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Lucio Presta«Vorrei che Lucio Presta venisse raccontato con un aggettivo: leale. E che mi venisse riconosciuta buona fede e voglia di fare bene. Magari sono un inguaribile idealista, ma per me conta questo: la passione che uno mette nel lavoro, l'impegno, il risultato... Ma, ahimè, troppo spesso in Rai sono altre logiche a guidare le scelte».
Nel tono di questo manager che da anni crea miti, determina palinsesti, organizza la vita di Benigni, Belén, Bonolis, si colgono rabbia e amarezza. «Ho pagato i miei no nel modo peggiore. Per punire me, hanno deciso di punire la donna che amo e che voglio sposare... Ma fatemelo dire, un atto così si può bollare con una sola parola: meschino».
Per capire bisogna partire dall'ultimo Sanremo. Qualcuno voleva altre conduzioni e conduttrici (confermate poi da alcune intercettazioni pubblicate) sul palco dell'Ariston nelle edizioni curate da lui. Presta disse no e, ora, quel qualcuno presenta il conto e decide di far uscire Paola Perego dai palinsesti.
Da 'Oggi'-Emanuele Filiberto Lucio Presta e Flavio BriatoreChi è quel qualcuno?
«Chiedetelo al vicedirettore Antonio Marano: sarebbe bello se lo dicesse, come l'ha detto a me. Con la stessa chiarezza e con le stesse parole».
Ha fatto nomi e cognomi?
«Assolutamente sì. Ma non avevo bisogno di spiegazioni, mi bastavano poche conferme».
Se tornasse indietro...
«Farei esattamente la stessa cosa: se tentano di impormi una scelta professionale che artisticamente non sta in piedi, io dico di no e vado fino in fondo».
Tutto perché quel qualcuno voleva Manuela Arcuri?
«Noi avevamo un progetto e su quel progetto abbiamo puntato le nostre fiches. Poi i risultati ci hanno dato ragione».
Perché pensava che Paola Perego sarebbe stata confermata?
«Il rinnovo era stato chiesto dal direttore di RaiUno Mauro Mazza, messo nero su bianco, in una lettera. Be', quella lettera non è nemmeno stata presa in considerazione da chi sarebbe diventato direttore generale e che allora era la persona che si occupava dei contratti. Inoltre sono vent'anni che lavoro in modo assai professionale e con ottimi risultati».
Pensa alla vendetta?
«No, credo che delitti impuniti a questo mondo non ce ne siano. Ci penserà la loro storia, a punirli. È stato un gesto così vigliacco che non c'è nemmeno bisogno di rincorrerli. Inciamperanno da soli».
Dopo una serie di successi, Sanremo senza Presta?
«Non lo chieda a me, io non ho risposte. Al massimo ipotesi. Forse il successo che ho portato interessa ad alcuni e non a tutti. O, forse, sono convinti che ci sia gente più brava di noi».
Forse, ma intanto il tempo passa e sembra tutto ancora in alto mare...
«In alto mare? Io direi, come si dice a Roma: "Stanno a carissimo amico". Ma non dovendomene occupare, non sono interessato a quello che accade. Sanremo resta una ridente cittadina della riviera ligure e quattro esperienze una più bella dell'altra e una più di successo dell'altra».
La vicenda Sanremo spiega alcune logiche Rai. E fa capire perché troppo spesso la tv pubblica gira a vuoto. Patti di potere? Arroganza della politica? Presta evita di chiamare in causa il nuovo nemico con nome e cognome, ma sul banco degli imputati sembra finire inevitabilmente Lorenza Lei, il nuovo direttore generale.
L'impressione è che sia in corso uno scontro duro. Presta non svela il suo vero rapporto con Silvio Berlusconi. «L'ho conosciuto, pensavo anche di essergli simpatico. Poi, mi sono accorto che sbagliavo: sono profondamente antipatico al premier. Forse perché non mi reputa affidabile. Forse perché non sono uno che dice sempre di sì», si limita ad ammettere enigmatico. Presta preferisce raccontare il «volto della Rai sana», quello delle persone che lavorano con dedizione assoluta e che non stanno al settimo piano. «Questa parte dell'azienda non potrà mai essere spazzata via da nessun vento della politica. Saranno spazzati via loro, quelli che usano la tv pubblica per i loro piccoli intrighi».
LUCIO PRESTANon sarà troppo duro?
«Crede? La Rai non è un orticello personale. È la storia del Paese. È l'impegno del Paese, il costume del Paese. Chi lavora in Rai deve parlare all'Italia come se parlasse a un figlio: con lo stesso amore, lo stesso senso di responsabilità. Deve sottrarsi alle pressioni della politica, deve cercare la verità e invece...».
E invece cosa?
