layla pavone conte travaglio

POLVERE DI 5 STELLE: DALL'ELEVATO AL SOPRA-ELEVATO, E' NATO IL PDF, PARTITO DEL "FATTO" - DAL CONTE 2 IN POI, E' TRAVAGLIO A DETTARE LA LINEA ALL'AVVOCATO DI ALPA. NON SOLO LA POLITICA, ANCHE LE NOMINE: DOPO LA CALVOSA PRESIDENTE DELL'ENI, ORA SOTTO LA MADONNINA IMPONE UN'ALTRA DEL CDA DEL "FATTO", LA CANDIDATA SINDACO LAYLA PAVONE - NEL M5S SCOMMETTONO CHE, DOPO CASALEGGIO E GRILLO, LA PROSSIMA CAMPAGNA DEL PDF SARÀ CONTRO DI MAIO. ANZI, E’ GIA’ INIZIATA…

Andrea Senesi per il “Corriere della Sera”

 

Layla Pavone

Layla (il nome arabo significa «notte» e si deve allo zio appassionato di Egitto) Pavone è la candidata sindaco a Milano del M5S. Una pioniera del web, una manager molto conosciuta nel mondo dell'innovazione e delle start-up.

 

Perché ha accettato una sfida dove non ha possibilità di vincere?

«E chi lo ha detto? Ho lavorato in ambito manageriale, sono vicina da sempre al mondo delle imprese e della politica. E sono una milanese che ha a cuore la sua città. Se viene offerta l'opportunità di dare un contributo è giusto metterci la faccia. E poi penso che le mie competenze possano essere utili alla città».

MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE

 

Gli attivisti avevano però indicato un'altra candidata.

«Elena Sironi. Sottolineo che si tratta di un'altra donna. Il M5S è l'unico soggetto politico che avrà due donne al comando, Elena capolista e io candidata sindaco. Un doppio passo in avanti perché c'è bisogno di un punto di vista femminile sulla città».

 

Lei è stata imposta alla base da Giuseppe Conte.

«La base è stata coinvolta e si è deciso di allargare alla società civile. Con Conte siamo in ottimi rapporti. Da premier ha fatto benissimo, basti pensare al Recovery fund. E mi ritrovo totalmente nella Carta dei valori: sostenibilità, innovazione, ruolo delle imprese».

 

Lei siede nel cda del Fatto. Si dimetterà?

«Mi sono già dimessa. Due giorni fa, per la precisione. Per ragioni di trasparenza».

Layla Pavone

 

Cosa ha votato in passato?

«Da giovane il Partito radicale, soprattutto per Emma Bonino. Poi sempre nell'area di centrosinistra, mai a destra.

 

E il M5S?

 «Sì, ho votato anche il M5S».

 

 Un giudizio su Sala?

 «Luci e ombre. Ci sono state cose interessanti ma su altre è stato fatto invece poco. Troppa attenzione al centro e poca alle periferie. Io lavoro in zona Ripamonti e diciamo che lì, come in molte altre zone, ci sarebbe molto da fare».

 

Saranno possibili apparentamenti con Sala al ballottaggio?

«Non è nei miei pensieri in questo momento. Abbiamo un programma molto interessante che vogliamo far conoscere ai milanesi».

 

Si dice che lei possa entrare in giunta in caso di vittoria di Sala.

Layla Pavone

«La domanda giusta è semmai se io chiederò a Sala di entrare nella giunta Pavone (ride, ndr )».

 

D'accordo. Chiederebbe a Sala di entrare nella futura giunta Pavone?

 «Ci possiamo ragionare».

 

Un giudizio su Luca Bernardo e sul centrodestra milanese.

«Una persona che dice di non distinguere tra fascisti e antifascisti mi preoccupa molto».

 

Le priorità per Milano?

«Ho una visione olistica: i temi non sono mai così separati. Se parliamo di periferie, per esempio, dobbiamo ragionare di case popolari, di scuole, di servizi. E di sicurezza, un tema molto sentito dalle donne».

 

MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE

Nel dibattito sulle piste ciclabili come si schiera?

«A favore, a patto che siano fatte bene: non basta buttar giù due strisce bianche. Io vado spesso in giro in bici per cui so di cosa parlo. Ci vogliono corsie protette e sicure».

 

Gira la città solo in bici?

«No, non solo. Uso spesso anche il monopattino. Qualche volta l'auto».

 

Da candidata del M5S considera le Olimpiadi invernali che Milano ospiterà nel 2026 un'opportunità o un rischio?

«I Giochi, conquistati grazie a Conte, rappresentano certamente una grande opportunità. Sarà necessario che la città si doti di un piano di infrastrutture utili per il futuro evitando sprechi e speculazioni».

