luigi di maio nicola zingaretti giuseppe conte

“GIUSEPPI”, FACCI SPAZIO - CONTE NON SI E' ESPOSTO DURANTE LA CAMPAGNA ELETTORALE E ORA S'ATTACCA - ZINGARETTI POTREBBE PRETENDERE IL RUOLO DI VICEPREMIER, INSIEME A DI MAIO, PER METTERE LA MORDACCHIA AL CONTE-CASALINO - SE COSÌ ANDRÀ, SI TORNERÀ A VOTARE NELLA REGIONE LAZIO IN CONTEMPORANEA CON IL SINDACO DI ROMA E CIÒ POTREBBE AGEVOLARE UN'INTESA PD-M5S SUI CANDIDATI...

Marco Conti per “il Messaggero”

 

ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO

«Conte non commenta i risultati», fanno sapere da palazzo Chigi. Anche perché dopo aver evitato per settimane di infilare la testa dentro la tagliola delle urne, il presidente del Consiglio aspetta di capire come Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio intendano spendere il capitale raccolto nelle urne. Un giro di telefonate Conte lo ha fatto ieri pomeriggio chiamando al telefono sia il segretario del Pd che il ministro degli Esteri. Non aver messo la faccia sul voto - esclusa una timida dichiarazione in favore del Sì - se ha evitato a Conte tutti i rischi legati ad una possibile sconfitta, per la legge del contrappasso che regola anche i momenti elettorali, gli impedisce di intestarsi un successo che ora può vivere solo di riflesso.

Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte

 

IL TRASLOCO

Il risultato del referendum e delle elezioni regionali blindano il governo perchè la vittoria del Sì rafforza Luigi Di Maio e quella alle regionali il segretario dem, ma indebolisce il premier il quale per tutta la fase dell'emergenza sanitaria ha lavorato per irrobustire la sua leadership che aveva infatti preso il largo rispetto ai due leader dei partiti di maggioranza.

 

Si torna invece alla dimensione post Papeete, quando Conte evitò il trasloco da palazzo Chigi grazie all'intesa che Di Maio e Zingaretti raggiunsero dietro la spinta di Matteo Renzi. I risultati di ieri rafforzano ora i partiti. Di Maio, dopo aver messo in crisi la linea Di Battista, potrà ora guidare la definizione degli assetti interni al M5S con gli stati generali che potrebbero tenersi a breve. Riprendersi il Movimento, e portarlo sulla strada delle alleanze, significa per Di Maio azzerare anche le aspirazioni di Conte a porsi come unico elemento di raccordo tra 5S e Pd.

beppe grillo giuseppe conte luigi di maio

 

La vittoria in Toscana mette a tacere le aspirazioni di quanti nel Pd lavoravano per una nuova leadership e per una linea del partito diversa da quella del segretario Zingaretti. Sul tavolo di palazzo Chigi potrebbe a breve arrivare quella richiesta di tagliando che i dem hanno chiesto con forza prima delle elezioni e che la pattuglia 5S al governo non disdegna. Un ridefinizione del programma che potrebbe portare anche a qualche avvicendamento.

 

Nel Pd gli appetiti non mancano, ma una rivoluzione nell'esecutivo sembra complicata a meno che non si voglia di fatto un Conte-ter che però dovrebbe passare al vaglio del Quirinale e del Parlamento. Malgrado il diretto interessato continui a negare, nel Pd si dà per certo l'ingresso dello stesso Zingaretti che potrebbe ricoprire un ruolo da vicepremier obbligando di fatto anche i 5S a pretendere altrettanto ruolo magari con lo stesso Di Maio. Se così andrà si tornerà a votare nella regione Lazio in contemporanea con il sindaco di Roma e ciò potrebbe agevolare un'intesa dem-grillini.

giuseppe conte luigi di maio

 

L'INTESA

Anche se non si dovesse ripetere del tutto lo schema del Conte1, con il presidente del Consiglio circondato da esponenti dei due partiti più forti, la stagione del premier-mediatore potrebbe volgere al termine proprio per la volontà di Zingaretti e di Di Maio di rendere strutturale l'alleanza anche attraverso la legge elettorale sulla quale ora i dem chiedono di stringere. Il ministro degli Esteri si è intestato in toto la vittoria al referendum e, liquidando il dato regionale («potevano essere organizzate diversamente»), proietta il M5S verso un'intesa con il Pd per il voto amministrativo del 2021.

 

roberto gualtieri

Gli ostacoli non mancheranno anche per la presenza nell'esecutivo di Iv e Leu, ma sull'asse Di Maio-Zingaretti correranno - al pari di un ottimo lubrificante - i miliardi del Recovery fund. Il braccio di ferro tra palazzo Chigi e Mef è in corso ed è rimasto sinora più o meno sottotraccia, ma i dem vogliono che la cabina di regia della spesa venga affidata al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.

 

Più dei decreti sicurezza e del Mes, la partita si gioca ora sui 209 miliardi di euro. Lo ha compreso Matteo Salvini che ieri sera ha chiesto al premier di essere coinvolto nel tentativo, forse tardivo, di sbarrare la strada a Luca Zaia che potrebbe trattare in proprio e, magari, non solo per il Veneto. Ridimensionare il ruolo di palazzo Chigi nella gestione delle ingenti risorse messe a disposizione dall'Europa, sia con il Recovery che con il Mes, per costruire il perno dell'alternativa alla destra sovranista ed antieuropea. Il tempo a disposizione non è molto. I governatori, e non solo a destra, scalpitano.

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?