«La politica si è completamente impossessata dell'azienda. Hanno ingessato tutto. Ma ora basta: la politica dia l'esempio e si allontani. Sì, faccia un passo indietro e lo faccia in fretta».
Che cosa scriverebbe in una cartolina a Berlusconi e Bersani?
«Occupatevi dell'azienda Italia, non dell'azienda Rai. Sarebbe perfetto».
Il suo giudizio sulla politica è impietoso.
«Non salvo nessuno, nessuno raggiunge la sufficienza.La gente è nelle sabbie mobili e non ne può veramente più. Quando gli metti le mani in tasca e non trovi più nulla, il teatrino della politica diventa davvero irritante».
Se la chiamasse il premier per chiederle un consiglio?
«Loro non chiamano, sanno già tutto. E forse sono tutti troppo impegnati a occupare, a collocare, a piazzare. Non solo gente che va in onda. I numeri veri sono quelli di chi lavora lontano dai riflettori: rubriche, consulenze, programmi».
Che cosa leverebbe dai palinsesti Rai?
«I reality».
E cosa aggiungerebbe?
«Sicuramente metterei più Benigni. L'ha ascoltato nell'esegesi di Fratelli d'Italia? Quello non era l'inno che sentiamo alle partite. Quella era arte pura. Quella resterà l'evento dei festeggiamenti dei 150 anni: 50 minuti ininterrotti, con 19 milioni e mezzo di persone che non si sono staccate dal video nemmeno per bere un bicchiere d'acqua. Roberto aveva intercettato la coscienza del popolo e aveva toccato i nostri cuori».
Benigni guadagna troppo?
«Guadagna il giusto. Roberto, non è guidato dal denaro, punta alla proposta artistica, si fa coinvolgere dall'esperimento. Da Fazio e Saviano è andato gratis: non voleva rinunciare a quello che in quel momento sembrava qualcosa di nuovo e interessante».
È sempre con Benigni?
«Io, quando Roberto lavora non mi allontano mai a più di quattro metri. Lo guardo, lo ascolto: sul palco è un fuoriclasse assoluto».
Lei ama il calcio: è lui Messi?
«È Pele, Maradona e Messi insieme. Roberto è un genio assoluto; inarrivabile».
Anche Santoro è un fuoriclasse?
«A parte il pubblico, nessuno lo vuole in onda. Chissà, magari credono di esserci riusciti : e anche questo dovrebbe essere un motivo di riflessione».
Se potesse prendere un'artista che non ha?
«Non ci ho mai pensato... Maria De Filippi: è brava, con lei ho un rapporto personale importante. Di grande lealtà, di grande sincerità: ci vediamo e stiamo bene».
Com'è Mediaset?
«Mediaset ha un vantaggio: sempre la stessa proprietà, sempre le stesse persone. Lì si segue il prodotto e se funzioni ti amano. Poi sono stati sempre rispettosi della loro storia: Costanzo, Mike, Vianello, Corrado...».
Com'è Fedele Confalonieri?
«Un uomo di qualità. Mi piace incontrarlo e farmi prendere in giro».
Che le dice?
«"Lucio, te conti tanto". E io: "Uno, due, tre...". Fedele è uno con lo sguardo largo, pieno di ironia e di cultura».
E Ricci?
«L'ho detto anni fa: la mia storia con lui è fatta di sentieri tortuosi, ma riprendere una polemica darebbe l'impressione che io abbia bisogno di lui per andare sui giornali».
L'addio di Mauro Masi è un bene per la Rai?
«Masi non è stato il miglior direttore generale, ma nemmeno il peggiore. Almeno lavorava dall'alba all'alba. E non è poco. Sabati, domeniche, festivi: sempre al settimo piano, senza sosta. Sono stato chiamato da lui a tutte le ore del giorno e della notte. Ci siamo visti all'alba, abbiamo discusso e anche qualche volta chiuso accordi».
Che idea si è fatto della struttura Delta? Lorenza Lei ha appena stoppato la nomina di Nardello a capo del personale...
«È una storia che mi fa sorridere. Voglio dire solo una cosa: in quel periodo, nel 2005, sotto la guida di Cattaneo e con Del Noce direttore di RaiUno, la Rai ha fatto carne da macello di Mediaset: ascolti clamorosi, ricavi pubblicitari clamorosi... Mi riesce difficile pensare che si scende in campo, si vince la partita 4 a 0, e poi si dice che si è venduta la partita. Io guardo i numeri, le altre sono supposizioni».
La radio ha potenzialità?
«Enormi, fortissime. La radio è straordinaria, raggiunge milioni di persone: la stanno scoprendo un'infinità di personaggi della tv. Forse non capisci fino in fondo i margini di crescita, non ti rendi conto delle persone che durante la giornata usano la tv come se fosse radio: levi l'immagine, lasci l'audio e comprendi tutto. La tv è diventata molto radiofonica e il futuro è fare prodotti che non ti costringono a stare incollato al video».
