De Marchis per la Repubblica

 

Un pacchetto di nomine per stabilizzare il governo Gentiloni e la legislatura, con l’orizzonte del 2018 navigando più serenamente al Senato dove la maggioranza ha numeri scarsi. Ma su questo pacchetto si consuma la prima, sotterranea, tensione tra il premier e il suo predecessore Matteo Renzi.

 

paolo gentilonipaolo gentiloni

E questo alla vigilia della decisione della Corte costituzionale sulla legge elettorale attesa per domani. Perchè Renzi non ha intenzione di fornire strumenti di stabilità all’assetto attuale, visto che il suo obiettivo rimangono le elezioni anticipate a giugno. E quindi non poteva certo gradire il pacchetto di nomine e incarichi che puntava a stabilizzare il quadro politico.

 

Luigi Zanda presidente della commissione Affari costituzionali, ruolo chiave per il nuovo sistema di voto; Andrea Marcucci, iper-renziano nuovo capogruppo del Pd a Palazzo Madama, intesa sul giudice costituzionale chiamato a sostituire il dimissionario Giuseppe Frigo e patto per portare all’Agcom, l’authority che vigila sul contrasto tra Vivendi e Mediaset, Vito Di Marco, ex collaboratore del forzista Paolo Romani ma con 15 anni di militanza “dura e pura” nei Ds a Bologna, oltre a una competenza specifica nel settore delle comunicazioni.

luigi zanda anna finocchiarioluigi zanda anna finocchiario

 

Questo è il pacchetto che porta a un patto tra Pd e Forza Italia per modificare insieme la legge elettorale e portare avanti la legislatura. E che stabilizza la poltrona di Paolo Gentiloni. Ma in questo caso gli interessi del premier e del segretario del Pd non coincidono. La prima vittima è Di Marco, silurato dal Pd ieri con un comunicato: «Voteremo un nostro candidato, non uno indicato da Romani». Matteo Orfini, altro tifoso del voto subito, sentenzia: «Non regaliamo la maggioranza al partito Mediaset nell’Agcom. Soprattutto quando sono in ballo scelte strategiche sul futuro delle comunicazioni».

 

antonio padellaroantonio padellaro

È la scomunica di un accordo che il Pd, al Senato, aveva già avallato e confermato. Ma Mediaset c’entra fino a un certo punto. Il significato politico evidenzia due linee nel Pd tra i tifosi del voto anticipato e quelli del governo Gentiloni. Non bisogna rafforzare il sistema, è stato l’ordine partito da Largo del Nazareno e da Pontassieve. E il Senato deve rimanere un luogo pericoloso per gliequilibri dell’esecutivo. Mercoledì si vota sul membro dell’Agcom e si capirà se il nome di Di Marco è ancora salvabile. I 5 stelle sono pronti a candidare Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto.Prima però, domani, arriva la sentenza della Consulta e si capirà quali sono davvero i tempi per la modifica dell’Italicum.

 

dario franceschinidario franceschini

Zanda è un renziano della seconda ora, vicino a Dario Franceschini e ancora di più a Paolo Gentiloni. La sua scelta alla commissione presuppone una lavoro sulla legge elettorale non affrettato, non in linea con il voto al più presto. E in stretto collegamento con l’esecutivo. Lo spostamento verrebbe compensato con la promozione di Marcucci, renziano invece della primissima ora, un nome gradito anche alla minoranza del Pd con la quale ha mantenuto rapporti civili.

 

Ha sorpreso, a metà gennaio, la decisione di Zanda di sostituire lui, da capogruppo, Anna Finocchiaro passata al governo. Un modo per liberare il posto di presidente dell’Affari costituzionali a un membro esterno della commissione. Oppure a se stesso. Una figura in grado di tessere la tela di un’intesa con Forza Italia e di un dialogo con tutti i partiti. Ma se la situazione precipitasse a quella poltrona potrebbe andare proprio Marcucci, accelerando i tempi secondo il volere di Renzi.

 

renzi lascia palazzo chigirenzi lascia palazzo chigi

Italicum demolito o solo da correggere? La risposta di domani sarà decisiva. Con il segretario del Pd che non guarderà solo agli interventi sul ballottaggio o sul premio. I capolista bloccati, ovvero i nominati dalle segreterie, sono molto importanti per la partita nel Pd. Se i giudici li confermeranno, Renzi avrà l’asso nella manica dei posti in lista da giocarsi con le correnti dem. E scambiare un Pd unito sulla scelta del voto subito con le caselle privilegiate. Siccome è nel feeling tra governo e partito e tra i big democratici che si gioca tutto, il segretario incrocia le dita.

 

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