IL DIVANO DEI GIUSTI - STASERA IN CHIARO VEDO PARECCHI FILMONI ANNI ’60. PARLO DI UN POLPETTONE COME “IL TORMENTO E L’ESTASI” DI CAROL REED, SULLA VITA DI MICHELANGELO. IL FILM FU UN DISASTRO, MA IO IMPAZZII PER CHARLTON HESTON - ALLE 23,35 IL CAPOLAVORO “SILENCE” DI MARTIN SCORSESE, STORIA DELLE MISSIONI CATTOLICHE IN GIAPPONE - TORNA, PER LA GIOIA DEI FAN DI GLORIA GUIDA E LILLI CARATI, “AVERE VENT’ANNI” DI FERNANDO DI LEO. NON PERDETEVI LA GRANDE SCENA LESBO DELLE DUE RAGAZZE SOTTO GLI OCCHI DI UN IMPASSIBILE MASTELLONI… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

il tormento e l estasi 6 il tormento e l estasi 6

Stasera in chiaro vedo parecchi filmoni anni ’60. Parlo di un polpettone come “Il tormento e l’estasi” di Carol Reed, Tv2000 alle 20, 55, la vita di Michelangelo e i suoi rapporti con Giulio II, interpretati da Charlton Heston, per me l’unico Michelangelo possibile, e Rex Harrison, mi hanno detto Venantino Venantini e Lars Bloch che era sempre ubriaco dopo le due di pomeriggio. Ma ci sono anche Diane Cilento, la moglie di Sean Connery, Harry Andrews come Bramante, Tomas Milian come giovane Raffaello Sanzio, Alberto Lupo, Adolfo Celi.

 

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Tutto girato a Roma, fotografato da Leon Shamroy e il nostro grande Piero Portalupi alla seconda unità. Ricordo che assieme al film era abbinato un documentario, fotografato proprio da Portalupi, sulla Roma di Michelangelo che non ho mai più rivisto. Leggo che era musicato interamente da Jerry Goldsmith, che aveva composto anche la colonna sonora del film assieme a Alex North, ma senza avere nessun credito sui titoli. Al punto che venne candidato all’Oscar il solo North.

 

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Il film fu un disastro, otto milioni di dollari di perdita per la Fox di Darryl F. Zanuck, ma io impazzii per Charlton Heston – Michelangelo. Anche per Charlton Heston quella era il suo personaggio preferito di sempre. Rifiutò qualsiasi allusione al fatto che Michelangelo fosse o potesse essere gay, per Heston non era così, e nemmeno per Irving Stone, che aveva scritto il libro da cui venne tratto il film. Per approfondire il tema Michelangelo vedo che su Rai 5 alle 21, 15 avete anche il bellissimo “Il peccato – Il furore di Michelangelo” girato da Andrei Konchalovsky in 14 settimane in gran parte sui monti delle Apuane con veri cavatori e scalpellini grazie al ricco oligarca benefattore utraputiniano, Alisher Usmanov, che ha permesso al regista qualsiasi spesa.

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 Il film è notevolissimo e si permette di far interpretare Michelagelo allo sconosciuto ma ispirato Alberto Testone. Altro che l’eroe di Charlton Heston. Non l’avete mai visto un Michelangelo così, usuraio, attaccato al denaro, bugiardo, traditore, sodomita, doppiogiochista, invidioso, che si muove tra le strade di Roma (“ci incontri sempre un prete, un pellegrino, una puttana”), di Firenze e di Carrara tra bettole fetenti e continue vagonate di piscio e merda che piovono dall’alto, ma è capace anche di innamorarsi di un gigantesco pezzo di marmo bianco, un mostro che vuole portare nel suo studio a ogni costo, di dialogare con Dante nei deliri creativi, di far continui conti di ducati e zecchini.

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Ricostruito con assoluta precisione, al punto che lo scenografo Maurizio Sabatini non solo costruisce un gigantesco masso di marmo bianco il cui spostamento dalle montagne di Carrara sarà il perno del film, ma anche la Cappella Sistina dipinta da Michelangelo per Giulio II, il film segue un preciso momento della vita dell’artista, che va appunto dalla fine della Sistina e del papato di un Della Rovere, all’arrivo di un papa Medici con i rovesci di fortuna che ne seguirono. Da una parte così Michelangelo si ritrova a dover portare a terminxe il grande monumento funebre per Giulio II per i Della Rovere, da un’altra ha sul collo il fiato dei Medici e il nuovo papa che gli chiedono di lavorare per loro a Firenze.

