giorgio albertazzi

ALBERTAZZI, MEMORIE DI EGOCENTRICO/2 - “NON AMO IL TEATRO, MI PIACE ALBERTAZZI” – ‘’NON MI CHIEDO MAI COME CAMMINA O MUOVE LE MANI UN CERTO PERSONAGGIO. CHISSENEFREGA. MI INTERESSA COME CAMMINO E MUOVO IO LE MANI” - “ADERII, COME DARIO FO, ALLA REPUBBLICA SOCIALE PERCHE' MI SEMBRAVA DI FARE QUALCOSA DI SIMILE AL D’ANNUNZIO FIUMANO. MI SENTIVO FIGLIO DI QUELLE IMPRESE, MA NON ERO FASCISTA”…

Antonio Gnoli per "la Repubblica"

GIORGIO ALBERTAZZI

In una stradina del quartiere Parioli abita Giorgio Albertazzi: l'attore per antonomasia, verrebbe da dire. È domenica mattina. Poca gente in giro. Qualche cane, trascinato da domestiche indifferenti, annusa un'aria che sa di pioggia. Tutto è autunnale. Anche i numerosi cartelli con scritto "vendesi appartamento", che affissi un po' ovunque, mostrano che quel luogo romano, concentrato di ricche famiglie, sta lentamente ingrigendo. Arretra davanti ai colpi della crisi. Non fa eccezione.

 

Albertazzi abita al pianterreno di una palazzina. Mi riceve con divertita rassegnazione. Guardo il disordine dell'appartamento, sembra quello prodotto da uno scapolo. Guardo lui e noto che regge benissimo ai colpi del tempo (farà novant'anni tra qualche mese). Ha retto meno alle tavole del teatro: due lividi ai lati del naso ne rabbuiano il volto. "Caduto sulla scena", commenta brusco.

 

GIORGIO ALBERTAZZI

E poi aggiunge: "Recitavo Puccini a Castellammare di Stabia. Una scena di gelosia. Mi lancio verso la ragazza e inciampo fra i tendaggi. Giù, a faccia avanti. Che botta! Fermo un quarto d'ora. Il sangue, lo stordimento, il dolore. Il medico voleva che facessi immediatamente la tac. Decido di riprendere. Poi l'ovazione e il teatro che sembrava dovesse crollare.

 

L'attore ferito che torna in scena.
«Pura epica, leggenda. Il pubblico in piedi che gridava: Giorgio, Giorgio!».

Le piace questo mestiere.
«Adoro sentire le vibrazioni del pubblico e mi piace Albertazzi».

Come fu il suo esordio?
«Un gran debutto: Firenze, Troilo e Clessidra, regia di Visconti. 1949, mi pare. C'erano tutti i migliori: Ricci, Benassi, Stoppa, Cervi, Ruggeri. Gassman. Facevo il servo di Clessidra, interpretata da Rina Morelli».

 

Giorgio Albertazzi

Grande compagnia. Le avrà insegnato tanto.
«Ci ho messo un paio d'anni a imparare a recitare come loro e tutta la vita a disimparare. La verità è che non ho mai amato il teatro. Il loro soprattutto».

Sputa nel piatto dove mangia?
«Del teatro mi coinvolge la vita degli autori. Il grande teatro è tradimento. Le opere non mi interessano. Le confesso che non ho neppure letto fino in fondo Le memorie di Adriano. Eppure ho fatto quasi mille repliche in giro per il mondo con lo spettacolo. Ma ho letto tutto quello che c'era da leggere su Marguerite Yourcenar. Donna strepitosa. Mi soffermo sulle sue foto da giovane e da vecchia. E ammiro la sua lotta contro il tempo. La stessa che combatteva Hemingway. Esistono gli autori. I personaggi sono ombre, fantasmi, passanti».

 

alm37 giorgio albertazzi

Alla fine cosa mette in scena?
«Me stesso, naturalmente».

Un'affermazione carica di responsabilità.
«Lo so, è azzardato dirlo. Ma succede qualcosa che non so neppure io cos'è. Se faccio Adriano sono Adriano. Così con Giulio Cesare e Riccardo III».

E dov'è Albertazzi?
«Dentro di loro. Il mimetismo è totale. Annullo i personaggi per questo diventano ombre o fantasmi».

 

Un vero egocentrico.
«Mi lasci riflettere. C'è in me il gusto della scoperta: vedere cosa accade non sapendo quello che accadrà. Non mi chiedo mai come cammina o muove le mani un certo personaggio. Chissenefrega. Mi interessa come cammino e muovo io le mani. Io sono Re Lear e Re Lear è me».

albertazzi giorgio 01

Cos'è una trance teatrale?
«È la schizofrenia dell'attore: sdoppiarsi e ricomporsi. È doloroso, ma secondo me Antonin Artaud faceva la stessa cosa. E anche Carmelo».

Intende Bene?
«Sì proprio lui. L'unico, tra tutti gli attori, che sento più vicino».

