“TUTTI BARDATI CON GUANTI E MASCHERINE: È COSÌ IRREALE...” – IL MAESTRO DELL’HORROR STEPHEN KING, CHE NEL ROMANZO ‘L’OMBRA DELLO SCORPIONE’ RACCONTO’ UN’EPIDEMIA, PARLA DEL MONDO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS: “ABBIAMO VISTO POCHE SCENE DI PANICO, MA BASTA UN COLPO DI TOSSE E CI ASSALE LA PAURA..." - E POI LE BASTONATE A TRUMP: “E’ COME QUELLO CHE VUOLE SPEDIRE LA SPAZZATURA NELLO SPAZIO PER ELIMINARE L’INQUINAMENTO. E LA GENTE GLI CREDE” - E SU BIDEN…

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stephen king stephen king

Intervista di David Marchese per The New York Times pubblicata dal “Corriere della Sera” - (Traduzione di Rita Baldassarre) 

 

“Non capisco proprio - mi dice Stephen King - perché vuole parlare con me in un momento come questo». Tanto per cominciare, il nostro prolifico autore di mega bestseller pubblica un nuovo libro, stavolta una raccolta di racconti, Se scorre il sangue .

 

Ma il vero motivo è quello di cogliere l' occasione per vedere come appare il mondo, in questi ultimi giorni, agli occhi di uno scrittore che ha saputo descrivere in modo così convincente la distruzione seminata da una terribile epidemia - nel suo romanzo apocalittico L' ombra dello scorpione - e che conosce a fondo ciò che ci terrorizza. E proprio in quel tardo e buio pomeriggio del nostro primo colloquio, mentre la pioggia sferzava le mie finestre e scuoteva gli scuri, perfino il maltempo sembrava prepararsi a una conversazione con lo scrittore 72enne. Ma torniamo alla sua domanda: perché volevo intervistare Stephen King? Perché proprio in questo momento, nelle sue stesse parole, «stanno succedendo cose strane».

 

Sette anni fa, il New York Times Magazine pubblicò un profilo su di lei e la sua famiglia. Si parlava di uno dei vostri giochi preferiti, nel quale uno di voi imbastisce la trama di una storia che vede il protagonista in pericolo, e poi tutti gli altri devono scrivere un epilogo drammatico, su due piedi.

stephen king cover stephen king cover

«È proprio vero, l' idea era di Joe. A mio figlio Joe piacciono queste sfide».

 

Facciamo una prova?

«Perché no? Ma ci scommetto che lei ha già in mente qualcosa».

Ecco il canovaccio dell' azione. Accade proprio adesso, durante la pandemia. Un germofobo non vuole assolutamente uscire di casa, ma ha la dispensa vuota. Il telefono ha smesso di funzionare, e non riesce a ordinare nemmeno online, perché i servizi di consegna di cibo a domicilio non sono in grado di offrirgli una disponibilità.

Prosegua lei.

«Bene, abbiamo questo tizio che ha paura di uscire. È terrorizzato all' idea di metter piede fuori casa perché il virus è ovunque. È un uomo che continua a lavarsi le mani ossessivamente.Immagina i germi che pullulano sulle sue mani e gli risalgono lungo le braccia e pensa: In casa sono al sicuro, ho disinfettato ogni cosa e indosso i guanti, ma ho una fame pazzesca. Che cosa mangerò? Si guarda intorno e dice, "Fido!

Bello, Fido, vieni qui!"».

Non male!

«È chiaro che il nostro tipo avrebbe già fatto fuori le scatolette del cane. E allora perché non mangiare anche l' animale?».

 

Lei ha raffigurato scenari apocalittici in ogni sua opera. Che cosa trova di strano o interessante nel modo in cui il mondo reale ha reagito a un evento come questa pandemia?

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«La cosa che trovo più sconvolgente è il susseguirsi incessante dei cambiamenti. Solo un mese fa la gente entrava nei negozi. Andare oggi al mercato e vedere tutti bardati con guanti e mascherine, sembra irreale. Nel mio libro L' ombra dello scorpione , tutto accade così rapidamente che nelle strade si formano paurosi ingorghi di macchine. Ovvio, questo non è accaduto. Abbiamo visto poche scene di panico.

