“IO PORTAVO I TURISTI A VEDERE L'ISOLA DELLE ROSE. MA NON HO MAI VISTO FESTE, GENTE BALLARE E BAR COME NEL FILM SU NETFLIX” - MASSIMO FRANCHINI, CHE ERA UN RAGAZZO NEL ’67 QUANDO INIZIÒ L’AVVENTURA DELLA REPUBBLICA ESPERANTISTA AL LARGO DI RIMINI, STRONCA IL FILM DI SIBILIA - “ERANO ANNI SFRENATI, UNA FOLLIA COME QUELLA CI POTEVA STARE. E AVEVA CREATO UN INDOTTO” - SI PARLAVA ANCHE DI UNA STAZIONE DI RIFORNIMENTO PER LE BARCHE, CON CARBURANTE ALLEGGERITO DAL PESO DELLE ACCISE, VOCE QUEST'ULTIMA CHE NON È STATA DEL TUTTO SMENTITA… - VIDEO

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Fabio Pozzo per "la Stampa"

 

l'incredibile storia dell'isola delle rose l'incredibile storia dell'isola delle rose

«Io portavo i turisti a vedere l' Isola delle Rose. Ma non ho mai visto feste, gente ballare come nel film su Netflix». Massimo Franchini è un architetto navale, figlio del maestro d' ascia Michele detto Guido, quest' ultimo tra i pionieri della nautica sull' Adriatico, che apre nel 1945 il suo primo cantiere a Riccione. Scali che sono poi portati avanti dalle stesso Massimo, che dagli Anni Ottanta in poi li traghetta dall' artigianalità all' industria. Il padre, giusto per tornare indietro, inventa la «motonave», un barcone nato per portare a spasso i turisti lungo la costa romagnola degli Anni Sessanta. «La prima era stata Marinella, che era il nome di una mia cugina. Arrivavi a portare 80-100 turisti alla volta», ricorda Franchini. E «Marinelle», a Riccione, sono diventate tutte le motonavi di quel genere.

 

La digressione ci porta proprio al 1967, quando inizia a sorgere l' Isola delle Rose, al largo di Rimini, l' intuizione dell' ingegnere Giorgio Rosa, che vi istituì uno «Stato», la Repubblica Esperantista dell' Isola delle Rose, lingua ufficiale l' esperanto, francobolli, una moneta mai battuta, bandiera, governo e inno, una sorta di «bug» nelle maglie dello Stato italiano (ma era oltre le acque territoriali), che quest' ultimo tollererà fino ad un certo punto, tanto da poi far intervenire gli incursori per demolirla. Una bella storia che è tornata a galla di recente con il film L' incredibile storia dell' Isola delle Rose, in onda sulla piattaforma Netflix.

matilda de angelis elio germano l'incredibile storia dell'isola delle rose matilda de angelis elio germano l'incredibile storia dell'isola delle rose

 

«Era il 1967, ero un ragazzo e lavoravo come mozzo sulla motonave costruita da mio padre, la Marinella, durante la stagione estiva. Ogni giorno, intorno alle 10,30-11, salpavamo dal porto di Riccione per portare i turisti a vedere l' Isola delle Rose. Era una bella uscita, piuttosto lunga, perché l' isola era a circa 6 miglia da Rimini, ma da Riccione il percorso si allungava: una navigazione di 10-12 miglia ad andare e altrettante a tornare. Tanto che arrivavamo con i passeggeri che avevano lo stomaco in subbuglio».

 

Nell' estate del 1967 c' era poco da vedere, però. «C' erano gli operai che lavoravano, non ho mai visto altri. Ma funzionava. L' Isola incuriosiva, era un richiamo turistico».

L' anno seguente, meglio ancora. «L' Isola era costruita, ma io non ci ho mai visto molta gente sopra. Poche persone, che mi sembravano un po' dei reclusi».

