IL CINEMA DEI GIUSTI - ''POLANSKI VIOLENTATORE! PUBBLICO COMPLICE!''. BUFERA SUL NUOVO FILM DEL REGISTA, CHE FA IL PIENO DI INCASSI IN FRANCIA NONOSTANTE PICCHETTI DAVANTI AI CINEMA E RICHIESTE DI BOICOTTAGGIO - LE DONNE CHE LO ACCUSANO DI MOLESTIE O STUPRO SONO ARRIVATE A SEI, L'ULTIMA È FRANCESE E AVEVA 17 QUANDO SAREBBE STATA VIOLENTATA NELLO CHALET DI GSTAAD - POLANSKI CHE SPERAVA DI USARE IL CASO DREYFUSS PER ATTACCARE IL MACCARTISMO DEL METOO SI TROVA DI NUOVO SULLA GRIGLIA

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Marco Giusti per Dagospia

 

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“Polanski violentatore! Pubblico complice!”. Bufera sul nuovo film di Roman Polanski, L’ufficiale e la spia – J’accuse, ispirato al caso Dreyfus, premiato a Venezia lo scorso settembre, uscito il 12 novembre in Francia e che uscirà da noi il 21. In patria ha incassato un ottimo risultato nel primo giorno di programmazione: 56.680 spettatori su 545 sale, primo in classifica con oltre 300mila euro.

 

Le femministe francesi picchettano i cinema dove viene proiettato e sono anche riuscite a bloccarne uno. Ma la parte peggiore riguarda la promozione del film. Jean Dujardin, il popolarissimo protagonista, doveva andare ospite in diretta al telegiornale di France 1 e ha rinunciato. Lo stesso ha fatto, per altri motivi, Emmanuelle Seigneur. Ma Dujardin ha girato da poco un film con Adèle Haenel, Daim di Quentin Dupieux, e l’ha appoggiata quando il 4 novembre, l’attrice ha lanciato su “Mediapart” le sue accuse contro gli abusi sessuali nel cinema francese, specialmente quelli da lei subiti su un set dove era giovanissima.

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Ma il macigno contro Polanski è arrivato l’8 novembre, quando l’attrice e fotografa francese Valentine Monnier su “Le Parisien” ha accusato il regista di averla violentata a Gstaad quando era ancora minorenne. “Nel 1975 sono stata violentata da Roman Polanski, Io non avevo alcun legame con lui, né personale né professionale, e lo conoscevo appena. (..) Fu di una estrema violenza, dopo una discesa di sci, nel suo chalet, a Gstaad. Mi gettò a terra, mi dette delle botte fino a che mi arresi poi mi violentò facendomi subire tutte le vicissitudini. Dovevo ancora compiere 18 anni e ebbi la mia reazione solamente qualche mese dopo. Credetti di morire”. 

VALENTINE MONNIER VALENTINE MONNIER

 

Le stesse accuse erano state lanciate contro di lui dall’attrice Charlotte Lewis, protagonista di Pirati, che ha detto nel 2010 di essere stata abusata da Polanski quando aveva 16 anni, e dalla svizzera Renate Langer, che, come la Monnier, ha detto di essere stata violentata a Gstaad nel 1972, dove il regista ha una casa. Ma la Monnier è la prima attrice francese a accusare pubblicamente Polanski, la sesta donna in assoluto, e le sue dichiarazioni, uscite proprio durante la promozione del film hanno avuto un effetto pauroso sulla storia.

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Anche perché il violento J’accuse di Adèle Haenel, unito a queste dichiarazioni, ha avuto un effetto esplosivo su quello che doveva essere il grande film di difesa di Polanski contro il “maccartismo femminista”, come lo ha chiamato lui, la sua celebrazione di perseguitato. Al punto che un giornale come “Liberation” da una parte, con lo storico Vincent Duclert ha distrutto il film da un punto di vista storico, accusandolo di accomodare la vicenda Dreyfus e la figura del suo difensore, Picquart, al solo scopo di fare un paragone Dreyfus-Polanski, da un altro, con Camille Nevers, dimostra quanto sia difficile ora avere uno sguardo chiaro e non complice sul film.

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Perché, e qui torna la polemica già scatenata a Venezia tra opera e autore, proprio di fronte a un film che già si pone come difesa del suo autore, e che lo fa servendosi di un personaggio simbolo come Dreyfus, è assolutamente impossibile dividerlo dal suo autore. E allora cosa possono fare i critici di fronte a questa confusione? La cosa più interessante, nota Camille Nevers, è che il vero J’accuse si capovolge nella cronaca, e l’accusatrice di fatto è Adèle Haenel e l’accusato è Polanski e il film funziona quasi da boomerang per il regista ormai di 86 anni che cercava così di ripristinare onore e dignità messe in discussione, facendo di se stesso un personaggio hitchockiano di “falso colpevole”.

 

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Alla fine, scrive la Nevers, “Zola giustifica Haenel”. E “l’opera di Polanski finisce immediatamente confiscata e superata dalla notizia”. Ma c’è di più. Visto che “Il teatro degli eventi più alla moda è stato ripreso, per una volta, non dai social network con hashtag di vendetta, ma da questi buoni vecchi media a cui nessuno crede più, la stampa quotidiana, nelle colonne di una piattaforma e grazie al lavoro di giornalismo investigativo impegnato.

 

ADELE HAENEL ADELE HAENEL

Quindi, una finzione cinematografica di esercizio della verità arriva, in un incredibile paradosso e una piroetta, a coronare il fondamento del passo della rivolta radicale dell'attrice. J’accuse, il film, autentica e giustifica Adèle Haenel. Il film, d'altra parte, non è di alcun aiuto per l'uomo o l'artista, per la sua storia di autore che forse aveva premeditato. Arriva all’esatto opposto, al punto che il film di Polanski segna il trionfo di una verità completamente diversa da quella attesa, inimmaginabile una settimana fa”.

 

Ma, al di là di ogni polemica, e di ogni problema giudiziario, rimane il fatto che davvero rispetto al film non è facile mantenere uno sguardo limpido. 

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