lucio dalla

“LUCIO DALLA È STATO IL PIÙ ORIGINALE E BIZZARRO DEI CANTAUTORI” – MOLENDINI: “NON SONO D’ACCORDO CON IL MIO ANTICO AMICO DARIO SALVATORI. È VERO, TANTE SUE CANZONI SONO FRUTTO DI COLLABORAZIONI, CONTRIBUTI, ASSOCIAZIONI, MA SONO ANCHE IL RISULTATO DELLA SUA CAPACITÀ DI ASSEMBLARE E METTERE INSIEME TUTTO QUELLO CHE GLI CAPITAVA A TIRO" - "LUCIO ERA UNA SPUGNA, UNA  SPUGNA CHE DICEVA DI VENIRE DAL MARE, MA ANCHE QUESTA ERA UN’ INVENZIONE. INARRESTABILE E IRREQUIETO, UN TURBINIO INCESSANTE, PRENDEVA E FACEVA SUO QUELLO CHE ASCOLTAVA E AVVERTIVA, COME UN ARTISTA DI UNA VOLTA…” - VIDEO

 

Marco Molendini per Dagospia

 

marco molendini foto di bacco

Caro Roberto, non sono d’accordo con il mio antico amico (antico perché ci conosciamo da un’eternità) Dario Salvatori: per me Lucio Dalla è stato il più originale dei cantautori, il più originale e il più bizzarro con la sua galleria di racconti capaci di tenere insieme fantasia musicale e letteraria.

 

Bozzetti dalla struttura instabile e dalla prosa fantasiosa, sorprendenti e colorati, dotati di una scaltrezza veloce, sofisticati e popolari. A volte ultrapopolari come Attenti al lupo e come la stessa Caruso, non la migliore ma la sua canzone più conosciuta al mondo, proprio per quel suo richiamarsi direttamente alla classicità della melodia larga, evocativa, operistica.

Lucio Dalla

 

Canzoni dal profilo netto, incisivo e suggestivo: difficile trovare un affresco di una città più intimo e maestoso di La sera dei miracoli, o l’imprevedibilità di Come è profondo il mare («Siamo noi, siamo in tanti/Ci nascondiamo di notte/Per paura degli automobilisti, dei linotipisti/Siamo i gatti neri, siamo pessimisti/Siamo i cattivi pensieri/E non abbiamo da mangiare»), o un'accorata preghiera sul domani più laica, efficace, erotica e sempre attuale di Futura (“I russi, i russi, gli americani/ No lacrime, non fermarti fino a domani”), o un ritratto umano più azzeccato di Anna e Marco, o ascoltare versi folgoranti come quelli di un capolavoro come Piazza Grande («E se non ci sarà più gente come me/voglio morire in Piazza Grande/tra i gatti che non han padrone come me attorno a me»).

 

 

antonello venditti lucio dalla claudio baglioni simona izzo francesco de gregori

È vero, tante sue canzoni sono frutto di collaborazioni, contributi, associazioni, ma sono anche il risultato della sua capacità di assemblare e mettere insieme tutto quello che gli capitava a tiro.

 

Lucio era una spugna, una  spugna che diceva di venire dal mare, ma anche questa era un’ invenzione perché era uomo di città diventato cittadino del mare per adozione. Inarrestabile e irrequieto, alle prese coi suoi telefonini e i suoi cento progetti, oggi qui domani là in un turbinio incessante, prendeva e faceva suo quello che ascoltava e avvertiva, come un artista di una volta. E, nella sua bottega, coltivava e allevava i discepoli,  le amicizie e le collaborazioni.

 

ron lucio dalla 2

È un giudizio il mio lontano dall’anniversarismo incensatorio, questi dieci anni, per quanto mi riguarda, hanno contribuito a rendere più lucido il giudizio, indipendentemente e nonostante le lodi d’occasione, da cui preferisco non essere condizionato.

