patrizia cavalli 13

“LA MORTE VORREI AFFRONTARLA AD ARMI PARI, ANCHE SE SO CHE INFINE DOVRÒ PERDERE…” – IL RICORDO BY SILVIA RONCHEY DELLA POETESSA PATRIZIA CAVALLI SCOMPARSA A 75 ANNI DOPO UNA LUNGA MALATTIA – "FU ELSA MORANTE A 'FARLA POETA', A RICONOSCERE IN LEI L’ARTE. GIOCAVA A POKER DA PROFESSIONISTA, CON GRANDI VINCITE E GRANDI PERDITE, COSÌ COME IN AMORE. SCAVALCAVA CATULLO: 'TI ODIO PERCHÉ NON TI AMO PIÙ, PERCHÉ NON POSSO PERDONARTI DI NON RIUSCIRE PIÙ AD AMARTI…'

Silvia Ronchey per “la Repubblica”

 

PATRIZIA CAVALLI 13

È morta a 75 anni dopo una lunga malattia. Attenta interprete del linguaggio ci lascia in eredità il talento assoluto di coniugare versi, teatro e musica «La morte vorrei affrontarla ad armi pari / anche se so che infine dovrò perdere, / voglio uno scontro essendo tutta intera, / che non mi prenda di nascosto e lentamente». Ad armi pari Patrizia Cavalli ha affrontato la morte, in un lungo duello ingaggiato e sostenuto da quel guerriero che era sempre stata e ancora era.

 

La deroga che duellando ha spuntato alle pigre divinità e alla pigra sorte è durata sette anni, tanti quanti Odisseo trascorse nel tempo sospeso dell'isola di Calipso prima di rifiutare definitivamente l'immortalità e partire sulla sua zattera per il lungo viaggio. Per il suo viaggio Patrizia Cavalli è partita nel mezzogiorno del solstizio d'estate.

 

elsa morante

L'onda della sua vita e della sua poesia, che si identificavano, si è alzata, è crollata, è rientrata nelle acque profonde «dove prepara attraverso i millenni / la sua prossima identica uscita / il suo prossimo identico crollo». Tutta la vita l'aveva passata combattendo contro una diversa, ma non del tutto, malattia, quella contro cui lotta ogni poeta: la patologia del linguaggio, la sua originaria imperfezione, il disordine che gli è connaturato e in cui solo un'enorme fatica, un corpo a corpo di mente e psiche, può depurare la piaga dell'imprecisione.

PATRIZIA CAVALLI

 

Solo una lotta serrata e continua per districare dal caos la purezza di ciò che chiamiamo poesia può guarirlo. Come ha scritto di lei Alfonso Berardinelli: «Quando una cosa è precisamente detta, la mente guarisce dal malessere, dalla malattia dell'imprecisione».

 

La purezza della dizione era lo scopo per cui scriveva. Perché è questo a distinguere poesia e non poesia: raccogliere il massimo del significato nel minimo del significante, usare l'estrema economia. E così «la purezza non è altro che il risultato dell'energia e vitalità linguistica e l'energia è anche la possibilità di ottenere il massimo con la minima quantità di parole».

 

elsa morante 2

Nata a Todi nel 1945, approdata a Roma poco più che ventenne, nel fatale '68, fu Elsa Morante, come lei stessa amava ricordare, «a farla poeta»: a riconoscere in lei la poesia. Da allora le sue raccolte di versi, quasi tutte pubblicate da Einaudi, hanno scandito la storia della letteratura e anche quella della cultura popolare italiana: Le mie poesie non cambieranno il mondo ( 1974), Il cielo ( 1981), L'io singolare proprio mio (1992), riunite nello stesso anno in Poesie (1974-1992) . E poi Sempre aperto teatro (1999), La guardiana (2005, pubblicata da nottetempo), Pigre divinità e pigra sorte ( 2006), Datura ( 2013), Vita meravigliosa (2020), cui si aggiungono la raccolta di prose Con passi giapponesi (2019) e le traduzioni teatrali ( Anfitrione di Molière, il Sogno di una notte di mezza estate e l'Otello di Shakespeare).

 

PATRIZIA CAVALLI 13

Traduceva l'indicibile in lingua, traduceva dall'una all'altra lingua, ma soprattutto volgeva in musica la lingua; e anche il contrario. Da bambina suonava il pianoforte. Nella canzone incisa con Diana Tejera ( Al cuore fa bene far le scale ) e in quella composta con Chiara Civello ( E se ) come nelle versioni jazz delle poesie di Emily Dickinson che cantava incantando gli amici, era strenuo il suo rapporto con la musica. Nell'immediatezza lessicale e sintattica del linguaggio quotidiano e contemporaneo in cui scriveva, nel suo uso ibrido della dizione letteraria e del parlato, le misure metriche classiche entravano, entrano, in modo così naturale da restare nascoste, quasi clandestine; salvo l'agguato, a tratti, delle rime.