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Michelangelo, che in cuor suo ama il denaro ma odia i potenti, non sa come uscire da questo impasse che può portare per lui, il suo piccolo gruppo di assistenti-schiavi e la famiglia anche più attaccato al denaro di lui, solo danni. Ma sa anche che solo grazie ai potenti può arrivare dove vuole nella scultura.

la conquista del west la conquista del west

Era un gran polpettone anche “La conquista del West”, film a episodi western diretti da registi del calibro di John Ford, Henry Hathaway, George Marshall, ma c’è lo zampino anche di Richard Thorpe. Il cast spazia da James Stewart a Gregory Peck, da John Wayne a Henry Fonda, da Carroll Baker a George Peppard, ma c’è spazio anche per Eli Wallach (un ruolo che venne attentamente osservato da Leone), Lee Van Cleef (che sul set perse la falange della mano sinistra), Lee J. Cobb, Walter Brennan. Fotografia incredibile di grandi maestri di Hollywood, William Daniels, Philip Lathrop, Joseph LaShelle, Milton Krasner.

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Jean-Marie Straub, sulle pagine dei Cahiers, sosteneva che l’episodio sulla Guerra Civile di John Ford fosse il miglior film del 1962. Parlo di Straub… Per noi il mondo si divideva tra chi, nelle grandi città, aveva visto il film in Cinerama, coi tre schermi che avvogevano lo spettatore, e chi, come me, abitando a Grosseto, mi ero dovuto accontentare della copia con lo schermo che sembrava composto da tre schermi attaccati con lo scotch. Lo trovate su Iris alle 21, ovviamente senza quell'aura di splendore che gli aveva dato il Cinerama nel 1962.

 

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Cine 34 alle 21 si butta su “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì, coi coatti romani de destra contro i radical chic de sinistra sull’isola di Ventotene. Silvio Orlando, Laura Morante, Antonella Ponziani fanno le zecche chic mentre i coatti bottegai sono Ennio Fantastichini, Piero Natoli, Sabrina Ferilli, Paola Tiziana Cruciani. Ovvio che tutti, di destra e di sinistra, si vogliano trombare la Ferilli. C’è anche, giovanissima, Teresa Saponangelo che fa la figlia di Mario Scarpetta, padre del giovane Edoardo. Su Canale 20 alle 21, 05 passa il fantascientifico “Divergent” di Robert Schwentke con Shailene Woodley, Theo James, Kate Winslet, Octavia Spencer, Naomi Watts, Miles Teller.

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Ricordo molto divertentente “Tammy”, canale 27 alle 21, 10, commedia con Melissa McCarthy che alla fine di una giornata di merda scopre pure che il marito la tradisce e decide di partire, andare dalla madre e poi chissà dove. Lo dirige Ben Falcone, vero marito della McCarthy, anche autrice con lui della sceneggiatura. Ci sono Allison Janney, Susan Sarandon, Kathy Bates, Dan Aykroyd, Mark Duplass. Rai Movie alle 21, 10 presenta il biblico, ambiziosissimo “Noah” di Darren Aronofsky con Russell Crowe che fa Noè, Jennifer Connelly, Anthony Hopkins, Emma Watson, Ray Winstone.

 

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Ricordo che faceva u po’ ridere. “Una tazza di tè?”, chiede il vecchissimo Matusalemme di Anthony Hopkins chiuso nella sua grotta al nipote Noè che gli è venuto a chiedere delucidazioni sul suo sogno riguardante il Diluvio Universale. Insomma. Non ci sono compromessi rispetto a questo “Noah” un film che Aranofsky ha costruito in quindici anni, scrivendolo assieme al suo sceneggiatore Ari Handel, neurobiologo ebreo-svizzero già responsabile del misticheggiante “The Fountain”, poi al disegnatore canadese Niko Henrichon, col quale hanno dato vita a una graphic novel “Noah” che servirà quasi come storyboard, e infine a John Logan, lo sceneggiatore di “Il gladiatore” e “Rango”.