 

E, a renderlo concreto, il mio giudizio, ha contribuito sicuramente la freschezza che quelle canzoni hanno conservato, perché sono canzoni personali, oltrechè difficili, solidamente legate al suo modo di interpretarle.

dario salvatori foto di bacco 82)

 

Chi ha provato ad avvicinarle quasi sempre è rimasto scottato, con un’unica eccezione quella di Fiorella Mannoia che ha saputo maneggiarle con cura secondo la prescrizione dettata da questi versi: “Canzone trovala se puoi/dille che l'amo e se lo vuoi/va per le strade tra la gente/diglielo veramente/non può restare indifferente/e se rimani indifferente/non è lei”.

 

So benissimo l’influenza che su Dalla hanno esercitato la black music e il  jazz in particolare, lo so bene perché Lucio l’ho conosciuto, io ragazzino, in quei mitici festival del jazz di Bologna, dove era sempre presente, meravigliato e solitario con una lunga barba e l’aria sdrucita. Lo so bene anche se non mi piaceva quando faceva il buffone smontando il clarinetto  su Misterioso, un tema magico di un genio del jazz come Thelonious Monk.

lucio dalla con i flippers

 

Ma è indubbio che, nel suo mestiere di autore e interprete, quelle influenze più che scimmiottarle le abbia utilizzate, mettendole a frutto per costruire l’originalità della sua opera e una musicalità spesso assente dal cantautorato parolaio.

 

Alla fine, persino definire Dalla solo cantautore è insufficiente, perché di quel mestiere e di quel ruolo ha dilatato i confini, li ha resi incerti. Perché quel vestito (per lui di taglia extrasmall) gli stava stretto, tanto da costringerlo a muoversi freneticamente, a lambire i territori del caos (era il primo a dirlo), a inventarsi discografico, talent scout, uomo di tv, autore di opere musicali (La Tosca), gallerista, artista vivace, autonomo, indipendente, capace di sfuggire alle regole e agli schemi, ma di tenersi anche lontano dall'usura della professione, anche quando l'estro magari non ha più le risorse dei tempi d'oro.

 

lucio dalla

 

E forse sta proprio in questo suo essere diverso (una diversità che comprendeva intimamente anche l'omosessualità, seppure non dichiarata e mai accennata neppure artisticamente) e sta in questo essere speciale, un curioso della vita senza freni, il segreto della durevolezza del suo successo, spalmato su cinque decenni molto lontani fra loro.

 

 Ce l'ha messa tutta Lucio anche per non farsi imbalsamare nel ruolo della pop star. Con determinazione e con ironia. La stessa che usava quando ricordava che l'altezza non era certamente un suo complesso e che, per questo, si era scelto come hobby uno sport agli antipodi rispetto alla sua prestanza fisica, il basket.

 

LUCIO DALLA PAOLA PALLOTTINO

Anche l'uso che faceva del parrucchino era spudorato: una maschera di scena che era diventata parte di una maschera di vita scelta per accompagnare e respingere i pregiudizi fisici, lui uomo piccolino, peloso, precocemente pelato, decisamente bruttino. Un'immagine che specie agli inizi, negli anni Sessanta, lo ha penalizzato, costringendolo al riscatto cercando il ridicolo, il grottesco, accentuando le sue capacità clownesche («da buffone trovarobe» si definiva), sfruttando ancora l'eclettismo che veniva dalla lunga frequentazione del jazz come clarinettista in una città vivace e proficua come Bologna (nella famosa Rheno jazz band con Pupi Avati, poi nella Second roman New Orleans jazz band).

lucio dalla gianni morandi

 

Un sentimento dell’essere altro che vive nelle sue canzoni, come canta Disperato erotico stomp: “L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. E lo sapeva al punto di vedersi in un futuro “Vestito da torero/Una torta in mano/L'orecchio puntato verso il cielo” (Telefonami tra vent’anni).

 

 

 

 

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