cervello morte

QUANTO E’ DURO IMPARARE A MORIRE - LA LONGEVITÀ HA RESO L'ARGOMENTO TABÙ, MENTRE UN TEMPO SI MORIVA GIOVANI. PER CICERONE, ERA LA QUALITÀ DELLA VITA CHE CONTAVA, NON LA SUA DURATA – PREMESSO CHE ‘’NON CREDO IN DIO, PERÒ MI MANCA’’, LO SCRITTORE JULIAN BARNES MEDITA SULLA FINE E CERCA CONFORTO NEI GRANDI DEL PASSATO. CON UNA TRISTE CERTEZZA: DI MORTE CE N'È UNA SOLA. È QUELLA DELLA GIOVINEZZA (“LA GRANDE TRAGEDIA UMANA NON È PERIRE, MA CESSARE DI AMARE”)

Stenio Solinas per ilgiornale.it

 

julian barnes

Niente paura, dice a proposito della morte Julian Barnes in un libro che ha proprio quel titolo (Einaudi, pagg. 246, euro 19,50, traduzione di Daniela Fargione). Parla per te, vien voglia di rispondergli, facendo anche i debiti scongiuri, non fosse che da quella paura Barnes è attanagliato da sempre e quindi, più che un invito a non preoccuparsi, il suo è nient'altro che un esorcismo, come i riti apotropaici di cui sopra.

 

Il fatto è che, irrazionalmente, tutti quanti non vorremmo morire e altrettanto irrazionalmente sempre ci illudiamo che non sia ancora suonata la nostra ora. Viene alla mente quel racconto millenario del servitore di un mercante di Baghdad il quale, inviato al bazar per fare compere, scopre la Morte nel volto della donna che lo ha urtato nella folla.

 

julian barnes

Spaventato, il servitore monta a cavallo e fugge a Samarra dove, pensa, la Morte non lo raggiungerà. Il mercante, avvertito della fuga, va a sua volta al bazar, incrocia la Morte e la rimprovera: «Perché hai spaventato il mio domestico?» le dice. E la Morte gli risponde: «Ma no, mi sono soltanto sorpresa di vederlo lì, visto che avevo un appuntamento con lui a Samarra, questa sera»...

 

Julian Barnes è uno scrittore elegante, colto, ironico, ma esorcizzare la morte, la paura della morte, è un'impresa superiore alle sue forze, e ne è perfettamente consapevole. Il libro è di una quindicina d'anni fa, quando, fresco sessantenne, e esclusa una leggera sordità, godeva di ottima salute. Il problema, per lui come per tutti quelli che navigano ormai da tempo nel mare degli anta, è che la vecchiaia più che uno stato anagrafico è un presidio medico: come diceva Alberto Moravia, «non esiste la vecchiaia, esistono le malattie della vecchiaia»...

Somerset Maugham

 

E va da sé che la criopreservazione e altre diavolerie tecnico-scientifiche lasciano il tempo che trovano. Basta rifletterci un attimo per accorgersi che l'idea di ritrovarsi con le cellule vive cinquanta o cento anni dopo che ci siamo fatti congelare trasforma la paura della morte in un incubo della vita.

 

Quanto all'immortalità, e più in generale alla vita eterna, Barnes fa propria una riflessione di William Somerset Maugham: «Gli uomini odierni non mi sembrano affatto idonei ad affrontare l'enormità della vita eterna. Con le loro piccole passioni, le piccole virtù e i piccoli vizi sono sufficientemente adatti alla vita quotidiana; ma il concetto di immortalità è troppo vasto per essere forgiato in uno stampo tanto minuscolo».

 

michel de montaigne

Barnes è un agnostico, non un ateo: «Non credo in Dio, però mi manca», in sintesi. Ciò significa che l'ateismo militante lo rende sospettoso, come rendeva sospettoso Gustave Flaubert, uno dei suoi numi tutelari e protagonista di un suo bel libro, Il pappagallo di Flaubert, appunto. È proprio da quest'ultimo che gli deriva del resto l'idea che «se ogni dogma in sé mi è repellente, considero il sentimento che li ha inventati come i più naturale e il più poetico dell'umanità. Non amo i filosofi che non vi hanno visto che pagliacciate o stupidità. Io vi scopro necessità e istinto; così rispetto il negro che bacia il suo feticcio quanto il cattolico ai piedi del Sacro Cuore».