Ma si avverte - lo avverte lei, lo avverto io, tutti lo avvertiamo - un timore costante che serpeggia tra gli americani. Se solo starnutisci, o tossisci, la prima cosa che ti passa per la mente è "forse me lo sono beccato anch' io"».

 

È questo il motivo della sua ansia?

«Lo sa, c' è un romanzo di Robert Harris, Il sonno del mattino , che si svolge in un futuro lontanissimo, dopo un tremendo disastro verificatosi nel ventunesimo secolo. Ci si affanna a scoprire di che cosa possa essersi trattato, quando vengono rinvenute delle carte scritte da qualcuno che ipotizza quello che potrebbe accadere se si verificasse un evento pauroso, tipo coronavirus. L' autore di quelle carte fa notare che in tutte le principali città in soli sei giorni si rischia di fare la fame, per l' interruzione della catena degli approvvigionamenti. Ecco, io mi preoccupo un po' per il cibo».

 

Lei sa come funziona un intreccio. E se provassimo a proiettare le sue competenze in ambito politico? Il presidente Trump ha avuto successo elaborando una narrativa tutta sua sull' America. Quale potrebbe essere la narrativa di Joe Biden?

«Purtroppo Biden non ha avuto l' occasione di raccontare la sua storia, e qui sta la sua difficoltà. I dibattiti delle primarie erano appena terminati, e le tribune ancora gremite di candidati, quando il coronavirus ha colpito. Biden è stato imbavagliato a tutti gli effetti. Ma la sua narrativa potrebbe essere questa: volete qualcuno che sia capace di affrontare una situazione come la pandemia, oppure qualcuno che è talmente concentrato sulla sua immagine personale da non riuscire a vedere nient' altro al di fuori di sé stesso?».

 

Trump le ricorda per caso qualcuno dei suoi personaggi?

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«Greg Stillson, il protagonista ne La zona morta . Stillson è un politico e a un certo punto dice: "Vi dico una cosa. Quando sarò presidente, spediremo la nostra spazzatura nello spazio. E non ci sarà più inquinamento sulla terra". E la gente crede alle sue parole! Come la gente ha creduto alle promesse di Trump, quando diceva che avrebbe costruito un muro e il Messico lo avrebbe finanziato. Non è forse così? La gente è alla ricerca di risposte semplici e reclama il condottiero: l' immagine di Trump coincide con le aspettative popolari.

 

Nel suo On writing. Autobiografia di un mestiere , lei sottolinea il fatto di appartenere all' ultima generazione di scrittori che non sa che cosa significa avere facile accesso alla tecnologia delle comunicazioni. Secondo lei, il modo in cui siamo incollati agli schermi potrebbe avere ripercussioni negative sulla nostra immaginazione?

«È una domanda di tale portata che non saprei da dove cominciare. È un po' come i due asini che si incrociano sul ponte e uno di loro non porta nulla sul dorso, mentre l' altro fatica sotto un grosso basto di pacchi e bagagli. Il primo asino dice, "Caspita, porti un bel carico!" E l' altro risponde, "Ma di che carico vai parlando?". Ci si abitua. Non so quanto tempo passa lei ogni giorno a controllare i suoi dispositivi, ma ci scommetto - e mi dispiace confessarlo - che è così per la maggior parte di noi. Mi alzo la mattina e la prima cosa che faccio è vedere se ci sono messaggi o mail.

 

STEPHEN KING STEPHEN KING

Nel 2013 ho creato il mio profilo Twitter (Stephen King ha 5,8 milioni di follower, ndr) e ho sviluppato una vera e propria dipendenza. Non ho una risposta alla sua domanda. So soltanto che è cambiato il modo in cui lavoro. Magari sto scrivendo e mi interrompo perché penso, "Voglio parlare di un pick-up del 2000," e subito vado su Firefox e non scrivo più un rigo perché mi perdo a guardare i vari modelli di pick-up che andavano in voga nel 2000. La distrazione, oggi, è sempre in agguato».

