alexandra, la 23enne che ha denunciato la madre per maltrattamenti

"MIA MAMMA MI PUNIVA CON METODI 'ROMENI': IN GINOCCHIO SUL RISO O SUI CECI" - IL RACCONTO DELLA 23ENNE DI ORIGINI ROMENE, RESIDENTE A TORINO, CHE HA DENUNCIATO LA MADRE DOPO 14 ANNI DI MALTRATTAMENTI E UMILIAZIONI: "SONO CRESCIUTA PENSANDO CHE FOSSE NORMALE ESSERE PUNITA CON SEVERITÀ. MI DICEVA DELLE COSE ORRIBILI, CHE AVREBBE FATTO MEGLIO AD ABORTIRE. RIPETEVA 'HO AVUTO UNA VITA DIFFICILE, PERCHÉ TU DEVI AVERLA FACILE?'. DICEVA CHE MI TENEVA SOTTO CONTROLLO, ANCHE CON UN INVESTIGATORE PRIVATO…"

Estratto dell'articolo di Simona Lorenzetti per www.corriere.it

 

alexandra, la 23enne che ha denunciato la madre per maltrattamenti

«Ero poco più che una ragazzina, penso fosse Natale e tutta la famiglia era riunita a casa nostra per le feste. Mi sono alzata per sparecchiare e lavare i piatti, mia madre mi ha seguito in cucina e ha iniziato a inveire contro di me e a picchiarmi. Mia zia venne in soccorso: “Perché la picchi? Non ha fatto nulla”. La risposta di mia mamma fu: “Se io ho avuto una vita difficile, perché lei deve averla facile?”».

 

È uno dei ricordi più tristi di Alexandra, la 23 enne che nel 2021 ha denunciato la madre dopo 14 anni di maltrattamenti e umiliazioni. Quelle parole - «Se io ho avuto una vita difficile, perché lei deva averla facile?» - bruciano ancora, tanto quanto le botte, le cinghiate e le ore trascorse in ginocchio sui ceci o sui gusci di noce per un brutto voto a scuola: «Lei era cattiva e riversava su di me rabbia e frustrazione».

 

Come è stata la tua infanzia?

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«Difficile, triste e permeata di violenza. Ho vissuto in Romania fino all’età di 5 anni con mio papà, un alcolizzato. Poi mia madre, che già si era trasferita in Italia, è venuta a prendermi e mi ha portato con sé. I miei primi ricordi risalgono ai tempi delle elementari, quando mi puniva per i brutti voti a scuola. Usava i metodi “romeni”: in ginocchio sul riso o sui ceci con le mani alzate. Con il passare degli anni le botte si sono diradate perché temeva che si vedessero i segni e a quel punto la violenza è diventata psicologica».

 

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Perché non si è mai confidata con qualcuno?

«Perché non capivo che mia mamma stesse sbagliando. Sono cresciuta così, pensavo che fosse normale essere punita con severità. Mamma voleva a tutti i costi che andassi bene a scuola, che andassi all’università: sarei stata la prima della famiglia. Forse rappresentavo anche un riscatto sociale. La mia fortuna è stata che la scuola mi piaceva e studiare non è mai stato un sacrificio, anzi. Nonostante questo, lei mi diceva delle cose orribili, che avrebbe fatto meglio ad abortire, che sarebbe stato meglio fossi morta».

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Cosa l’ha spinta a denunciare?

«Mi ha sbattuto fuori di casa ed è stata una mia ex insegnante a rivolgersi alle forze dell’ordine. Forse non l’avrei mai fatto. Avevo paura e non volevo che la mia mamma andasse in carcere per colpa mia, non l’ho mai voluto. Volevo solo che mi lasciasse vivere come i miei coetanei».

 

Cioè?

«Uscire con le amiche, invitarle a casa, avere un fidanzatino. Fare delle esperienze sociali, invece mi isolava dal mondo e non potevo fare nulla. La mattina quando andavo a scuola dovevo mandarle una foto dell’ingresso, quando uscivo dirle che stavo prendendo l’autobus. Se il bus fosse stato in ritardo avrei dovuto avvisarla. Diceva che non dovevo sgarrare perché lei mi teneva sotto controllo, anche con un investigatore privato. Mi controllava in maniera ossessiva e ogni volta che qualcosa non le piaceva – e c’era sempre qualcosa che non le piaceva – mi aggrediva con insulti e schiaffi».

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[…] Sua madre ha mai tentato una riappacificazione?

«Mi sarebbe piaciuto, è sempre la mia mamma. Però, mi sono resa conto che i suoi tentativi di riavvicinamento erano strumentali. Mi chiamava prima delle udienze, diceva che mi voleva bene e che dovevamo essere una famiglia. Poi, in aula, neanche mi salutava. Anzi, ha cercato di dipingermi come una figlia ingrata e diabolica. È stato molto triste, adesso guardo avanti: vivo da sola, ho un cane che adoro e mi fa compagnia e riempie d’amore le mie giornate, anche le più difficili». […]

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