Lui forse non sarebbe stato della stessa idea.
«Non ne sono convinto».

 

Polemizzaste ferocemente.
«È vero. Però piombò tra me e Vittorio Gassman come un V2. Un critico scrisse chi è il re tra i magnifici quattro? Intendeva tra Romolo Valli, Gassman, Bene e Albertazzi. Io non credo che sia un atto di superbia ma un fatto erotico sentirsi il migliore. E la partita era tra me e Bene. Portò nel teatro il talento e la provocazione».

arg38 giorgio albertazzi

Provocatoriamente disse infatti che aveva chiamato il suo cane lupo "Albertazzi".
«E io risposi: amo troppo i miei cani per chiamarli "Carmelo Bene". Quando morì fui il primo a rendergli omaggio al Teatro Argentina. E la sorella, che vedevo per la prima volta, mi ringraziò. In quell'occasione mi confessò che Carmelo continuamente diceva: Albertazzi non mi vuole bene, non mi capisce. E invece l'ho adorato».

Che cos'era il suo recitare?
«Teatro della crudeltà. Dietro quell'apparente cinismo si massacrava».

 

E di Gassman cosa pensa?
«Bravissimo accademico. Ma il grande Gassman è quello del cinema non del teatro. Però il suo arrivo sul palcoscenico fu clamoroso e devastante. Portò in scena l'atletismo, il corpo. E fu una novità. Fino a quel momento tutti gli attori recitavano composti nei loro abiti di scena, corretti nella voce. Nella dizione, e nella potenza: Renzo Ricci, Ermete Zacconi. Meravigliosi dinosauri».

Carmelo Bene

E per lei cos'è il teatro?
«Aver paura di se stessi. Farsi male. È Orfeo che si fa divorare dalle baccanti. Il teatro non ha nulla di pensoso, di contemplativo, di distaccato. È cannibalico. Convoca l'eros e la morte. Ho sempre pensato che nel grande teatro la parola debba coincidere con il pensiero. Senza questa alchimia il teatro diventa una cosa noiosa: un ripetere le parole, entrando da destra o da sinistra».

Ed è finzione?
«Assoluta. Fingere vuol dire capire».

Lei ha un qualche rapporto con la verità?
«La penso come Nietzsche: non ce n'è una sola. Soltanto Ratzinger può dire che la verità è una e splendente».

 

Lei crede?
«In nulla. Detesto pensare che qualcuno da su ci consoli o ci punisca. Le mie consolazioni sono i miei ricordi».

Vittorio_Gassman

Il più bello?
«Con Franco Zeffirelli facemmo all'Old Vic di Londra un Amleto straordinario. Giudicato da Lawrence Olivier il più bello di quell'anno. Tra coloro che lo interpretarono c'erano Peter O'-Toole, Jean Louis Barrault, Richard Burton, Maximilian Schell. Era il 1964».

Lei ha recitato tanto Shakespeare?
«Sedici opere in tutto. Nessuno è all'altezza di Shakespeare e di Dante».

 

E tra i contemporanei?
«Amo Borges e Proust mi piace, ma mi annoia. Mi intriga la sua idea del tempo. Vorrei fermare il tempo. I miei quasi novant'anni che rincorro come una palla da bowling».

Cos'è per lei la vecchiaia?
«Ci sono tre indizi: quando confondi o dimentichi i nomi; quando cammini a piccoli passi; ma il più terribile è quando ti fanno presidente onorario. Però ci vogliono molti anni per diventare giovane».

Aveva vent'anni quando aderì alla Repubblica Sociale. Che ricordo ha?
«Intanto non fui il solo. Altri, come Dario Fo, Franco Enriquez, Enrico Maria Salerno, per restare nel mio mondo, avevano compiuto quella scelta».

Lei andò volontario.
«Sì, feci la scuola allievi ufficiali per otto mesi. Perché? Mi chiede. Potrei risponderle perché provai schifo per la vigliaccheria di un Re che scappava. Oppure dirle che mio zio fascista fu ammazzato a Campo di Marte. E lo vidi morire sputando sangue dai polmoni. Ma la verità è che io ho aderito a quella parte perché mi sembrava di fare qualcosa di simile al D'Annunzio fiumano».

VALENTINA CORTESE E FRANCO ZEFFIRELLI

Anche quando partecipò all'esecuzione di un disertore?
«Non partecipai. Presenziai in quanto, come sottotenente, ero il più alto in grado. Il capitano era stato ferito e il tenente, quella mattina, si era dato malato. Il comando italo-tedesco aveva condannato a morte quel giovane. Noi per giorni prendemmo tempo. Alla fine arrivò il colonnello Zuccari e il comandante tedesco e ci dissero che se l'indomani il disertore non fosse stato fucilato noi avremmo preso il suo posto».

 

Uno scambio di vite?
«No, un gesto inutile. Perché quel giovane sarebbe stato comunque fucilato».

