mussolini vittorio emanuele iii

ANCHE IL RE HA BATTUTO UN GOLPE? - E SE FOSSE STATO DAVVERO VITTORIO EMANUELE III A FAR CADERE MUSSOLINI? - UN "REPORTAGE STORICO" RICOSTRUISCE LE ORE CRUCIALI DELLA FINE DEL FASCISMO TRA MISTERI E CONGIURE - FU IL RE CHE, GIOCANDO D'ASTUZIA PREPARÒ "L'USCITA DI SCENA DEL DITTATORE" ATTENDENDO E FACENDO IN MODO CHE FOSSE LO STESSO MUSSOLINI "A COSTRUIRSI LA TRAPPOLA DI CUI SAREBBE RIMASTO VITTIMA"

Francesco Perfetti per “il Giornale”

 

mussolini vittorio emanuele III

Il 25 luglio 1943 era domenica. A Roma la giornata, una calda e bella giornata estiva, sembrava trascorrere tranquilla ma la sensazione che fosse già accaduto, o stesse per accadere, qualcosa di grosso era nell' aria. La pittrice Leonetta Cecchi Pieraccini, animatrice di un vivace cenacolo intellettuale, appuntò nella sua agendina queste parole:

 

«Aspettavamo diversi amici che viceversa non sono giunti: e ci è mancato così il conforto di scambiarci reciprocamente opinioni e notizie. La inquietudine degli animi è generale, e raggiunge spesso il carattere di paura. Paura non si sa di che cosa. Di tutto. Oggi è festa e i giornali non ci sono».

 

PIETRO BADOGLIO

Si sapeva, in giro, che nella serata precedente e durante la notte si era svolta la seduta del Gran Consiglio del Fascismo, ma non se ne conoscevano i particolari. Il giornalista Ugo Indrio, condirettore di Roma Fascista e redattore del quotidiano Lavoro Fascista, dovendo preparare la consueta nota politica per il settimanale, decise di recarsi a Palazzo Wedekind, dove da qualche mese era stato trasferito il direttorio nazionale del Pnf e dove vantava alcune amicizie, in cerca di notizie.

 

Non ne trovò, vide soltanto volti preoccupati e se ne tornò preoccupato a casa dove si mise a scrivere la sua rubrica che non sarebbe mai stata pubblicata.

mussolini

 

Fu solo nella tarda serata, alle 22,45, che venne data notizia ufficiale attraverso la radio delle «dimissioni» di Mussolini e della nomina a capo del governo di Badoglio che lesse il proclama con l' infausta e ambigua frase: «La guerra continua». Tutti furono colti di sorpresa. Accanto alle reazioni popolari - di giubilo per la supposta fine delle operazioni belliche e per la caduta del regime o di ventilati timori per il futuro - cominciarono a diffondersi le voci più fantasiose come quella secondo la quale Italo Balbo era vivo e avrebbe presto fatto sentire la sua voce da una radio clandestina.

 

vittorio emanuele III

Di quanto era davvero accaduto durante la drammatica seduta del Gran Consiglio del fascismo non si sapeva, ovviamente, nulla. E ancor meno si sapeva di altre «congiure» immaginate o tentate, supposte o reali che avevano provocato la fine del regime. Ancora oggi, comunque, non tutto è chiaro sugli avvenimenti di quella torrida estate del '43. Non sono pochi i misteri che li avvolgono né gli interrogativi senza risposta che li circondano.

 

vercesi cover

A cercare di mettere ordine nei dati della grande sciarada del 25 luglio 1943 è un piccolo, ma denso e delizioso, libro di Pier Luigi Vercesi dal titolo La notte in cui Mussolini perse la testa. 24-25 luglio 1943 (Neri Pozza, pagg.224,euro 13,50), che si legge come un thriller storico ma che, in realtà, pone sul tappeto questioni storiograficamente significative. A cominciare da quella sulla effettiva rilevanza della seduta del Gran Consiglio ai fini del crollo del regime, che in un certo senso potrebbe essere considerato come il risultato di una sorta di «implosione interna» del partito.

 

Alla convocazione del Gran Consiglio del Fascismo, che non si era più riunito da oltre tre anni, si era giunti per la richiesta di alcuni gerarchi riuniti presso la sede del partito per discutere le iniziative propagandistiche messe in piedi dal nuovo segretario del Pnf all' indomani dello sbarco alleato in Sicilia.