 

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 O lo accetti o non lo accetti. Ma se lo accetti devi digerire non tanto il Noah guerriero di Russell Crowe che sceglie, rispettando la giustizia del Creatore, non si dice mai Dio, di lasciar morire tutto il genere umano salvando solo gli animali innocenti e la sua famiglia, ma di farti piacere pure gli “watcher”, sorta di angeli custodi finiti sulla terra e diventati dei giganteschi Transformer di roccia che lo aiutano a costruire l’Arca. O di farti piacere l’idea del cattivo re Tubal Cain, discendente dalla razza di Caino, un grande Ray Winstone, che spara con una specie di fuciletto agli watcher per entrare anche lui nell’Arca di Noè.

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 E, ancor più profondamente, di rispettare la scelta di Aronofsky di fare del suo protagonista un padre pronto a uccidere la sua stessa stirpe forte dell’idea che lui ha della giustizia del Creatore. Il Noè di John Huston ne “La Bibbia” era molto più tradizionale, ma anche molto più divertente. Gli animali erano veri, e non costruiti digitalmente, e non si addormentavano con i fumi oppiacei, l’Arca non era una specie di Nuvola di Fuksas a forma di parallelepipedo in attesa di una decina di milioni della nuova giunta comunale per essere conclusa. E, ovviamente, non aveva affatto questa impostazione ebraica che può dare noia al mondo cattolico.

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Non parliamo poi del mondo arabo, che ha rifiutato da subito il film. Inoltre, essendo un film, alla fine, non così caro rispetto al suo progetto, 130 milioni di dollari, e essendo i trucchi tutti costruiti digitalmente con un inutile 3D, non c’è un millimetro di volto in primo piano di Russell Crowe e della sua compagna, la bellissima Jennifer Connelly, o della simil figlia Emma Watson che non ci vengano risparmiati.

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 In questo modo, senza totali, non vediamo cosa accade dietro e si risparmia parecchio sulle spese. Per le scene della parte iniziale, Aronofsky si serve dei grandi set islandesi, ma da quando il terreno da brullo e desertico diventa una foresta, grazie a una palletta miracoloso proveniente dal Giardino dell’Eden che ha dato a Noé il vecchio Matusalemme, tutto diventa foresta e set digitale, un mischione di “Hobbit” e malickata newage.

 

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Butter” di Jim Field Smith con Olivia Wilde, Hugh Jackman, Ashley Greene, Jennifer Garner, Alicia Silverstone, Cielo alle 21, 15, è una commedia costruita sulle capacità di un'orfana afro-americana adottata da una famiglia del Midwest di costruire statue col burro. E’ così. Su Canale 5 alle 21, 20 avete la commedia diretta da Edoardo Leo “Buongiorno papà” con Raoul Bova, Marco Giallini, Edoardo Leo, Nicole Grimaudo, Rosabell Laurenti Sellers.

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Al tempo notavo che in nessun altro film della sua carriera Bova è stato mai maltrattato così pesantemente. Coglione! Testa di cazzo! Ma vaffanculo, va! In poche parole ’no stronzo! Lui se li prende tutti, docilmente, senza reagire. Non solo. Si mostra nel pieno della sua fragilità, si trucca occhi e capelli fin dai titoli di testa (molto carini), si mostra a letto in mutanda con pacco all’aria assieme all’amico scemo prendendosi pure l’epiteto di frocio da parte del grande Marco Giallini, ormai diventato il nuovo Mario Brega della commedia italiana.

 

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 Qualsiasi cosa si possa dire, nel bene e nel male di questo “Buon giorno papà”, che gioca tra il realismo parolacciaro romano di Max Bruno, cosceneggiatore e soggettista, il brizzismo delle produzioni Lucisano, cioè il voler piacere a tutti e il Moccismo di ritorno col personaggio piacione del protagonista, bisogna notare che più che una commedia è un film sullo stato di star di Raoul Bova.

 

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Un regalo per i suoi fan, più o meno femmine più o meno etero, che lo vedranno in tutto il suo candore e nel pieno dell’esibizione del suo corpo. Basterebbe pensare al finale dove, per recuperare la figlia che non conosceva, l’incantevole Rosabell Laurenti Sellers, che gli si è presentata a sedici anni alla porta di casa rovinandogli la vita, si scatena in una corsa per le strade di Orvieto, nudo. Insomma, al di là del valore della sua recitazione, è un vero divo. E ciò basta.

