“I FAN CHE MI SEGUIVANO IN DISCOTECA 40 ANNI FA, ORMAI LI VEDO SOLO IN FARMACIA” - AMANDA LEAR TRA IL SUCCESSO A TEATRO E UN NUOVO ALBUM – "UN TEMPO VOLEVO SEDURRE ANCHE IL FRUTTIVENDOLO O UN CANE. E NON ERA SOLO UNA QUESTIONE SESSUALE. OGGI MOLTO MENO. DALI’ DICEVA CHE ERO UN ANGELO MELANCONICO" – E POI IL RUOLO DELLA DONNA SOTTOVALUTATO IN TV E QUELLA PROPOSTA DI TOTO CUTUGNO… - VIDEO

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Leonardo Martinelli per "Specchio - la Stampa"

 

Nel pomeriggio di un autunno dolce e intimo, nel cuore di Parigi, al teatro della Porte Saint-Martin, ritroviamo un'Amanda Lear diversa, più vera. A partire dal ruolo che sta interpretando qui tutte le sere.

amanda lear amanda lear

 

Dal 2009 in Francia il palcoscenico è diventato la sua nuova vita (una delle mille, tra cantante di disco music, musa di Salvador Dalì e David Bowie, personaggio televisivo, pittrice). «E durante il confinamento mi chiamavano per propormi di ritornare a teatro con la solta commedia divertente. Io rifiutavo. Mi sono detta: se mi faccio rivedere, voglio sorprendere, altrimenti resto nella mia bella casa in Provenza a dipingere, con i miei gatti».

 

D'un tratto è arrivata la proposta di Michel Fau, attore impegnato ma anche imprevedibile («un fuori di testa», sintetizza Amanda). Il titolo della pièce: Che fine hanno fatto Bette Davis e Joan Crawford?, sulla falsariga di un film indimenticato,

 

Che fine ha fatto Baby Jane?, di Robert Aldrich, anno 1962. Raccontava la rivalità tra due sorelle, vecchie attrici, una sulla sedia a rotelle (la Crawford) e l'altra pazza e alcolizzata (la Davis).

 

AMANDA LEAR AMANDA LEAR

Il riflesso della guerra che le due interpreti si erano fatte davvero sul set. Ecco, la pièce racconta proprio questa vicenda, un faccia a faccia tra Fau (che, travestito, è la Davis) e la Lear (che, con una parrucca e irriconoscibile, è la Crawford): lettere che si inviano, un confronto feroce e cinico. «È un ruolo diverso: non più le donne trionfanti, stupende e seducenti che avevo interpretato finora - racconta Amanda -. Si tratta di una diva alla fine della carriera, perfida e cattiva. È un ruolo più serio, drammatico». La critica francese plaude, il pubblico anche.

 

playboy ita amanda lear playboy ita amanda lear

 A un certo punto Fau, che è pure regista, la fa morire sul palco cantando. Il brano è la versione inglese di una canzone di Charles Trenet, Que reste-t-il de nos amours, scritta nel 1942. Fa parte del nuovo album di Amanda, Tuberose. Pure questo è un ritorno, l'ultimo risaliva al 2016.

 

C'è la disco music?

«Per niente. I fans che mi seguivano in discoteca quarant' anni fa, ormai li vedo solo in farmacia.

 

 

Nel nuovo album ho raccolto una serie di grandi classici francesi, ma non scontati, pezzi di artisti come Alain Bashung, Miossec, Serge Gainsbourg, Barbara, Jacques Dutronc C'è anche un remake di una canzone italiana, Amandoti, dei Cccp, con cui collaborai nel passato. Canto con un pianoforte e una chitarra la solitudine, il tempo che passa, gli amori finiti. È un album malinconico, ma non triste».

amanda lear amanda lear

 

«Una ventina d'anni fa - ricorda - Toto Cutugno me lo aveva proposto: ti scrivo una canzone strappalacrime italiana, saresti adatta. Io avevo rifiutato. Ma aveva ragione lui: io sono molto malinconica». In questo pomeriggio a Parigi, imprevedibilmente tiepido, rassicurante, l'Amanda burlesca della tv sembra lontana anni luce.

 

«Quello è un personaggio che ho inventato, quando iniziai a lavorare per le televisioni di Berlusconi. Vidi che il ruolo della donna in Italia era sottovalutato. Faceva da spalla al mattatore o al conduttore, il Pippo Baudo di turno. E allora mi costruii quel personaggio, che dice la sua, che prende in giro l'uomo piacevo alle donne italiane che guardavano la tv: per loro era una sorta di rivalsa».

 

salvador dali' e amanda lear negli anni 60 salvador dali' e amanda lear negli anni 60

Dalì, invece, il grande pittore, capì subito chi fosse Amanda: «Diceva che ero un angelo melanconico, come il disegno di Albrecht Dürer, che ne raffigura uno disperato. Lui faceva di tutto per tirami fuori da questa depressione. Io mi rifiutavo di prendere degli psicofarmaci. E dovevo sforzarmi a essere più allegra e ottimista. Oggi mi riesce meglio, perché non ho più i problemi di una volta, quell'esigenza di sedurre comunque. Era troppo importante per me e non era tanto e solo una questione sessuale: volevo sedurre anche il fruttivendolo o un cane. Oggi molto meno». Ritorna sempre Amanda. Forse questa volta è ritornata davvero.

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