 

vittorio emanuele III

Sorprendendo tutti Mussolini aveva aderito alla richiesta e Vercesi ventila l' ipotesi, peraltro ben plausibile, che, anziché di un cedimento del dittatore, si fosse trattato di un suo calcolo, di una sua «astuzia» per lasciarsi aperta la strada a mosse successive non esclusa quella di una trattativa separata di pace.

 

Comunque sia, la vicenda della convocazione del Gran Consiglio è uno dei tanti punti oscuri di questa storia. Non è l' unico: perché, per esempio, Mussolini non volle che durante la seduta ci fosse, com' era uso, uno stenografo? E perché, ancora, rinunciò al servizio di guardia dei «moschettieri del duce»? E perché, infine, non reagì di fronte all' esito di una votazione che metteva di fatto in crisi il regime? Non è ipotizzabile che tale comportamento fosse dovuto al suo stato di salute, è più probabile che egli fosse ancora convinto di avere in pugno la situazione sia per quanto concerneva il rapporto con Vittorio Emanuele III sia per quel che riguardava l' ipotesi di uscita dalla guerra.

 

mussolini

Durante la riunione del Gran Consiglio a Palazzo Venezia venne allo scoperto l' iniziativa che Dino Grandi, il «conte diabolico», aveva preparato nei giorni precedenti con l' aiuto di altri congiurati fra i quali Luigi Federzoni e Giuseppe Bottai.

 

L' ordine del giorno, poi approvato e che prevedeva la restituzione al Re dei «poteri militari e politici», era stato portato a conoscenza di Mussolini due giorni prima dal suo stesso estensore, che propose al duce di rinunciare alla riunione e di riconsegnare al re il mandato di Capo del governo. Anche qui non c' era stato nessun tentativo da parte di Mussolini di reagire.

Vittorio Emanuele III

 

Un altro mistero.

 

La «congiura» di Grandi era andata avanti preceduta da frenetici incontri con i gerarchi.

Ma, accanto ad essa, molti altri intrighi si erano sviluppati. A corte e fuori della corte. C' era la Principessa di Piemonte, Maria José, che cercava contatti in più direzioni. C' erano ambienti vaticani che scalpitavano attorno a ipotesi cervellotiche di coinvolgimento di Umberto o, persino, del genero del duce, Galeazzo Ciano. C' erano, poi, esponenti della vecchia classe dirigente liberale che avevano assunto come punto di riferimento Ivanoe Bonomi e Alberto Bergamini nelle cui abitazioni si riunivano intellettuali in odore di fronda. Ma, come osserva Vercesi, «ben scarso peso» ebbe sulla caduta del regime questo «coagularsi» di antifascismo tradizionale.

 

Un altro attore, poi, si muoveva sulla scena ma, soprattutto, dietro le quinte. Era il re Vittorio Emanuele III, che si appoggiava sul fedele ministro della Real Casa, il conte Pietro d' Acquarone , sui militari fedeli alla Casata e, anche, su settori della diplomazia tradizionalmente monarchici. Secondo Vercesi «l' unico a tenere il bandolo della matassa» fu proprio Vittorio Emanuele III, «un uomo dal carattere complicato, introverso e controverso, umiliato da Mussolini quando gli sottrasse prerogative e, al tempo stesso convinto che il duce fosse la gran testa in grado di tenere insieme l' Italia».

 

VITTORIO EMANUELE III E MUSSOLINI

Fu lui che, giocando d' astuzia, preparò «l' uscita di scena del dittatore» attendendo e facendo in modo che fosse lo stesso Mussolini «a costruirsi la trappola di cui sarebbe rimasto vittima». Il «golpe del re», insomma, fu quello davvero determinante che «utilizzò» le altre «congiure», a cominciare da quella di Grandi. Il che, per inciso, spiega anche il comportamento, apparentemente ingenuo o passivo, di un Mussolini convinto fino all' ultimo di trovare un appoggio in Vittorio Emanuele III.