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Rai Uno alle 21, 25 risponde con un melo sentimentale tedesco ambientato negli studi cinematografici Babelsberg nella Berlino del 1961 un attimo prima del muro, “Un sogno per te” di Martin Schreier con Ken Duken, Emilia Schüle, Nikolai Kinski. In seconda serata i film più curiosi e meno visti sono il vecchio “Buongiorno, elefante” di Gianni Franciolini con Vittorio De Sica, la sua compagna Maria Mercader e Sabu, il protagonista de “Il ladro di Bagdad”, Cine 34 alle 23, 15. Ci sono anche Nando Bruno e Gisella Sofia. La storia vede un principe indiano che regala a De Sica, squattrinato maestro con quattro figli che gli ha fatto da Cicerone a Roma, un vero piccolo elefante…

 

avere vent’anni avere vent’anni

Torna, Cielo alle 23, 15, per la gioia dei fan di Gloria Guida e Lilli Carati, “Avere vent’anni” di Fernando Di Leo. Non perdetevi la grande scena lesbo delle due ragazze sotto gli occhi di un impassibile Mastelloni. Su La7 alle 23,15 trovate il complesso “Cloud Atlas”, diciamo film a sei episodi incastrati in maniera non lineare fra di loro, diretti da Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski.

avere vent’anni avere vent’anni

 

 Definito dalla maggior parte dei critici americani come il peggior film del 2012, un disastro apocalittico viste le ambizioni smisurate del romanzo e del film e la presenza di un cast stellare che va da Tom Hanks a Halle Berry, da Hugo Weaving a Hugh Grant, da Jim Sturgess a Susan Sarandon, da Jim Broadbent a Ben Whishaw, tutti in più ruoli, spesso irriconoscibili e truccatissimi al punto che Halle Berry diventa un'ebrea bianca e Hugo Weaving una terribile capoinfermiera sadica (grande momento stracult!), "Cloud Atlas" può non essere un film riuscito e portare alla rovina i suoi investitori, ma è pieno di idee e di trovate, buone e pessime, ma che non ci lasciano mai indifferenti.

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Anche se sarà difficile da far credere ai fan più tenaci della saga di "Matrix", che le idee più wachowskiane e mille rimandi tra un episodio e l'altro vengono proprio dal romanzo, che Natalie Portman fece leggere a (Larry poi diventata) Lana Wachowski sul set di "V per vendetta". La Portman avrebbe dovuto interpretare il personaggio più fantascientifico, quello dell'eroina Sunmi 451 (come il romanzo di Ray Bradbury “Fahrenheit 451”) che si ribella allo stato oppressivo e cannibale in un terribile futuro alla "Soylent Green".

 

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 I sei episodi del film, che si svolgono in sei diversi momenti temporali (il 6 è anche il numero ricorrente di tutto il film e dei suoi personaggi), e vanno dal 1849, in pieno schiavismo, al 1936, poi dal 1973 al 2012 e a due diversi futuri, uno alla Matrix nel 2144 e uno postatomico, “106 inverni dopo la Caduta”, non procedono come nel romanzo uno dopo l’altro in ordine cronologico, fermandosi però in momenti di preclimax prima di svelare i sei finali in successione, ma si alternano fra di loro con un montaggio alla “Babel”. Dentro ogni episodio c’è qualcuno che legge la storia di un episodio precedente.

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Su Rete 4 alle 23, 25 avete il più tranquillo “Lo squalo 3” di Daniel Alves con Dennis Quaid, Bess Armstrong, Louis Gossett jr., Simon MacCorkindale, che in realtà si intitola “Lo squalo 3D”, perché fu uno dei primi film degli anni 80 che rilanciò il 3D. Magari è da vedere. Ci sarebbe anche “Annabelle 3” di Gary Dauberman con Vera Farmiga, Patrick Wilson, Mckenna Grace, Madison Iseman, Katie Sarife, Italia 1 alle 23, 35. Su Rai Movie alle 23, 35 il capolavoro, ma non per tutti, vi avverto, “Silence” di Martin Scorsese, tratto dal romanzo di Shusako Endo, con Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Ciarán Hinds, Tadanobu Asano, Issei Ogata. Storia delle missioni cattoliche in Giappone.

