verdone si vive una volta sola

LA BATTAGLIA TRA CINEMA E STREAMING E’INIZIATA - A SORPRESA IL FILM DI VERDONE NON VA IN SALA (ANDRA’ SU AMAZON PRIME). LA FURIA DEGLI ESERCENTI CONTRO DE LAURENTIIS: “CHE SPRECO. INCOMPRENSIBILE” - IL CAMMINO DELLE RIAPERTURE APPARE MINATO: “IL CINEMA ITALIANO È IL GRANDE ASSENTE DELLE RIPARTENZE. LA SORTE DELLA COMMEDIA DI VERDONE POTREBBE SOMIGLIARE A QUELLA DEL FILM DI MASSIMILIANO BRUNO “RITORNO AL CRIMINE”, DI CUI NON SI PARLA PIÙ”

Fulvia Caprara per "la Stampa"

 

verdone si vive una volta sola

Una settimana fa clima euforico per le riaperture delle sale. Ieri, invece, mentre si registravano ovunque dati positivi sulla risposta del pubblico, l' incantesimo si spezza e il nuovo decreto finestre emanato dal Ministro della cultura Franceschini, volto a reintrodurre l' obbligo di uscita in sala per i film che ricevono contributi dallo Stato, scatena la reazione furiosa degli esercenti.

 

Sullo sfondo, ma nemmeno tanto, visti i commenti al veleno circolati tra addetti ai lavori, prende sempre più rilevanza la vicenda dell' ultimo film di Carlo Verdone Si vive una volta sola, uscito in sordina per tre giorni nelle sale romane del gruppo De Laurentiis e subito ritirato in vista del lancio su «Amazon Prime»:

 

verdone si vive una volta sola

«Durante tutti i mesi di chiusura - sottolineano con rammarico i membri dell' Anec - Carlo Verdone, da sempre al fianco dell' esercizio cinematografico oltre che, per anni, esercente del cinema "Roma" nella capitale, aveva rinnovato la propria solidarietà al settore e l' interesse a distribuire il proprio film al cinema...quella di negare al film una programmazione su tutto il territorio nazionale, anche solo per un periodo limitato, appare una decisione incomprensibile». Insomma, l' annunciata battaglia tra cinema e streaming, di cui in questi ultimi mesi si è tanto parlato, è già diventata una realtà scottante.

carlo verdone

 

Nel tentativo di proteggerne la programmazione nelle sale il Ministero della cultura stabilisce che «i film potranno approdare sulle piattaforme streaming e in televisione dopo trenta giorni dalla prima proiezione al cinema». Un arco di tempo che gli esercenti giudicano troppo esiguo. Ci si aspettava una riduzione dello spazio precedentemente stabilito (in passato era stato di 105 giorni), ma non in questa misura.

 

Nel testo ministeriale c' è anche scritto che, «per un' ordinata programmazione delle attività, il decreto prevede inoltre la validità degli accordi che gli operatori hanno siglato con le piattaforme prima del 2 maggio 2021, ossia nel periodo in cui, a causa delle chiusure delle sale, è stato temporaneamente sospeso l' obbligo di uscita in sala come pre-condizione per la distribuzione in piattaforma». Il che vuol dire che gli affari stipulati con i giganti dello streaming nei tempi bui dei lockdown a singhiozzo, sono tutelati. Da qui le preoccupazioni degli esercenti che già intravedono il pericolo più grave, e cioè che i film arrivino in streaming mentre sono ancora nei cinema e che il pubblico, avendo già pagato abbonamenti online annuali, scelga di attendere qualche settimana e di vedere il film sullo schermo di casa.

aurelio de laurentiis foto mezzelani gmt020

 

L' Associazione degli esercenti giudica «inaccettabile il decreto finestre per i film italiani», bollandolo come «un provvedimento che intende porre un equilibrio tra i film italiani e quelli internazionali, dimenticando però che in sala sono pianificati, per i primi mesi e salvo occasionali eccezioni, solo film di produzioni straniera, mentre i titoli nazionali sostenuti con ingenti investimenti del Ministero, si concentrano con l' uscita in sala in pochi mesi l' anno.

 

aurelio de laurentiis foto mezzelani gmt019

Se di riequilibrio si deve parlare, allora da giugno che il Ministro proceda con provvedimenti per portare in sala i film italiani, così come pianificato con quelli internazionali». Il cammino delle riaperture appare minato: «Il cinema italiano è il grande assente delle ripartenze - dicono ancora i rappresentanti dell' Anec -, nonostante i continui proclami di numerose produzioni, attori e registi con prodotti pronti. L' urgenza, a quanto pare, è garantirne la tutela per i prossimi 8 mesi, consapevoli che, per i prossimi 3-4 mesi, il numero di titoli italiani che approderà nelle sale sarà solo marginale».

 

La sorte della commedia di Verdone potrebbe somigliare a quella del film di Massimiliano Bruno Ritorno al crimine, di cui, dicono all' Anec, «non si parla più, mentre è un titolo che poteva essere portato in sala a settembre, quando l' 80% degli schermi era aperto». Sequel del campione d' incassi Non ci resta che il crimine, prodotto da Fulvio e Federica Lucisano, interpretato da un cast di attori molto amati dal pubblico, Marco Giallini, Alessandro Gassmann, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi, Carlo Buccirosso e Giulia Bevilacqua, il film, varie volte annunciato e cancellato, era diventato simbolo della «debacle» cinematografica causata dalla pandemia.

 

ritorno al crimine

L' ultima uscita annunciata per il 29 ottobre 2020 era saltata con l' avvio della seconda ondata di Covid: «L' importante - aveva osservato Gassmann nello scorso gennaio - è che la riapertura sia pianificata con anticipo, ci sia dato il tempo di sensibilizzare il pubblico, che le uscite siano scaglionate». Per il presidente dell' Anec Mario Lorini l' annuncio del Ministero è una delusione: «Ritenevo aperto un confronto vero, un dialogo costruttivo nell' interesse di tutti. Probabilmente mi sbagliavo». La prossima occasione di confronto dovrebbe essere mercoledì, durante le «Giornate Professionali del Cinema - Reload», nel corso dell' incontro «Ritorno al cinema» dove rappresentanti del Ministero e dell' esercizio cinematografico si ritroveranno faccia a faccia.

ritorno al crimine 9

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?