UN PALESE IN TESTA A PIERFESSO - IL VOTO DECISIVO DELLA LANZILLOTTA A FAVORE DEL VOTO PALESE, È LA VENDETTA DI MONTI SU CASINI: COSÌ L’UDC NON POTRÀ SALVARE IL BANANA DI NASCOSTO

Ugo Magri per "La Stampa"

Berlusconi è con un piede fuori dal Senato, anzi con tutti e due, perché il voto sulla sua decadenza sarà palese. Chi al centro o a sinistra volesse tirare in salvo il Cavaliere, dovrebbe agire alla luce del sole: ma non si annunciano kamikaze.

Ora la domanda è: che cosa potrà accadere il giorno dopo la decadenza? Quale sarà la reazione del centrodestra all'espulsione del suo leader dal Parlamento? Ieri ne abbiamo avuto un assaggio, con l'urlo rabbioso che s'è levato dai «falchi» e dalle «colombe», tutti quanti uniti nell'esecrazione dello strappo consumato in Giunta del regolamento. Qualche aggettivo tra i tanti: «inaudito», «barbarico», «golpistico», «dissennato», «squadrista», «schifoso». Toni molto sopra le righe.

Calderoli, con l'aria di che se n'intende, ha classificato la decisione di escludere il voto segreto «una vera porcata». E che abbia prevalso un'interpretazione inedita delle regole, sarebbe arduo negarlo. Con onestà, il capogruppo Pd Zanda parla di caso senza precedenti, mai era accaduto di applicare la nuova legge anti-corruzione, insomma le polemiche erano garantite. Ancor più sincero Stefàno, di Sel: la Giunta si è pronunciata in sintonia con la pubblica opinione» sotto la pressione dei grillini, insomma l'applicazione delle regole contava fino lì.

Decisivo (7 voti contro 6) è risultato il parere della senatrice Lanzillotta, Scelta civica. Per cui immediatamente sono fiorite leggende sulla presunta vendetta di Monti contro Casini, con il voto palese imposto dal Prof in Giunta per evitare che nel segreto dell'urna si saldasse un patto tra Udc e Cavaliere... Ma assai più di queste teorie ha calamitato l'attenzione quanto stava accadendo a Palazzo Grazioli, dove erano attesi Alfano e gli altri ministri berlusconiani «ribelli».

Si è saputo invece che non ci sarebbe stato alcun pranzo. E che al posto di Angelino & C si erano accomodati intorno al desco Bondi e Verdini, cioè due fra i più strenui fautori della crisi di governo (l'altro è Fitto, capo dei «lealisti»). Con il padrone di casa furibondo contro il Pd, convinto di essere stato pugnalato alle spalle non senza complicità del suo stesso partito: «La Giunta si è permessa di dare un'interpretazione "contra personam" al Regolamento in quanto c'è una fronda ai miei danni...».

Ecco dunque il nodo arrivare al pettine: tenterà ugualmente Berlusconi di far cadere Letta come ritorsione del voto sulla sua decadenza? Raccontano che il premier sia nel complesso sereno, abbastanza convinto di superare lo scoglio. Evidentemente ha avuto la percezione che gli alfaniani reggeranno l'urto col Cavaliere, non piegheranno la testa all'ordine di dimettersi dal governo casomai venisse riproposto dal Capo, piuttosto se ne andranno armi e bagagli. In queste ore, nel Pdl, la guerra divampa. Secondo conteggi attendibili, i «governativi» sarebbero addirittura all'attacco, toccando quota 31 senatori disposti a mettere la firma sotto un documento di condanna degli «estremismi» alla Santanchè, per capirsi.

Casomai Berlusconi dovesse «strappare», sarebbe sufficiente che una dozzina di loro reggessero le posizioni per tenere a galla Letta in Senato. Molto dipenderà dal clima dei prossimi giorni perché, con tutta evidenza, un'esasperazione della lotta sarebbe di grande aiuto al Ptdc, Partito trasversale della crisi (pure a sinistra c'è chi lavora per le elezioni, tanto che Quagliariello invita ruvidamente Letta e Franceschini a «svegliarsi» e a metterci un freno). Qui viene in gioco il ruolo-chiave che potrà svolgere Grasso, presidente del Senato.

È giudizio unanime che, se il voto sulla decadenza venisse calendarizzato per i prossimi giorni, cioè con le tensioni ancora a mille, la posizione delle «colombe» berlusconiane diventerebbe parecchio più difficile, rischierebbero di perdersi per strada.

Al contrario, se il giorno del giudizio slittasse un po' più avanti, magari dopo la legge di stabilità, insomma a fine mese, magari Berlusconi si sarà un filo calmato perché (come gli suggerisce il suo amico Dell'Utri) «il tempo è il migliore dei rimedi». E la voglia di causare sconquassi forse gli sarà sbollita. Grasso riunirà i capigruppo lunedì prossimo, e in quella sede la sua indicazione avrà un peso determinante. Di sicuro i grillini gli metteranno fretta, da destra Schifani alzerà le barricate, e nel mezzo il Pd dovrà scegliere quale partita giocare per i mesi a venire.

 

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