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Quando, dopo due ore di silenzio, Dio spiega al protagonista, padre Rodrigues, che lui è sempre stato a suo fianco, che è sempre stato lì mentre lui sui soffriva, magari attraverso la presenza del suo personale Giuda, Kichijiro, che lo ha sempre tradito e gli ha chiesto sempre, dopo, confessione e perdono, il film finalmente si apre. E, forse, anche noi spettatori intuiamo a cosa sia veramente interessato Martin Scorsese che per tanti anni ha inseguito questo “Silence”, ponderoso, faticoso viaggio nel silenzio di Dio, una non-voce che diventa voce solo grazie alla fede e alla comprensione dell’altro, ma anche kolossal storico-cattolico tratto dal fondamentale libro di Shusako Endo del 1966, già portato sullo schermo da Masahiro Shinoda nel 1971, sul martirio dei cristiani convertiti e dei missionari gesuiti nel Giappone del ’600.

 

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Nessun film di Scorsese, che per me è forse il più grande regista vivente, che non ci ha mai tradito, da “Mean Streets” a “Il lupo di Wall Street” ai pilot meravigliosi di Boardwalk Empire e Vinyl, nemmeno “L’ultima tentazione di Cristo” o “Kundun”, ha questa ossessione ben visibile sia per la ricerca della fede, cioè per la ricerca della voce di Dio che spezzi il nostro non sentire altro che il suo silenzio, sia per la ricerca dell’immagine di Dio in noi stessi. Vi segnalo su Iris alle 00, 05 un capolavoro western di Anthony Mann, “Lo sperone nudo” con James Stewart, Robert Ryan, Janet Leigh e Ralph Meeker.

 

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Su Rete 43 all’1, 45 torna il terribile “Mondo Candido” di Jacopetti e Prosperi con Christopher Brown, Michelle Miller, Gianfranco D'Angelo, Alessandro Haber. Decisamente più interessanti le proposte di “Breakfast Club” di John Hughes, Iris alle 2, grande film generazionale con Emilio Estevez, Anthony Michael Hall, Ally Sheedy, Judd Nelson, Molly Ringwald o dell’hippy movie “Katmandu” di André Cayatte con Renaud Verley, Jane Birkin, Elsa Martinelli, Serge Gainsbourg, anche se ricordo che all’epoca mi deluse non poco. Sembrava già un vecchio film. Rai Movie alle 3, 50 si butta sulla stravaganza “L’uomo scimmia” di William Beaudine con Bela Lugosi, Louise Currie, Wallace Ford, Henry Hall.

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Cine 34 alle 2, 55 presenta una di quelle commedie erotiche di Franco Giraldi che puntavano su temi forti e mai trattati della borghesia malata del tempo, come lo scambio di coppie in questo non fortunato ma molto interessante “Cuori solitari” con Ugo Tognazzi, Senta Berger, Gianna Serra, Silvano Tranquilli. Raccontava Giraldo a Luciano De Giusti che Tognazzi aveva dei problemi con la protagonista, Senta Berger.

 

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“Non condivideva la sua evoluzione in relazione al personaggio femminile, che era di una sessualità un po’ assopita, e che però si risvegliava sul finale. Tognazzi non sopportava il capovolgimento fra il suo ruolo e quello della Berger, soprattutto quando il suo personaggio si fa giurare dalla moglie di non aver avuto alcun rapporto adulterino. (..) Non è che non condividesse la sceneggiatura. Si lamentava del fatto che secondo lui Senta Berger non fosse adatta per la parte. Lui avrebbe voluto Ira Furstenberg, perché lo rassicurava una donna dall’apparenza normale dal punto di vista cinematografico, più volgarotta se vogliamo.

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L’occhio della Berger, così incisivo, così acuto e intelligente non gli piaceva. Fu un problema per lui. Dopo, a film finito, ne rimase comunque soddisfatto. (..) Quando il film uscì, come tematiche era forse un po’ più avanti rispetto alla sensibilità del tempo. Per esempio, in Sicilia il pubblico si indignò, non apprezzando i modi sessuali così espliciti dei protagonisti. (..) Non si trattava di commedia all’italiana, magari anche audace, ma di qualcosa di più”.

 

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Chiudo con il più tranquillo “Puccini” di Carmine Gallone, Iris alle 5, 10, con Gabriele Ferzetti, Marta Toren, Nadia Grey, Paolo Stoppa, biopic in Technicolor del 1952 assolutamente da rivedere. Ma Stoppa che parte fa?

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