il cinema dei giusti

IL DIVANO DEI GIUSTI - IN CHIARO IN PRIMA SERATA ARRIVA IL CICLONE BUD&TERENCE NEL SUPERCLASSICO “LO CHIAMAVANO TRINITÀ” (LA LEGGENDA VUOLE CHE ENZO BARBONI PENSAVA DI AVER FATTO UN FILM SERIO, TANTO CHE QUANDO SI PRESENTÒ AL SUPERCINEMA DI ROMA PER LA PRIMA SE LA PRESE QUASI: “MA CHE FANNO? RIDONO STI FIJI DE NA MIGNOTTA”) - DI STRACULTO IL BOCCACCESCO “SOLLAZZEVOLI STORIE DI MOGLI GAUDENTI E DI MARITI PENITENTI” DI JOE D'AMATO. PS: "RAI MOVIE" ALLE 5 DI NOTTE HA RIPRESO LA TRADIZIONE DI CHIUDERE I SUOI PROGRAMMI CON “SENZA BUCCIA” CON LILLI CARATI E ILONA STALLER – VIDEO

Marco Giusti per Dagospia

 

lo chiamavano trinità

E stasera che vediamo?   In chiaro in prima serata vi avverto che arriva il ciclone Bud&Terence nel superclassico “Lo chiamavano Trinità” di E. B. Clucher cioè Enzo Barboni su Rete 4 alle 21, 25. Grande è la voglia di rivederlo. Ricordo bene il giorno della prima, il 20 dicembre del 1970, stavo proprio in sala al primo spettacolo pomeridiano, in quel di Genova, al cinema Orfeo di Via XX Settembre, che ora non c’è più. Purtroppo. Mi ricordo bene però la sala strapiena e le risate. Nessuno poteva credere a un successo di questo tipo, anche se era andato già benissimo “La collina degli stivali”. Che non era un film comico.

 

LO CHIAMAVANO TRINITA

Ma la coppia Trinità-Bambino, anche se Bud e Terence già avevano fatto film insieme, si forma proprio con Trinità, piccolo film prodotto dal grosso Italo Zingarelli e da Roberto Palaggi e diretto da Enzo Barboni. L’idea di Trinità, vuole la storia, viene proprio a Barboni mentre era operatore di western in Spagna. “Trinità: un vendicatore di torti mite ma coraggioso, sobrio e pigro. Trinità si dà da fare soltanto quando non ne può fare a meno. La mia polemica era contro l’eroe sudato, sporco, la polvere, il cavallo stanco. Il mio eroe è ricco di humour, un dormiglione, guarda con distacco le donne” (Barboni, “Cinema 70”).

 

LO CHIAMAVANO TRINITA 99

Per Leone, però, Barboni arrivò al western comico casualmente, senza rendersene conto, non con un vero e proprio ragionamento. Ovviamente Barboni non era assolutamente d’accordo. “Quel film è nato da un momento di rigetto del genere, in quanto io, essendo direttore della fotografia, avendo lavorato con questo o quel regista, avevo notato che facevano tutti a superarsi in ferocia, in sangue, e in squartamenti. Quando stavo facendo con Corbucci Django, che usava persino la mitragliatrice, mettendo in scena stragi a livello di Goradze e cose del genere, ebbi un po’ la nausea di tutto questo…” (a Marcello Garofalo su “Segno Cinema”).

 

Tutti, a cominciare da Franco Nero, che ricorda di aver rifiutato il film, ricordano che Barboni girò a lungo con la sceneggiatura sotto il braccio di questo western comico che nessuno voleva fare. Lo stesso Barboni ricorda, invece, che voleva fare il film con Peter Martell e Luigi Montefiori, ma il produttore, Manolo Bolognini, lo rifiutò, pensando “Qui si parla troppo e si spara poco”. La cosa la ricorda bene anche Montefiori. “Fui io a convincere Manolo Bolognini a non farlo. Mi avevano portato il soggettino scritto da Barboni. Era una cazzata, non c’erano né le battute né le trovate che poi mise nel film. Non c’era niente. Lui, quelle cose, le mise mentre girava. Manolo mi ha rimproverato per anni di avergli fatto rifiutare il film”. A questo punto Barboni va da Zingarelli, che era suo vecchio amico. Ma, come ricorda Sergio Felicioli, direttore di produzione del film, “Zingarelli cercava di evitare come poteva Barboni, perché la sua società, la West Film, non era così florida.