 

Lei passa molto tempo su Twitter. Credo che proprio in On writing lei accenni al fatto di non sapere realmente a che cosa sta pensando finché non l' ha buttato giù per iscritto. Forse Twitter è un supporto che le consente di fare proprio questo?

it capitolo 2 it capitolo 2

«Solitamente pubblico due tipi diversi di messaggi su Twitter. Uno è umoristico, si propone di far ridere. Metto le foto del mio cane, che sta raccogliendo qualche follower, come "Molly, quella Cosa Malefica". E faccio battute innocue. L' altro genere di tweet è questo: sono un americano, mi considero un animale politico, e Trump mi manda su tutte le furie. La sua stupidità, soprattutto. Ma non è colpa sua. È lui che è così. Trovo molto più scandalosa la sua pigrizia.

 

Ci sono molti commenti di questo genere nel libro A very stable genius (resoconto impietoso della presidenza di Trump, pubblicato quest' anno, ad opera di due giornalisti del Washington Post, Carole Leonnig e Philip Rucker, ndr ) sulla sua totale incapacità di concentrarsi per leggere le carte. Leggere le carte! Proprio così. Potrebbe farlo lei, potrei farlo io, al suo posto, perché abbiamo il senso della responsabilità. Voglio dire, non sono mancati presidenti stupidi anche in passato.

 

Gerald Ford non era certo un' aquila. Ma quando guardi Trump, ti rendi conto che forse non sa nemmeno leggere quello che ha davanti. Secondo me non sa nemmeno scrivere. E chi non sa leggere e non sa scrivere non è nemmeno capace di pensare, a mio avviso. E questo sarebbe il nostro comandante in capo».

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() Se lei oggi si trovasse a scrivere It , rifarebbe la scena di sesso tra Beverly e i ragazzi del club dei perdenti? Alcuni pensano che quel pezzo non abbia retto al cambiamento della sensibilità, sopravvenuto in questi ultimi anni.

«Non saprei. La cosa buffa di quella scena è che, quando l' ho scritta, aveva la stessa importanza della Derry Public Library nella narrativa.

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La biblioteca pubblica di Derry è composta da un edificio per i grandi, e da uno per i bambini, e le due parti sono collegate da un tunnel di vetro. Ho scelto una metafora per parlare del passaggio dall' infanzia all' età adulta. Riguardo l' argomento del sesso: il sesso è per gli adulti, giusto? Non per i dodicenni. Ma nella storia volevo parlare di quella transizione e di tutto ciò che si perde quando non si è più bambini e ci si trasforma in adulti.

 

Quando ho scritto la scena in cui tutti i ragazzi fanno sesso con Beverly, era come invitarli a lanciare un messaggio a loro stessi da adulti, come a dire, sei ancora in tempo per tornare indietro, per riscoprire quanto basta della forza della tua immaginazione e affrontare quell' essere ancora così lontano da te. È questo il senso della scena.

 

STEPHEN KING 4 STEPHEN KING 4

All' epoca non sono state sollevate obiezioni, a livello editoriale. Nessuna recensione mi ha accusato di fare pornografia indirizzata ai bambini. E difatti non ce n' era, perché i tempi erano diversi. Ma quando i lettori si imbattono in quella scena, oggi, ecco che giudicano gli anni Ottanta con i criteri del ventunesimo secolo. Questo succede spesso ai nostri giorni.

 

Motivo per cui molte scuole non permettono più ai ragazzini di leggere un libro come Huckleberry Finn, sostenendo che "non possiamo far leggere questo libro nelle nostre scuole perché è pieno di riferimenti volgari e offensivi nei confronti dei neri." Mi riferisco a questo atteggiamento. Nell' ultimo libro di Michael Connelly - uno scrittore fantastico - quella parola, "nigger", è scritta così "n-----." Mentre la parola volgare per fare sesso abbonda ovunque. Negli anni Cinquanta, era consentito usare il dispregiativo per i neri, ma non la scurrilità per l' atto sessuale. Oggi è esattamente l' opposto. Le sensibilità cambiano. Riscriverei, oggi, la scena di It ? Quasi certamente no. Ma all' epoca non mi era sembrata particolarmente scandalosa o inopportuna».