 

mussolini

È davvero suggestiva la ricostruzione di Vercesi, dagli avvenimenti che portarono alla crisi del regime fino all' arresto del duce e alla nomina di Badoglio: una ricostruzione che, spesso ridimensionando luoghi comuni e versioni consolidate, mette insieme tanti tasselli come in una appassionante trama da romanzo giallo. A riprova del fatto che spesso la realtà, nella fattispecie la Storia, supera la fantasia.

vittorio emanuele IIIVITTORIO EMANUELE III E MUSSOLINI vittorio emanuele IIImussolini

Ultimi Dagoreport

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani

DAGOREPORT - MALGRADO UN’OPPOSIZIONE SINISTRATA E SUPERCAZZOLARA, L’ESTATE DELLA DUCETTA È  MOLESTATA DA BRUTTI PENSIERI - SE IN EUROPA CERCA DI DEMOCRISTIANIZZARSI, IN CASA LA MUSICA CAMBIA. SE PRENDE UNA SBERLA ALLE REGIONALI D’AUTUNNO, LA PREMIER TEME CHE UNA CADUTA POSSA TRASFORMARSI NELL’INIZIO DELLA FINE. COME È ACCADUTO AL PD DI RENZI, ALLA LEGA DI SALVINI, AL M5S DI DI MAIO. DI COLPO, DALL’ALTARE ALLA POLVERE - ECCO IL PESANTE NERVOSISMO PER LE CONTINUE “STONATURE” DEL TROMBONISTA SALVINI, CHE VEDE LA SUA LEADERSHIP MESSA IN PERICOLO DAL GENERALISSIMO VANNACCI. OPPURE QUELLE VOCI DI UN CAMBIO DI LEADERSHIP DI FORZA ITALIA, STANCHI LOS BERLUSCONES DI VEDERE TAJANI COL TOVAGLIOLO SUL BRACCIO AL SERVIZIO DELLA SORA GIORGIA. OCCORRE UN NUOVO MARINAIO AL TIMONE PER CAMBIARE ROTTA: ETTORE PRANDINI, PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI? - QUESTA È LA CORNICE IN CUI SI TROVA OGGI IL GOVERNO MELONI: TUTTO È IN MOVIMENTO, NULLA È CERTO…

ferragni city life

CHE CRASH! DA CASA FERRAGNI ALL’INSEGNA DI GENERALI, LA CADUTA DELLA MILANO CITY LIFE - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: ‘’SI È PASSATI DALLA MILANO INDUSTRIALE A QUELLA DEI CREDULONI DEL PANDORO, PER FINIRE ALLA CADENTE MILANO FINANZIARIA ORA CHE MPS VUOL PRENDERSI MEDIOBANCA PER PRENDERSI GENERALI - NEL BANDO PER CITY LIFE L’ACCORDO IMPONEVA CHE “IL 50% DELL’AREA FOSSE DESTINATA A VERDE PUBBLICO”. ECCOME NO! RENZO PIANO PRESENTÒ UN PROGETTO METÀ VERDE E METÀ CON UN GRATTACIELO E QUALCHE CASA. LO BOCCIARONO. SI SPALANCARONO COSÌ LE PORTE AD ALTRI ARCHISTAR: LIBESKIND, HADID E ISOZAKI. E COSÌ CITY LIFE È DIVENTATA UN NON-LUOGO, UN DUBAI SHOPPING MALL DIVENUTO UTILE ALLA COLLETTIVITÀ GRAZIE AL COVID, PERCHÉ LÌ CI FACEVANO LE VACCINAZIONI...

mediobanca mediolanum massimo doris nagel

MEDIOSBANCA! – BANCA MEDIOLANUM ANNUNCIA LA VENDITA DELLA SUA QUOTA DEL 3,5% IN MEDIOBANCA A INVESTITORI ISTITUZIONALI. E A NAGEL, ALLE PRESE CON L’OPS DI MPS, VIENE MENO IL PRIMO SOCIO DELL'ACCORDO DI CONSULTAZIONE TRA AZIONISTI – ERA UNA MOSSA PREVISTA DAL MOMENTO CHE L’EVENTUALE FUSIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI TRASFORMEREBBE IL CORE BUSINESS DI PIAZZETTA CUCCIA NELLA GESTIONE DEL RISPARMIO, ANDANDO A SBATTERE CON L’IDENTICA ATTIVITÀ DELLA BANCA DI DORIS E BERLUSCONI….