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Nel film di Netflix si ricostruiscono feste, musica, balli, tante barche attraccate o ancorate intorno. «No, mai visto nulla del genere. Mai visto nemmeno l' ombra di un bar, come appare invece nel film.

 

Però, ripeto, alle tedesche in bikini piaceva l' idea. C' era anche un' altra motonave che faceva un servizio simile al nostro da Rimini».

 

Due stagioni, dura l' Isola delle Rose. Nel febbraio 1969 è fatta saltare con cariche esplosive dai militari. Rosa e il suo governo vanno in esilio, l' utopia rientra, anche se la sua storia sopravvive. Ci si interroga sulle reali intenzioni di Giorgio Rosa, che voleva fare dell' Isola? «A Riccione si parlava dell' ipotesi di un casinò. Ma ciò valeva un po' per tutte le località della costa.

 

Quelli erano anni pazzeschi, dove nonostante l' ingessatura burocratica, sembrava che fosse tutto possibile, realizzabile.

 

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Così, dell' Isola delle Rose si diceva anche che avrebbe ospitato una radio libera, tipo quelle inglesi, alla Radio Essex. E poi c' era sempre qualcuno che se ne usciva dicendo che ci doveva essere un "giro di donne", che in Romagna non può mai mancare».

 

Si parlava anche di una stazione di rifornimento per le barche, con carburante alleggerito dal peso delle accise, voce quest' ultima che lo stesso Rosa non ha mai del tutto smentito.

«Quel che posso dire è che a terra nessuno s' era mai scandalizzato, oppure aveva preso l' Isola delle Rose per una minaccia, tipo la Cuba dell' Adriatico, i sovietici o che altro. Tanto che quando fu demolita in tanti ne presero le difese, amministrazioni incluse».

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Franchini insiste ancora sul clima di quegli anni, della Romagna lanciata a cento all' ora nella nuova era del turismo.

 

«Ripeto, tutto era possibile.

 

Andavamo a mille, a chi mi chiedeva quando mai dormissi, rispondevo che lo avrei fatto a ottobre, novembre. Erano anni sfrenati, dove anche una follia come l' Isola delle Rose ci poteva stare. Fermo restando che l' Isola aveva creato un indotto, le potenzialità c' erano, e questo per gente abituata a trasformare tutto in business non era male».

 

giorgio rosa quello vero giorgio rosa quello vero

Veniamo ancora al film su Netflix. «È carino, ricostruisce l' atmosfera di quei tempi, anche se l' ha butta un po' troppo in caciara, marcando gli stereotipi del romagnolo. La storia dell' Isola delle Rose è un po' romanzata. Diciamo che il libro precedente di Walter Veltroni ( L' Isola delle Rose", Rizzoli) è un po' più aderente agli aspetti storici e documentali, anche se poi indulge troppo sulla retorica del' 68 e del giovanilismo».

 

Franchini si è fatto una sua idea, su Giorgio Rosa e la sua Isola. «Era un ingegnere, aveva costruito un' opera che non aveva uguali. Probabilmente, aveva anche una vena di stravaganza e di follia dalla sua.

 

la vera isola delle rose la vera isola delle rose

Ma questo era normale in quegli anni. Da noi, in Romagna, se non eri un po' matto non ti davano la cittadinanza. Quindi, probabilmente l' ingegnere è partito con un intento commerciale e poi l' idea gli ha preso la mano, accompagnandosi anche penso a una certa insofferenza per le resistenze che la stessa idea aveva incontrato».

Tutto era possibile, in quegli anni, anche l' impossibile.

massimo franchini massimo franchini

 

Fino a un certo punto, perché poi l' isola è stata fatta saltata.

Resta il ricordo, che ben ha fatto Sibilia ha rinnovare col suo film. «Ho solo un rammarico, sul film. La colonna sonora. Un' occasione mancata per far rivivere la musica di allora, quelle hit bellissime».

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