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Alla fine lo fece leggere a Roberto Palaggi”, che lo coprodusse mettendoci i soldi. E alla fine entrarono anche i due protagonisti. Ma, come ricorda Terence Hill, “Il Trinità che Barboni concepì doveva farlo con altri due attori. Poi è successo che Bud Spencer e io dovevamo fare un film col produttore Zingarelli e non si trovava la sceneggiatura adatta. Si presentò Barboni con questo soggetto... io e Spencer eravamo appena usciti da I quattro dell’Ave Maria che era ironico, ma non certo comico. (..) Io stesso non avevo mai fatto ruoli comici e mi sorpresi di come potessi far ridere, per cui nacque assolutamente per caso”. Per Bud nessuno credeva al film perché allora c’era Leone e non pensavano potesse funzionare il western comico. Ma la leggenda vuole che Barboni pensava di aver fatto un film serio, tanto che quando si presentò al Supercinema di Roma per la prima un po’ in ritardo se la prese quasi: “Ma che fanno? ridono sti fiji de na mignotta”. Il film costa sui quattrocento milioni, e fa qualcosa come sei-sette miliardi. Viene battuto da “Ultimo tango a Parigi”, secondo Barboni perché quando uscì il suo film il biglietto costava 1000 lire, quando uscì Tango 1800. Così lo dice a Alberto Grimaldi: “E poi con quegli elementi che c’hai messo, Brando, il culo di quella, l’insederata, e tutte ’ste cose, per forza dovevi vincere”. L’insederata, certo, vince sempre…

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Altri film da vedere in prima serata? Direi “Minions” su Italia 1 alle 21, 20. O il bel thriller scritto e diretto da Taylor Sheridan, “I segreti di Wind River” con Jeremy Renner e Elizabeth Olsen, Rai 4 alle 21, 20, penalizzato dal fatto di essere prodotto da Harvey Weinstein mentre veniva travolto dallo scandalo del #metoo e venne quindi escluso da qualsiasi Oscar o Golden Globe, benché fosse stato lanciato sia al Sundance che a Cannes. Siamo nella riserva indiana di Wind River, fra le montagne piene di nevi, di lupi e di puma. Il cacciatore Cory Lambert, Jeremy Renner, dando la caccia a tre puma, trova il corpo di una ragazza indiana morta di freddo sulla neve coi piedi scalzi. Se non è un caso di omicidio, poco ci manca, visto che è stata più volte violentata. Indaga una agente dell’FBI, la bionda Jane Banner, Elizabeth Olsen, che chiede a Cory di darle una mano.

 

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Occhio al thriller poliziesco del 1990 “Doppia identità”, Warner alle 21, opera seconda di Sondra Locke, sfortunata moglie di Clint Eastwood, con una strepitosa Theresa Russell poliziotta che lavora come infiltrata per distruggere un traffico di droga. Molto visti sia “Red Dragon” di Brett Ratner con Anthony Hopkins come Hannibal Lecter, Edward Norton, Ralph Fiennes, Harvey Keitel, Iris alle 21, praticamente il remake di “Manhunter” di Michael Mann visto che è tratto dallo stesso romanzo di Thomas Harris, sia “La stangata” di George Roy Hill, grande affresco sugli anni ’30 americani, con Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw, Charles Durning, sette Oscar, che trovate su Canale 27 alle 21, 10.

 

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E’ una proposta allettante quella della prima trasposizione cinematografica di un celebre romanzo di Alberto Moravia, “Gli indifferenti”, diretta nel 1964 da Francesco Maselli, prodotta da Franco Cristaldi con grande cast internazionale, Claudia Cardinale, Tomas Milian, Rod Steiger, Paulette Goddard, Shelley Winters e una fotografia pazzesca di Gianni Di Venanzo, Rai Storia alle 21, 10. Magari un po’ noioso.  Su Mediaset Italia 2 avete “Lo squalo 4 – La vendetta” di Joseph Sargent con Lorraine Gary, Lance Guest, Karen Young, Mario e Melvin Van Peebles, e Michael Caine che si vantava che durante la lavorazione del film "Ho vinto un Oscar, ho costruito una casa e ho trascorso una vacanza fantastica.

 

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Non male per un film che fu un flop". Gli venne dato 1 milione e mezzo di dollari per sette giorni di lavoro alle Bahamas, e la lavorazione aveva tempi così stretti che non riuscì a ritirare l’Oscar per “Hannah e le sue sorelle” nel 1986. Roy Scheider si rifiutò di riprendere il suo personaggio (“Nemmeno Satana in persona mi può convincere a farlo”).

 

Su Cielo alle 21, 15 arriva invece lo stracultissimo “Manhattan Gigolo” di Amasi Damiani con Gianni Dei che se la tira da Richard Gere, Andrea Thompson, Aris Iliopulos, e il pelatone Eolo Capritti. Uscito prima in cassetta poi sul mercato cinematografico con la firma di tal “Aaron Humberstone”, prodotto da Luciano Di Carlo per la misteriosa Dobermann Film. Orge, attori falliti, droga-party e riflessioni sul cinema erotico. New York è in gran parte ricostruita a Roma, mentre troviamo, sul filo dell’hard, l’inedita Andrea Rebecca Thompson, che venne presentata come muova Kim Basinger, ma che poi ha realmente girato parecchi film e parecchie serie.