mattarella nordio meloni giorgia carlo sergio magistrati toghe giudici

DAGOREPORT - MENTRE ELLY SCHLEIN PENSA DI FARE OPPOSIZIONE VOLANDO A BUDAPEST A SCULACCIARE ORBAN PER I DIRITTI DEI GAY UNGHERESI, GIORGIA MELONI E I SUOI FRATELLI D’ITALIA SI RITROVANO DAVANTI UN SOLO "NEMICO": LA COSTITUZIONE - SE DALLA CORTE DEI CONTI ALLA CASSAZIONE C'E' IL MATTARELLO DI MATTARELLA, LA MUSICA CAMBIA CON LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DI NORDIO - UNA VOLTA CHE IL PARLAMENTO APPROVERÀ LA “SEPARAZIONE DELLE CARRIERE” DI GIUDICI E PM, S’AVANZA IL RISCHIO CHE LE PROCURE DIPENDERANNO DAL MINISTERO DI GIUSTIZIA - ULTIMA SPES È IL REFERENDUM CONFERMATIVO CHE PER AFFONDARE UNA LEGGE DI REVISIONE COSTITUZIONALE NON  STABILISCE UN QUORUM: È SUFFICIENTE CHE I VOTI FAVOREVOLI SUPERINO QUELLI SFAVOREVOLI - ECCO PERCHE' IL GOVERNO MELONI HA LA COSTITUZIONE SUL GOZZO...

malago meloni abodi fazzolari carraro

DAGOREPORT - CHE LA CULTURA POLITICA DEI FRATELLINI D’ITALIA SIA RIMASTA AL SALTO NEL “CERCHIO DI FUOCO” DEL SABATO FASCISTA, È STATO LAMPANTE NELLA VICENDA DEL CONI - QUANDO, ALLA VIGILIA DELL’ELEZIONE DEL SUO CANDIDATO LUCIANO BUONFIGLIO ALLA PRESIDENZA DEL CONI, QUEL DEMOCRISTIANO IN MODALITÀ GIANNI LETTA DI GIOVANNINO MALAGÒ SI È FATTO INTERVISTARE DA “LA STAMPA” ANNUNCIANDO DI ESSERE UN “PATRIOTA” CHE “FA IL TIFO PER IL GOVERNO MELONI”, HA INVIATO AI MUSCOLARI CAMERATI DISDEGNOSI DELLE REGOLE DELLA POLITICA (DIALOGO, TRATTATIVA, COMPROMESSO) IL SEGUENTE MESSAGGIO: ORMAI È TARDI PER FAZZOLARI DI INCAZZARSI CON ABODI; DA TEMPO VI HO DETTO CHE AVETE SBAGLIATO CAVALLO QUANDO AVEVATE A DISPOSIZIONE UNO CHE È “PATRIOTA” E “TIFA MELONI”, CHE HA ALLE SPALLE IL SANTO PATRONO DEGLI INTRIGHI E COMBINE, ALIAS GIANNI LETTA, E DOPO DODICI ANNI ALLA GUIDA DEL CONI CONOSCE LA ROMANELLA POLITICA COME LA SUA FERRARI…(SALUTAME 'A SORETA!)

giorgia meloni matteo salvini difesa riarmo europeo

DAGOREPORT - SALVATE IL SOLDATO SALVINI! DA QUI ALLE REGIONALI D’AUTUNNO, SARANNO GIORNI DA INCUBO PER IL PIÙ TRUMPUTINIANO DEL BELPAESE - I DELIRI DEL “BIMBOMINKIA” (COPYRIGHT FAZZOLARI) SU UE, NATO, UCRAINA SONO UN OSTACOLO PER IL RIPOSIZIONAMENTO DELLA DUCETTA VERSO L'EURO-CENTRISMO VON DER LEYEN-MERZ, DESTINAZIONE PPE – AL VERTICE DELL’AJA, LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” HA INIZIATO INTANTO A SPUTTANARLO AGLI OCCHI DI TRUMP: SALVINI È COSÌ TRUMPIANO CHE È CONTRARIO AL RIARMO E PROFONDAMENTE OSTILE AI DAZI... - MA SE DA AJA E BRUXELLES, SI SCENDE POI A ROMA, LA MUSICA CAMBIA. CON UNA LEGA SPACCATA TRA GOVERNATORI E VANNACCI, SALVINI E' UN'ANATRA ZOPPA. MA UN ANIMALE FERITO È UN ANIMALE PERICOLOSO, CAPACE DI GETTARE ALLE ORTICHE IL SUO GOVERNATORE ZAIA E TENERE STRETTO A SE' PER ALTRI DUE ANNI IL POTERE IN LOMBARDIA - IL BIG BANG TRA I DUELLANTI È RINVIATO ALL’ESITO DELLE REGIONALI (E CALENDA SI SCALDA PER SALIRE SUL CARRO DELLA FIAMMA...)