IL MISTERO DELL’ESISTENZA - QUAL È IL SENSO DI CIÒ CHE SIAMO E FACCIAMO? NASCIAMO, VIVIAMO, MORIAMO: L’INEVITABILITÀ DELLA MORTE RISCHIA DI TOGLIERE VALORE E SIGNIFICATO ALL’ESISTENZA. PUÒ ESSERE L’AMORE LA FORZA CAPACE DI SOTTRARCI ALLA MORTE? - IL NUOVO SAGGIO MAURO BONAZZI, ‘’CREATURE DI UN SOL GIORNO’’

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ANDREA MARCOLONGO ANDREA MARCOLONGO

Andrea Marcolongo per “la Stampa - TuttoLibri”

 

«Animo, animo, sconvolto da mali senza rimedio, su, in piedi (…). Conosci quale ritmo domina gli uomini», così cantava il poeta Archiloco. Proprio al senso dell’incedere nella vita Mauro Bonazzi dedica il suo nuovo saggio, Creature di un sol giorno. I Greci e il mistero dell’esistenza, edito da Einaudi.

 

Mauro Bonazzi, ‘’Creature di un sol giorno’’ Mauro Bonazzi, ‘’Creature di un sol giorno’’

Qual è il senso di ciò che siamo e facciamo? Come dare valore all’esistenza? Bonazzi guarda da filosofo alla luminosa riflessione prodotta dal pensiero greco senza dare una risposta risolutiva, ovviamente. Avanza però proposte per dare significato alla nostra incompletezza, al nostro essere «esseri desideranti» per eccellenza. Ma cosa stiamo cercando per davvero?

Mauro Bonazzi Mauro Bonazzi

 

Ogni ipotesi esaminata nel libro - dall’amore alla vita politica, dalla conoscenza al viaggio - potrebbe apparire incompleta se non si chiarisce prima chi, secondo i Greci, siamo. Ephemeroi sono gli uomini, per dirla con i versi di Pindaro nella Pitica VIII.

 

CANOVA CANOVA

Effimeri, un aggettivo entrato nel nostro vocabolario dal greco e che propriamente significa «che dura un giorno» (ecco spiegato il formidabile titolo scelto da Bonazzi). In botanica e in zoologia si dicono effimeri i fiori e gli insetti certamente belli, ma destinati a una vita così breve da risultare insignificanti. Sogno di un’ombra è quindi la condizione umana, che non può essere né definita né indagata senza includere a priori la sua fine inevitabile: la morte.

 

amore e psiche di canova amore e psiche di canova

Per i Greci era questo lo scandalo supremo, il mistero inaccettabile contro cui hanno sempre combattuto vigorosamente a colpi di poesia, di filosofia, di imprese e di scoperte. Siamo dunque effimeri come farfalle, ecco il punto al centro del saggio di Bonazzi: nasciamo, viviamo, moriamo. Il problema non è tanto la fine - quella è data per il solo essere al mondo -, ma il fatto che l’inevitabilità della morte rischia di togliere valore e significato all’esistenza, sprecata nel piacere o arresa al fato.

 

platone platone

Una delle questioni che l’autore si pone è il rapporto degli antichi con quell’eros sempre contrapposto a thanatos: può essere l’amore la forza capace di sottrarci alla morte? Del resto, proprio «esseri erotici», concepiti per desiderare l’amore dell’altro, siamo diventati quando abbiamo perduto l’immortalità. Come magistralmente narra Platone nel Simposio, un tempo lontano eravamo simili a sfere, con quattro gambe e quattro braccia e ci muovevamo «come gli acrobati quando fanno le capriole».

 

Eravamo potenti e felici perché completi. Nonché immortali: non morivamo e dunque non avevamo alcun bisogno di amare. Fu dopo aver assaltato il cielo che fummo tagliati in due, come pere o uova, o come sogliole, così che diventassimo più umili. Più manchevoli, quindi più condannati ad anelare. «Siamo prima di tutto mancanza, e dunque desiderio», scrive Bonazzi. Ma cosa cerchiamo attraverso l’amore? Non solo corpo e sesso, opzione già scartata da Platone: «è chiaro che altro la loro anima vuole, altro che non sa dire».

grecia grecia

 

È certo che, grazie all’amore e alla procreazione, possiamo sottrarci all’effimero: unendoci generiamo dei figli, la natura può continuare la sua battaglia per la sopravvivenza di generazione in generazione. Dobbiamo dunque considerare l’amore un mero trucco della vita per preservare la specie? Noi non ci saremo, ma resterà una piccola parte di noi, come Hegel tormentato da una mosca dell’anno passato: il singolo insetto muore, ma «le mosche restano uguali a se stesse, come onde del mare», scrive Georges Bataille.

 

l uomo maturo e l uomo giovane l uomo maturo e l uomo giovane

Eppure non è in questo artificio che si spiega il nostro disperato, patetico bisogno di amore; non è neppure nell’altro oggetto di amore, conclude Bonazzi. Quando amiamo, non cerchiamo altro che amare noi stessi. Il vero desiderio è quello dell’unità perduta, è «il desiderio di recuperare tutto quello che perdiamo di noi, giorno dopo giorno».

 

Anche gli eroi dell’Iliade sono morti in battaglia nella piana di Troia per sottrarsi alla morte, come dichiara Sarpedone nel canto XII: se fossero stati immortali come gli dei, non avrebbero avuto bisogno di dimostrare il loro valore in battaglia per guadagnarsi l’onore (timé) e la gloria (kleos) in quanto unico modo per sconfiggere il nemico più insidioso, l’oblio della morte.

platone fu il primo a parlare di atlantide platone fu il primo a parlare di atlantide

 

Allo stesso modo, Pericle ricorda (stando alle parole di Tucidide) che i caduti della guerra del Peloponneso non sono morti invano, poiché stavano difendendo Atene, vale a dire la democrazia, e impedirne la fine significa sottrarsi alla singolarità della morte.

 

l uomo maturo e l uomo giovane l uomo maturo e l uomo giovane

«Siamo eroici proprio nella nostra fragilità ostinata, per questa capacità di non arrenderci, di continuare a porci domande, tentando di fare ordine nel mondo e in noi stessi», scrive a un certo punto Mauro Bonazzi che, come diceva Archiloco citato all’inizio, con questo saggio rende il ritmo che domina il vivere meno opaco. E che certamente così esorta noi, afflitte creature di un sol giorno: su, in piedi.

 

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