Quello a cui assisteva non era teatro ma vita. Cosa provò in quel momento?
«L'impressione fu grande. Ma al tempo stesso c'era una tensione drammatica. Vedevamo tornare sulle barelle i nostri morti. Era terribile. Si era a Sestino, nei pressi della linea Gotica».

FRANCO ZEFFIRELLI

In seguito fu arrestato?
«Passai un anno in carcere. Tra Bologna e Milano. In attesa di un processo che non ci fu perché venni assolto in istruttoria dal generale Traina».

Si è chiesto se quella di aderire alla repubblica Sociale fu la scelta giusta?
«La mia educazione fu fatta anche sugli episodi della Mas, sulla trasvolata di Balbo e la Fiume di D'Annunzio. Mi sentivo figlio di quelle imprese. Non sono mai stato fascista. La mia scelta, sbagliata che fosse, nacque per orgoglio nazionale. E l'ho pagata, glielo assicuro».

 

Lei ha figli?
«No, non ne ho mai voluti. Di recente ho pensato cosa sarebbe avere un figlio oggi di quaranta o cinquant'anni. Ma poi dico chissenefrega. Non sono un padre. Sono nato figlio di qualcosa. Magari di molte donne».

Sono state importanti nella sua vita?
«Fondamentali. Non saprei prescinderne».

Perché?
«Sono la grazia, la bellezza, il mistero».

Non è un po' scontato?
«Dice la Yourcenar: "L'amore è un castigo. Veniamo puniti per non essere riusciti a restare soli"».

dario fo

Però è sposato.
«Da qualche anno con Pia de' Tolomei, discendente dalla celebre Pia dantesca. Una donna che amo e da cui sono amato sebbene ci dividano diverse generazioni».

Che ruolo ha la vanità?
«Me lo chiedo spesso».

Si sarà dato una risposta.
«È inutile che mi rifaccia a modelli diversi da me. Io non sono gli altri, non posso fingere di essere quello che non sono».

Si accetta completamente?
«Forse no. Anche se, a questo punto, sarebbe difficile immaginarmi diverso».

Qual è il suo peggior difetto?
«Dovrei dire la vanità. Mi piaccio troppo. Ma forse il mio peggior difetto è avere novant'anni. E oggi, quando mi dicono: bravo, bravissimo, non sento quasi più nulla. Applausi e ricchezza mi lasciano indifferente ».

Ha guadagnato molto?
«Tantissimo e ho dissipato altrettanto».

Non teme l'attore che diventa povero?
«Che finisce alla casa di riposo?»

veronica enrico maria salerno

Non volevo giungere a tanto.
«Mi auguro di no. Sono stato molto più amato di quanto io non abbia amato. Ogni cosa in amore inizia e finisce. È un fatto che gli dei ci invidiano. Mi viene in mente L'Immortale di Borges che è disperato perché non riesce a morire. Perché non c'è più l'attimo fuggente. Gli amori più sono grandi e più sono destinati a finire».

Li rimpiange?
«Sono la mia malinconia: una tristezza che si è fatta leggera. C'è bellezza anche nel decadere degli entusiasmi, nello spegnersi delle attitudini, nel corpo che non ti risponde più come una volta e ti obbliga a stare al suo servizio e non lui al tuo. Cambia la percezione del mondo. Queste parole mi colgono nell'assillo del tempo che passa. E dei progetti che non ho ancora realizzato. E so che vorrei fare ancora tante cose. Non mi piaccio come attore, mi piace il cuore del pubblico. Conquistarlo sera dopo sera. Fino alla fine».

Morire in scena, come l'ultimo trionfo?
«C'è molta retorica popolare in questa immagine. Ma forse sì, anch'io vorrei morire tra le tavole di un palcoscenico».

 

Ultimi Dagoreport

la scala opera attilio fontana ignazio la russa daniela santanche santanchè matteo salvini

A PROPOSITO DI… QUANTO PIACE LA MATRICIANA ROMANA - IL FORFAIT DELLE ISTITUZIONI ALLA PRIMA DELLA SCALA, IVI COMPRESO LA SECONDA CARICA DELLO STATO, IL SICULO-MILANESE IGNAZIO LA RUSSA, HA SPINTO IL GOVERNATORE DEL PIRELLONE LOMBARDO, ATTILIO FONTANA, INDOSSATI I PANNI DI NOVELLO ALBERTO DA GIUSSANO A DICHIARARE: “ANCHE SE TUTTI APPREZZIAMO LA MATRICIANA, IL NORD DÀ FASTIDIO” – DÀ COSÌ FASTIDIO CHE NEL GOVERNO DELLA “PULZELLA” DELLA GARBATELLA, SIEDONO BEN 6 MINISTRI “LUMBARD” SU 24. E BEN 5 SONO DELLA LEGA – A RISPONDERE A FONTANA, CI HA PENSATO IL RODOMONTE DEL CARROCCIO, SALVINI: “TRA UNA MATRICIANA E UNA CARBONARA TROVI I SOLDI PER SISTEMARE LE CASE POPOLARI”…

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”