 

Questi cambiamenti intercorsi non li giudica positivi? L' esempio che ha portato riguardo Michael Connelly, non è che forse oggi si dà per scontato che una di quelle parole è semplicemente volgare, e nemmeno tanto scandalosa, mentre l' altra possiede una carica emotiva di grande negatività?

stephen king odio volare, 17 storie turbolente stephen king odio volare, 17 storie turbolente

«Questa è l' essenza del pensiero del ventunesimo secolo. Va benissimo così, ma capisce quello che voglio dire?».

Capisco.

«Tutto ciò si fonda su una mentalità che è stata plasmata dalla vostra educazione e dall' ambiente culturale in cui vivete. E va bene così. E probabilmente avete ragione voi, senz' altro rappresenta un' evoluzione positiva. Ma non posso fare a meno di pensare a Frank Norris, l' autore di McTeague e de La piovra . Tutti quei libri. Frank Norris diceva, "Non me ne importa niente del parere della critica. Io ho detto la verità." È questa la cosa importante. Sei o non sei disposto a dire la verità?».

 

Nel suo nuovo libro, c' è una storia intitolata Rat che contiene un divertente riferimento a Jonathan Franzen. Il protagonista è uno scrittore che si sente alquanto insicuro della sua statura letteraria. Franzen, per lei, incarna il rispetto e l' ammirazione della critica?

«Ricorro a Franzen perché è uno scrittore eccezionale. Ho letto tutti i suoi libri, ma preferisco una delle sue prime opere, Forte movimento , che narra di alcuni sismologi che vivono nel Massachusetts. Un libro fantastico. Spero che scriverà presto qualcosa di nuovo. La storia della conferenza su Franzen nel mio romanzo è pura fantasia (il protagonista, Drew, è uno scrittore frustrato che ricorda in modo assai poco lusinghiero una conferenza fittizia tenuta da Franzen sul processo creativo: "Drew pensava," scrive King, "che quel tizio era assai presuntuoso a immaginare che la sua esperienza personale coincidesse con la pratica generale", ndr ).

COPERTINA DEL LIBRO DI STEPHEN KING COPERTINA DEL LIBRO DI STEPHEN KING

 

Il mio uomo è malato, ha la febbre, e una fissazione per Franzen. La situazione che viene a crearsi mi porge l' estro per fare alcune riflessioni sul processo creativo, che non corrispondono necessariamente alle mie convinzioni, ma mi sono divertito parecchio. È un racconto irriverente».

 

Sull' argomento della stima della critica, non pochi sono stati i dibattiti sui suoi meriti letterari, o sul posto che le spetterebbe tra i grandi della letteratura quando è stato insignito dell' onorificenza della National Book Foundation. È una diatriba che ultimamente sembra essere svanita nel nulla. Come mai, secondo lei?

«Ai miei esordi, ero considerato uno scrittore di letteratura fantastica e horror, e fondamentalmente lo ero. Ricordo di essere stato invitato al ricevimento di una società letteraria all' epoca di Shining . Irwin Shaw era seduto in un angolo, afflitto dalla gotta e rosso in viso. Si appoggiava al bastone e portava un completo blu. Aveva un' aria lugubre. Mi ha guardato e ha fatto una smorfia: "Eccolo qua, il nostro leone," intendendo la celebrità letteraria. Mi sono sentito sprofondare, perché adoro i suoi libri. Ancora oggi. Nel mio caso, credo però di aver seppellito la maggior parte dei miei critici più sprezzanti. Ricordo ancora quando, nel Village Voice , qualcuno aveva scritto un lungo pezzo per smontare i miei romanzi, accompagnato da una caricatura in cui mi abbuffavo di banconote che uscivano a raffica dalla mia macchina da scrivere. E ho pensato, accidenti, è avvilente quando ce la metti tutta e poi sei costretto a vedere certe cose. Ma ho tenuto duro, bocca chiusa e testa china, e ho continuato a sforzarmi per dare il meglio di me stesso. Quando pensi agli scrittori del ventesimo secolo, l' idea di entrare a far parte di quell' olimpo mi sembra ridicola.

it clown stephen king it clown stephen king

Non sarò mai sullo stesso piano di un John Updike, per non parlare di Faulkner o Steinbeck. Forse Steinbeck, un pochino. Mi sono impegnato a scrivere con la massima sincerità della gente comune e della vita di tutti i giorni.