Che radio ascolta?
«Isoradio perché viaggio. E poi Radio2, Radio1... Flavio Mucciante e Antonio Preziosi, i direttori delle due testate, sono preparati, capaci. Prestissimo incontrerò proprio Preziosi: abbiamo progetti da discutere, idee su cui confrontarci».
Guarda il Tg1?
«No, guardo il tg di Mentana»
Se Sky prende La7?
«Le televisioni non dovrebbero appartenere a qualcuno, ma a chi le fa. Utopia? No, se tutti facessero decisi passi indietro».
È la televisione, la vita di Lucio Presta. Sono i suoi artisti la sua forza. Il manager è duro: «Niente feste, niente ostentazione, niente vizi, niente droga. La mondanità è solo chiacchiericcio. Io gli artisti me li scelgo e probabilmente mi somigliano anche un po'». Continua a raccontare senza cambiare tono di voce: «L'altra mattina sono arrivato in ufficio poco dopo le 6, mi guardavano con sconcerto. Ma io sono così: casa e lavoro. Vizi? Ogni tanto una partita di calcio. Poi sono tutto per i miei affetti: esco con i figli, sto sempre con la mia compagna».
Va anche in Chiesa?
«Sì, vado in Chiesa e non me ne vergogno affatto. Magari qualcuno penserà che è una vita noiosa, ma io posso solo dire che mi piace da morire».
Nel suo gruppo di artisti c'era anche Belén.
«Non c'era; Belén c'è ancora».
Ero rimasto allo strappo: lei, Corona e il figlio in fuga...
«Sono contrario alle cose ridondanti. Se uno deve andare in vacanza con il compagno e con il figlio del compagno, non c'è bisogno di metterlo in piazza. Ecco la cosa che rimprovero a Belén: troppa visibilità sul privato. Glielo dico sempre con grande chiarezza e il giorno che non dovesse starmi più bene il suo comportamento sarei come al solito franco e diretto. Non c'è nessun obbligo per continuare a lavorare insieme».
Sono uscite storie legate a Sanremo e alla cocaina...
«Una storia chiarita, chiusa. Belén è inciampata una volta sola, quattro, forse cinque anni fa. Ma non si giudica la vita di una persona da un episodio. E poi io su Belén ho scommesso e continuo a farlo: l'ho portata a Sanremo e avevo ragione».
Era l'unico a scommetterci?
«Avevano tutti un'idea riduttiva di Belén. Dicevano: "Tanta immagine, poche qualità artistiche". Mi sono impuntato, sapevo che aveva doti e le ho dato modo di dimostrarlo. Ha i numeri, ha le carte in regole per diventare grandissima, ma adesso tutto dipende da lei: se vuole fare una carriera deve studiare, lavorare, impegnarsi».
Su "A" il sottosegretario Giovanardi aveva sfidato Belén: vuoi condurre Sanremo? Fai il test antidroga. Sarebbe favorevole ad allargare quella sfida a tutti quelli che lavorano nella tv pubblica?
«Magari. Il mio motto è: male non fare, paura non avere. Il test? Subito. È come se dicessi che bisognerebbe farlo tutte le mattine prima di salire in macchina. Posso dire solo: "Magari"».
Scuola dai salesiani e messa la domenica, che cosa pensa del bunga bunga?
«La vita ognuno sceglie come viverla. L'errore peggiore è di giudicare quella degli altri».
Una volta voleva obbligare Buttiglione a scoprire la bellezza di un'avventura gay.
«Era una cosa calata in una polemica del momento. Mi piace comunque l'amore che unisce due persone, al di là del sesso. Chiariamo: sono assolutamente eterosessuale. Ma questo potrebbe anche essere un limite».
I politici fanno bene ad andare in tv?
«Il politico ha bisogno di visibilità e l'unica visibilità te la dà la televisione. Ma quando vanno, parlino dei nostri problemi non dei loro. Poi c'è un altro punto su cui dovrebbero riflettere: meno vai, più diventano eventi le tue apparizioni. Se stai lì tutti i giorni diventi uno della tv non un politico che va in tv».
Presta vota?
«Regolarmente, ma non le dico cosa. Sono stato attaccato da destra e da sinistra e mi sono convinto di essere davvero un uomo libero. Ma possiamo spedire un ultimo messaggio ai nostri politici? La gente vuole un vero ricambio».
In tv c'è però ancora Pippo Baudo.
«E meno male. La memoria è fondamentale per il nostro mestiere e per il nostro Paese. Guai a non avere memoria. Pippo ha fatto cose straordinarie. Io, da Pippo, ho imparato molto».