SOLLAZZEVOLI STORIE DI MOGLI GAUDENTI

 

In seconda serata trovate la commedia con Renato Pozzetto “Non più di uno” di Berto Pelosso con Maddalena Crippa, Giulia Fossà, Giorgio Del Bene, Cine 34 alle 22, 55, e il dramma “La prima luce” di Vincenzo Marra con Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goic, Rai Movie alle 23, 05. Marra, regista di opere anche interessanti come “Vento di terra”, “Tornando a casa”, “L’ora di punta”, fa qui un film molto personale, perché sembra che lo spunto venga proprio dalla storia privata di Marra che si è ritrovato in una situazione simile.

 

 

Cioè una moglie cilena che dopo sette anni di matrimonio prende il figlioletto e se ne torna in Cile decisa a non vedere più il marito e a non fargli vedere più il figlio. Per metà la storia si svolge in quel di Bari, dove capiamo che tra moglie e marito, la bella cilena per noi inedita Daniela Ramirez e il nostro Riccardo Scamarcio, qualcosa non va, lei lo accusa di violenza e lui non si rende mai conto di cosa intenda lei per violenza, per l’altra metà si svolge in Cile, dove l’uomo la cercherà e la troverà cercando di capire il perché della sua fuga e come riprendersi il figlio. Non è un film facile. E noi sentiamo solo la voce del regista. Su Italia 1 alle 23, 40 mi sembra più divertente “Il gatto con gli stivali” di Chris Miller. Miao!

sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti

 

Nella notte trovate un film di ladri internazionali, “The Code” diretto da Mimi Leder con Antonio Banderas, Morgan Freeman, Velizar Binev, Antony Byrne, Katie Chonacas, Rai Movie all’1, una sorta di sub-Fargo, cioè “The Big White” di Mark Mylod con Robin Williams, Holly Hunter, Woody Harrelson, Alison Lohman, Giovanni Ribisi, Iris all’1, 50, molto poco amato dala critica (“La marcia dei Pinguini era più divertente”). Su Rai Tre all’1, 55 trovate il bellissimo film diretto da Med Hondo nel 1967 “Soleil O”, dove un figlio della colonizzazione francese in Mauritania cerca di rintracciare le proprie origini. Molto meno colto e importante, ma sempre di grande culto, anzi straculto, il boccaccesco “Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e di mariti penitenti” di Joe D'Amato con Monica Audras, Marzia Damon, Francesca Romana Davila, Attilio Dottesio, Rete 4 alle 2, 45.

 

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Secondo film girato da Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi, anche se è accreditato il suo aiuto, Romano Scandariato, che si forma Romano Gastaldi. “Siccome io facevo già il direttore della fotografia, non ho voluto firmare la regia (anche perché pensavo che non fosse un grande film…)”. Massaccesi avrebbe dovuto dirigere invece il film gemello, Fra’ Tazio da Velletri, che interruppe per disaccordi con la produzione e che completa il solo Scandariato firmandolo Remo Gastaldi. Il produttore, Franco Gaudenzi, già scenografo, aveva qualche problema col titolo, aveva già bocciato il primo, Novelle grasse et sollazzevoli historiae. Stavolta aveva qualcosa da ridire su gaudenti perché lo riportava al suo cognome, ricordava Scandariato. “Il carrozzone dei Sotto-Pasolini si rotola (come fa, presumibilmente, il povero Geoffrey Chaucer nella tomba)”, scrive Nigel Gearing su “Monthly Film Bulletin”, “Ancora una volta, vecchi cornuti impotenti vengono rimpiazzati da giovani maschi virili, non c’è gara di resistenza per le loro insaziabili amanti. Ancora una volta, un tripudio di doppi sensi e molto di nascosto sotto i tavoli quando i mariti tornano prima del previsto”. Chiudo con due film imperdibili, il poliziesco di William Friedkin “Pollice da scasso” con Peter Falk, Peter Boyle, Allan Garfield e Warren Oates, Iris alle 3, 30, che non vedo da quando uscì, e il capolavoro di Glauber Rocha “Cancer” con Hugo Carvana, Odette Lara, Antonio Pitanga, Rogério Duarte e il geniale artista Hélio Oiticica, una sorta di manifesto del cinema underground brasiliano, ribattezzato udigrudi, pensato come anti-cinemanovo pur se realizzato dentro al Cinema Novo in soli quattro giorni di riprese. Lo adoro. E vi ricordo che Rai Movie alle 5 di notte ha ripreso la tradizione di chiudere i suoi programmi con “Senza buccia” con Lilli Carati e Ilona Staller. Chissà perché?

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