“AH ZOZZONI, ME VOLEVATE FA’ FA’ L’HOT DOG…”, URLA CARLO VERDONE, ALLA COPPIA DI ATTEMPATI SPORCACCIONI CHE LO AVEVANO MESSO PESANTEMENTE IN MEZZO. CI SIAMO, SI TORNA A RIDERE DI GUSTO AL CINEMA, CON QUALCHE BATTUTA ANCHE UN PO' MACHISTA. INTANTO NON FA PIÙ IL BORGHESE ROMANO CHE ANCHE A 60 ANNI PASSATI DEVE ANCORA SCOPARE. ANZI, DISTRIBUISCE GENEROSAMENTE TRA PAPLEO, FOGLIETTA E MAX TORTORA…
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Marco Giusti per Dagospia

 

carlo verdone si vive una volta sola 9 carlo verdone si vive una volta sola 9

“Ah zozzoni, me volevate fa’ fa’ l’hot dog…”, urla il chirurgo Umberto Gastaldi, alias Carlo Verdone, alla coppia di attempati sporcaccioni che lo avevano messo pesantemente in mezzo. E poi seguita, rivolgendosi all’arrapato marito con barbetta della bionda non giovanissima ma peperina che lo aveva circuito: “Ora capisco perché le è venuta la rettocolite ulcerosa. Lei ci gioca troppo con quel culo!”.

 

Ecco ci siamo. Con Verdone, anche se la situazione è già vista, ultraclassica, anche un po’ machista, si torna a ridere di gusto al cinema. Direte che è una battuta volgare, verissimo, ma ci si può stare, no? Non sarà tutto a questo livello, fortunatamente o sfortunatamente, certo, ma questo “Si vive una volta sola”, suo ventisettesimo film da regista e ritorno alla situazione corale, cioè dove divide la scena con Max Tortora, Rocco Papaleo e Anna Foglietta, oltre a inanellare una serie di gag e di battute che ci ricorderemo, permette a Carlo Verdone anche qualche nuova variazione comica interessante.

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Intanto non fa più il borghese romano che anche a sessant’anni passati deve ancora scopare. La scena dell’hot dog è solo una trappola comica, e funzionante. Ma il personaggio è al di fuori di ogni desiderio sessuale, per esempio, rispetto alla sua bella strumentista Lucia Santilli, alias Anna Foglietta, che piace invece al suo anestesista Amedeo Lasalandra, alias Rocco Papaleo. E la scena dove “parla con un culo”, cioè con un sedere femminile chinato a terra, è solo comico-moralista, visto che il sedere è quello di sua figlia Tina, certa Mariana Falace ex Grande Fratello. Un po’ come accadeva, se ve lo ricordate, rispetto alla sorella Edy Angelillo che faceva pipì con la porta del bagno aperta in “In viaggio con papà”.

 

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 Lo stesso culo avevamo visto in una tristissima, ma comicissima situazione precedente che vedeva Verdone borghese romano solo sdraiato nel salotto di casa sua allibito di fronte alla tv che mostrava il culo della figlia in primo piano uno sciagurato balletto da tv berlusconiana (esistono ancora?) mentre il cameriere nero Malik (è così…) gli porta la pillola della medicina serale.

 

Lo sguardo dei due uomini rispetto al culo della ragazza, forse anche la battuta di Mali, che non ricordo, ahimé, spiega tutto. Magari c’è un po’ di moralismo maschile alla Sonego-Sordi, ma si ride sulla tristezza della situazione e sulla confusione del chirurgo rispetto al suo ruolo di padre e non sulla condizione della figlia. Poi è ovvio che non sia proprio un film femminista…

 

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Ma la novità più interessante del film rispetto alla comicità di Verdone è di averla distribuita generosamente fra gli altri personaggi, un po’ a Papaleo, l’anestesista che viene preso in giro continuamente dagli amici, un po’ alla Foglietta, la strumentista che si ritrova sempre con l’uomo sbagliato, come fosse un verdone femmina, e un bel po’ con Max Tortora, il suo assistente chirurgo che si ritrova a chiudere sempre le facce e le gag del suo capo.

 

Con Tortora, grande sorpresa vincente del film, Verdone fa quello che non aveva mai fatto con nessun altro comico prima, gli lascia tutte le palle comiche migliori per sviluppare il suo personaggio di romano cinquantenne cinico e nervoso, traditore e infelice. Tortora, mai così preciso e non debordante rispetto al suo partner, grazie alla regia di Verdone, ne diventa una sorta di prosecuzione comica da grande coppia affiatata, come se fosse il Filini-Gigi Reder di Fantozzi.

 

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Si capisce che nessun altro comico, almeno credo, avrebbe potuto al tempo stesso rimanere un passo indietro rispetto a Verdone e svilupparne le trame più divertenti. Come se, al di là del copione, con trovate un po’ troppo alla “Amici miei” (come dico basta con “C’eravamo tanto amati” dico basta con “Amici miei”, non se ne può più…), Verdone e Tortora riuscissero a mettere in scena un piccolo miracolo comico davanti alla cinepresa che forse su carta era solo accennato.

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Al tempo stesso, Verdone trasforma la storia dei tre uomini-una donna-e un tumore, quello che dovrebbe avere l’anestesista Papaleo, e per questo i suoi amici lo portano in vacanza in Puglia, un canovaccio molto visto ultimamente nel nostro cinema, in una macchina comica precisa. Perché invece di rendere drammatiche le scene dove si deve accennare alla malattia, Verdone spinge i suoi attori, soprattutto Papaleo e Foglietta, bravissimi nelle scene di sesso, nella divagazione comica continua.

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 In questo modo non c’è mai nessuna cappa da mal di testa di commedia con malattia che sembra il genere principale del nostro cinema di questa stagione. Per il resto, sì, è vero che i viaggi a Polignano, nella Apulia Film Commission, nelle masserie sponsorizzate, sono un po’ invadenti, ma dove si deve andare in vacanza?, è vero che è un film scritto da maschi attempati per un pubblico di maschi ugualmente attempati, ma, perdono davvero tutto a Carlo Verdone e al suo team, anche le trovate da “Amici miei” dei suoi allegri chirirghi, per avermi fatto ridere, e parecchio, in una stagione dove non sempre abbiamo riso di gusto, e per essere un regista di attori così preparato e generoso al punto di limitare le battute del suo personaggio, che pure dovrebbe essere centrale, e sviarle su quello di Max Tortora, che diventa una forza comica.

 

In sala dal 24 febbraio. Ma questo Malik dove lo ha trovato? 

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