PATRIZIA CAVALLI

 

E anche per questo Patrizia Cavalli è stata, è, il massimo poeta italiano contemporaneo. Perché la sua poesia non è stata, non è, un esercizio fatto per sé, né tanto meno per essere analizzato dai critici, ma un'armoniosa medicina universale dispensata per curare tutti. A migliaia - di ogni età, sesso, mestiere, estrazione sociale, formazione culturale - hanno affollato le sue performance nei teatri e nelle sale da concerto. In migliaia conoscevano e conoscono e portano a memoria i suoi versi.

 

Più numerosi delle foglie di qualunque corona d'alloro di poeta laureato sono i fogli fermati dagli scatti dei cellulari che cospargono la rete di sue singole poesie o singoli versi sottolineati dai lettori, postati senza commenti, come un farmaco collettivo messo silenziosamente in circolo: un segreto antidoto al dolore universale, «ai misteri di ciò che solo in apparenza è chiaro», in cui «le ragioni e le condizioni del piacere e del dolore, i mutamenti impercettibili e decisivi che confondono o che intensificano quello che sentiamo e siamo », per citare di nuovo il suo primo esegeta, sono sottratti all'ombra e arresi all'evidenza.

 

PATRIZIA CAVALLI

Perché il sentire e l'essere di Patrizia Cavalli si erano esercitati anzitutto in una vita pienamente e impavidamente vissuta. Giocava a poker da professionista, con grandi vincite e grandi perdite, così come in amore. Conosceva la verità sull'amore - che non esiste l'amore, esiste chi ami - ma anche il richiamo e la ragione di spogliarsi in fretta per riposare dentro l'accecante dolcezza di un corpo che ci aspetta. Scavalcava Catullo: ti odio perché non ti amo più, perché non posso perdonarti di non riuscire più ad amarti. Sapeva che sarebbe sopportabile ogni male se non ci fosse l'interpretazione: sarebbe quel che è, non quel pugnale che uccide e vuole pure aver ragione.

 

Patrizia Cavalli – Con passi giapponesi

Cosa non doveva fare per togliersi di torno la sua nemica mente, ostilità perenne alla felice colpa di essere quel che era, al suo felice niente. Poteva rimanere a guardare come si scioglie una nuvola e come si scolora, come cammina un gatto per il tetto. Ascoltare i suoni ampi e lontani che non aprono il mattino, diversità del fuori, ma sono lo spavento del giorno e dei rumori. Annotare la sfusa felicità che assale le facce al sole, i gomiti e le giacche, le dolcezze sparse nel mercato sotto casa, la bellezza degli uomini e le donne. Andare dietro all'uno e guardare l'altra, sentire il profumo, inseguire la sua traccia, raggiungere il troppo; ma il troppo - diceva - non mi abbraccia.

 

PATRIZIA CAVALLI

Era una professionista della vita come della poesia, ed è l'indistinzione tra l'una e l'altra, alla fine, il vivere poetico. Essere testimoni di se stessi, sempre in propria compagnia, mai lasciati soli in leggerezza, doversi ascoltare sempre, in ogni avvenimento fisico, chimico, mentale, è questa la grande prova, l'espiazione, è questo il male.

 

Sapeva che ogni interruzione di abitudine è dolore, e che la morte lenta è un lento cambiamento di abitudine, lento dolore che si esercita all'evento. Che tutti i futuri morti sono già morti abbandonati e che noi stessi, presaghi della nostra morte, ci esercitiamo con largo anticipo all'abbandono. Ma prima di morire - si diceva - forse potrò capire la mia incerta e oscura condizione. Forse per non morire - sospettava - continuo a non capire, sicura in questa chiara confusione.

PATRIZIA CAVALLI

 

«E me ne devo andare via così?/ Non che mi aspetti il disegno compiuto / ciò che si vede alla fine del ricamo / quando si rompe con i denti il filo / dopo averlo su se stesso ricucito / perché non possa più sfilarsi se tirato. / Ma quel che ho visto si è tutto cancellato. / E quasi non avevo cominciato ».

Silvia Ronchey

 

La camera ardente di Patrizia Cavalli sarà allestita venerdì 24 giugno dalle 10 alle 12.30 nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, a Roma

PATRIZIA CAVALLIPATRIZIA CAVALLI COVERPATRIZIA CAVALLI 8PATRIZIA CAVALLI 5PATRIZIA CAVALLI 6PATRIZIA CAVALLI 7PATRIZIA CAVALLI

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...