 

 

 

IL PARTITO DEL FATTO

Domenico Di Sanzo per “il Giornale”

marco travaglio festa articolo uno 4

 

Alla nascita, nel 2009, il Fatto Quotidiano era un giornale tutto polemico e politico, però orfano di un partito. Tanto da avere contribuito a spianare la strada all'antipolitica dei grillini. Quindi, appena il M5s è entrato nella scatoletta di tonno del Parlamento, è stato per un periodo una sorta di organo del Movimento.

 

Solo che nessuno pensava che il quotidiano ora diretto Marco Travaglio alla fine diventasse esso stesso un partito. Altro che Cinque Stelle, ora c'è il Pdf, quello che tanti pentastellati chiamano «il Partito del Fatto».

GIUSEPPE CONTE

 

Sì ci sono stati Antonio Di Pietro e il Popolo viola. Quindi il Vaffa, Beppe Grillo, Gianroberto e Davide Casaleggio, il grillismo a guida Luigi Di Maio dell'exploit alle Politiche del 2018. Il Fatto, durante queste fasi della politica, ha sempre interpretato il ruolo di suggeritore dell'area di riferimento. Ma quand'è che il giornale ha cominciato a vivere, politicamente, di vita propria?

 

È su questo che si arrovellano nel M5s. Ben prima che una componente del Cda di Seif (Società editrice del Fatto) diventasse la candidata dei 5 Stelle per la poltrona di sindaco di Milano. La scelta da parte di Giuseppe Conte del nome di Layla Pavone per il capoluogo lombardo è solo l'ultimo segno tangibile dell'influenza di Travaglio e soci.

 

marco travaglio festa articolo uno 3

Fonti stellate di primo livello descrivono così al Giornale la situazione: «Non pensate che sia Conte a dettare la linea al Fatto, è il contrario». E ancora: «È il giornale contiano, non del M5s». Chi tenta di mettere ordine nella storia del «Partito del Fatto» colloca l'inizio della simbiosi agli esordi del governo giallorosso.

 

Meglio: alla fine del governo gialloverde. A quella giornata in cui Conte sboccia d'improvviso e mette in scena a Palazzo Madama una ramanzina ai danni di un incredulo Matteo Salvini. In redazione trovano un leader. Il direttore il 10 settembre 2019 a Otto e Mezzo spiega che l'alleanza con il Pd «si doveva fare un anno e mezzo fa», delinea la nascita di «un nuovo bipolarismo tra Conte e Salvini».

 

GIUSEPPE CONTE COME FORREST GUMP - MEME

Segue a ruota Andrea Scanzi, anche l'opinionista di punta benedice la svolta. La pandemia accelera il processo. Travaglio fa da parafulmine a tutte le scelte della catena di comando contiana. Intanto a maggio del 2020 Lucia Calvosa, ex membro del Cda del Fatto, professoressa universitaria specchiata e dal curriculum ricchissimo, diventa presidente di Eni. I tanti che nel M5s non amano Travaglio ridacchiano compiaciuti a proposito della rabbia del direttore dopo l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi.

 

Lui, da parte sua, inizia ad attaccare gli avversari interni. Innanzitutto Davide Casaleggio. Poco prima del divorzio tra i grillini e Rousseau, il 13 aprile in un editoriale stronca l'erede di Gianroberto. «Ora, visto che il nuovo corso non gli garba - scrive - ha tutto il diritto di farsi un partitucolo con qualche fuoriuscito portandogli la piattaforma Rousseau, sempreché riesca a dimostrare che è sua».

 

marco travaglio festa articolo uno

Dunque passa a Grillo. In estate, quando Beppe e Giuseppi litigano, lui ci dà dentro contro il fondatore. Il 2 luglio lo paragona al «marito ipnotizzato dalla partita di calcio in tv mentre la moglie nell'altra stanza se la spassa con l'idraulico». Il quotidiano incalza sulla giustizia.

 

Mette in prima un fotomontaggio con Grillo, Di Maio e Patuanelli che osannano un imperturbabile Draghi. Li chiama «calabrache» per l'ok in Cdm alla riforma Cartabia. Il Fatto butta Conte nella lotta nel fango. L'avvocato però strappa un accordicchio e dal giornale arriva un mezzo rimprovero.

 

L'8 agosto in un'intervista sulle stesse colonne lo convincono ad alzare di nuovo la tensione: «Nel 2023 campagna elettorale per cambiare la legge Cartabia», il virgolettato dell'ex premier. Nel M5s scommettono che la prossima campagna sarà contro Di Maio. Già il Fatto se l'è presa con lui per la svolta garantista sul caso Uggetti. Di recente è spuntato un trafiletto velenoso sul ministro degli Esteri che si è affiliato alla «Casta». Per capire cosa accadrà nel M5s toccherà leggere anche Travaglio e compagnia. E questo è un Fatto.

 

 

 

 

 

Layla Pavone layla pavone 3layla pavone 4layla pavonelayla pavone 1

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?