Ma tutto sommato, credo proprio di aver seppellito la critica più feroce nei miei riguardi.

Comunque non ci sarò a trarre le somme, quando verrà il momento. Anche gli scrittori più famosi muoiono, e le loro opere finiscono fuori catalogo. Spariscono e basta ()». Nessun autore, prolifico quanto lei, può pensare che i suoi romanzi siano tutti di altissimo livello. Come fa a capire se una sua opera è riuscita?

«Non ho mai scritto niente con queste ambizioni in mente. Quando sono preso dal mio lavoro, c' è una parte di me che mi ripete costantemente, "Questo mi sembra un mucchio di ----"».

 

Allora le sue intuizioni erano identiche, sia che scrivesse It o Le creature del buio? (King ha spesso definito "un pessimo romanzo" quest' opera del 1987, ndr ).

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«Con It , avevo la netta sensazione di scrivere qualcosa di ben congegnato. Con The dome , sentivo che era un' opera di rilievo. Le creature del buio non mi dispiaceva. L' acchiappasogni , no, ma in quel periodo ho sofferto molto. Avevo avuto un incidente e faticavo a rimettermi in sesto. È diverso con ciascun libro. Ci sono romanzi dove la storia ti appare chiara sin dall' inizio, e ti diverti a scriverla. Ma anche quando non è così, e ti viene il sospetto che stai prendendo un abbaglio, devi ricordare a te stesso che il tuo compito è proprio quello di superare i dubbi, e di dirti: forse no, forse ti sbagli; potrebbe essere un buon libro ()». In passato, quando il pubblico le chiedeva perché scriveva di situazioni sconvolgenti, lei rispondeva "Non ho altra scelta," che mi sembra una buona risposta, ma forse un tantino evasiva.

 

Che cosa si aspettava da lei il pubblico, in realtà?

IT - STEPHEN KING IT - STEPHEN KING

«Il pubblico è alla ricerca della formula segreta: come facevi a sapere che questo argomento avrebbe riscosso tanto successo? Perché? La mia risposta è che non ci ho mai fatto caso. Non ho mai pensato che sarei arrivato dove sono arrivato. A volte mi dico che è tutto un sogno. Ma per tornare alla sua domanda, la risposta è che davvero non ho mai avuto altra scelta. Sono questi gli argomenti che mi affascinano. È una questione di gusti. Come c' è a chi piacciono i broccoli, e a chi no».

 

Ma forse con quella domanda il suo pubblico sperava di esplorare le pieghe più profonde del suo animo?

«No. La domanda che fanno quando vogliono accedere a qualche forma di rivelazione personale è questa: "Com' eri da bambino?". E pensano che tu risponderai, "Da piccolo, sono stato maltrattato", oppure "Ho subìto abusi sessuali," o ancora "Sono stato rapito." Niente di tutto questo».

DONALD TRUMP JOE BIDEN DONALD TRUMP JOE BIDEN

 

Ma è vero che un suo amico è stato travolto da un treno quando lei aveva appena 4 anni?

«Mia madre era convinta che io avessi assistito alla scena. Mi raccontava che questo ragazzino era stato investito da un treno e che io ero tornato a casa quel giorno, pallido e taciturno, dopo essere stato a giocare con lui. Io non ricordo assolutamente niente, perlomeno a livello conscio. Quello che ricordo è che mia madre disse che i soccorritori erano stati costretti a raccogliere in un cesto i brandelli del corpo. Che le sembra questo particolare? Mia madre avrebbe potuto essere Stephen King».

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