FRECCERO, LA FILOSOFIA DI BONCO - "NON ERA UNO SCENEGGIATORE, MA UNO SCENOGRAFO DELLA BELLEZZA. LA BELLEZZA È TALE PERCHÉ INCONSAPEVOLE, INSENSATA, PRIVA DI CONTENUTI E DI SIGNIFICATI. GALLEGGIA SULLE NOSTRE VITE PERCHÉ LEGGERA E DISANCORATA DA QUALSIASI LEGAME REALE. È NATURALMENTE STUPIDA E PROPRIO PER QUESTO GRADEVOLE. LE SUE SCENOGRAFIE REGGEVANO IL PROGRAMMA COME E PIÙ DI UNA SCENEGGIATURA O DI UN FORMAT’’

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VIDEO - LA SIGLA DI ‘DOMENICA IN’ 89-90

 

 

 

CARLO FRECCERO - "GIANNI NON ERA UNO SCENEGGIATORE, MA UNO SCENOGRAFO DELLA BELLEZZA"

Carlo Freccero per ‘il Fatto Quotidiano

 

carlo freccero (3) carlo freccero (3)

Non è casuale che una canzone di Gianni Boncompagni, il tormentone "a far l' amore comincia tu, ahh ahh ahh ahh" cantato da Raffaella Carrà, sia diventato la colonna sonora de La grande bellezza di Paolo Sorrentino. La visione del mondo e della bellezza di Sorrentino e quella di Boncompagni coincidono. La bellezza è tale perché inconsapevole, insensata, priva di contenuti e di significati. Galleggia sulle nostre vite perché leggera e disancorata da qualsiasi legame reale. È naturalmente stupida e proprio per questo gradevole.

 

La vita è un vuoto. La bellezza la rende accettabile, ma la bellezza è a sua volta un vuoto.

gianni boncompagni crociera gianni boncompagni crociera

In un' intervista Boncompagni spiegava come, malgrado la fama conseguita in tv, i suoi maggiori guadagni gli venissero dalla Siae e fossero legati alle sue canzoni, tanto orecchiabili da penetrare dentro, così "naturali" da ripetersi in automatico in testa contro ogni volontà. Quei motivi, a differenza di pezzi più "impegnati", hanno invaso il mondo.

Boncompagni era un teorico della televisione come vuoto.

 

non e la rai non e la rai

Questo vuoto però, per essere accettato e cercato, come una droga della cui ripetizione abbiamo bisogno, doveva essere colmato dalla bellezza. La bellezza di quei testi naif, ripetitivi e nello stesso tempo sofisticati. La bellezza visiva soprattutto. Ho sempre pensato che Boncompagni fosse prima di tutto un artista, un utopista della bellezza, uno che ideava scenografie che riassumevano e risolvevano tutto il programma. Non era uno da contenuti, non era uno sceneggiatore, ma uno scenografo. Ma le sue scenografie reggevano il programma come e più di una sceneggiatura o di un format.

domenica in by gianni boncompagni 89 90 domenica in by gianni boncompagni 89 90

 

Boncompagni odiava i format, schemi sovrapposti alla spontaneità che la televisione può mettere in scena. Ho lavorato con lui in diverse occasioni e la sua prima intuizione di programma si costruiva all' interno di una scenografia.

 

È stato così per il flop di Crociere . È stato così per Macao , che anche lui riconosceva come una delle sue creature più innovative e geniali. Macao è un buco lungo e stretto, una rete tribale, una specie di ring in cui si affrontano personaggi di una bellezza insensata e di una comicità surreale.

 

domenica in by gianni boncompagni 89 90 domenica in by gianni boncompagni 89 90

Macao ha fatto scuola perché ha trattato la bellezza mettendola su una specie di giostra che girava su se stessa. "Ballerina di Siviglia, non mostrare la caviglia / ballerina di Siviglia, non fare niente, non fare niente". Il vuoto e la bellezza senza talento a riempirlo. Il vuoto e il tormentone visivo e auditivo delle canzoncine replicate da un episodio all' altro. E a Macao si è formata tutta la nuova comicità che ancora oggi calca le scene. Né satira, né impegno.

 

L' assurdo nella sua migliore performance. L' assurdo come piacere. Ero un fan di Boncompagni ben prima di conoscerlo.

Raffaella Carrà Raffaella Carrà

 

Essendo un po' più giovane di lui, lo seguivo come pubblico a casa e ne capivo la carica innovativa. Quando c' erano ancora il servizio pubblico e la televisione pedagogica, Boncompagni anticipava la televisione commerciale come liberazione dello spettatore dall' ingerenza autoritaria del "senso". Io, non a caso, ero destinato a cominciare la mia carriera con la tv commerciale. Ma entrambi abbiamo condiviso l' idea che, se volevamo fare Televisione, volevamo farla preferibilmente in Rai.

 

Eravamo, in qualche modo "aziendali".

GIANNI BONCOMPAGNI E RAFFAELLA CARRA GIANNI BONCOMPAGNI E RAFFAELLA CARRA

C' era un' altra cosa a unirci: il rispetto della liturgia. Io ho frequentato il seminario. Boncompagni amava la chiesa per le sue capacità spettacolari.

Per i suoi 80 anni gli regalai una mitria vescovile. Ne fu entusiasta. Boncompagni era così, eternamente sospeso tra naturalezza e coreografia, praticità e bellezza, surgelati e scenografia.

 

 

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