 

Allo stesso modo, proprio perché è un sentimento, un istinto e insieme una necessità, gli scrittori scommettono sull'immortalità letteraria, una scommessa, va da sé, di cui non solo non sanno se risulterà vincente, ma di cui comunque non ritireranno la posta in caso di vittoria. È insensata, insomma, e Barnes lo sa benissimo, però è umana, umanissima, allo stesso modo di come ci si illude di lasciare una traccia, tramandare qualcosa. Nello scorrere dei secoli, i nomi si scolorano fino a scomparire, senza dimenticare che la storia è un'invenzione occidentale, un tentativo di dare un ordine e un senso a un mondo che intanto marcia per conto proprio.

cicerone

 

Proprio perché è uno scrittore, oltre a illudersi, senza però crederci più di tanto, di sopravvivere a sé stesso tramite le sue opere, è negli scrittori che Barnes cerca la compagnia atta a esorcizzare la paura della morte. In testa, naturalmente, c'è Montaigne con il suo «essere filosofi significa imparare a morire». L'illustre francese citava in questo senso Cicerone, e viveva ancora in un'epoca in cui morire di vecchiaia era un lusso, ovvero un avvenimento raro, mentre oggi viene considerato un diritto.

 

julian barnes

Secondo Philippe Ariès, l'autore di La morte e l'Occidente, mai si è cominciato a temere la morte come da quando si è cessato di parlarne. La longevità ha reso l'argomento tabù, mentre un tempo non solo, guerre permettendo, si moriva in casa, ma si moriva giovani. Più in generale, e questo è un insegnamento della romanità, più che della classicità greca, maggiormente portata alla speculazione metafisica, era la qualità della vita che contava, non la sua durata. È sempre di Montaigne il racconto di quel comandante romano al quale un vecchio e decrepito soldato chiede il permesso di liberarsi del peso dell'esistenza. Il comandante lo guarda con attenzione e poi gli domanda: «Cosa ti fa pensare che quella che vivi sia vita?».

 

CICERONE

È la «morte della giovinezza», chiosa Barnes, nel riassumere questo racconto, a essere la più dura e la più inosservata: «Ciò a cui di solito ci riferiamo quando parliamo di morte non è che la fine della vecchiaia. Il balzo dall'attenuata sopravvivenza della senescenza alla non-esistenza è molto più facile dell'insidiosa transizione dalla spensierata giovinezza all'età dei mugugni e dei rimpianti».

 

Credo però che Montaigne volesse dire qualcos'altro, ovvero che l'invecchiare inaridisce la nostra capacità di sentire, ci rende meno disponibili al fluire della vita, più egoisti perché più provati. È ciò che Maugham, altro spirito-guida di Barnes, riassume efficacemente in una frase: «La grande tragedia umana non è perire, ma cessare di amare».

 

Julian Barnes ea d b a f a a b bbe

Non potendo vincere la morte, pensava Montaigne, il modo migliore per contrattaccare era averla sempre in testa: insegnare a qualcuno a morire significava insegnargli a vivere, detto in breve. A Barnes una simile filosofia non piace, anche perché non è detto che la prima parte di questa affermazione contempli la seconda. Di per sé, pensare sempre alla morte non necessariamente aiuta a vivere meglio, è un sofisma, più che una consolazione...

 

flora borsi e sigmund freud

Soprattutto, visto che è proprio quell'ossessione a turbare il sonno di Barnes, è chiaro che almeno per lui non funziona, ha un effetto paralizzante, non rasserenante. Non gli piace nemmeno però, cosa che invece soddisfa il piccolo ego di chi sta scrivendo queste righe, il non pensarci mai e che può riassumersi nel luogo comune «sappiamo di dover morire, tuttavia ci crediamo immortali»... Vale la pensa sottolineare che per quanto sia un luogo comune, è anche una fonte di normalità, come del resto pensava Sigmund Freud: «Il nostro inconscio non crede alla propria morte, si comporta come fosse immortale»...

 

la morte di david cronenberg 9

In quest'ottica, si può persino ammettere che si possa non aver paura della morte, ma aver paura di morire. In Dialogo con la morte, Arthur Koestler racconta il curioso scambio di opinioni con il pilota franchista che lo sta portando in volo sul luogo dove quest'ultimo riabbraccerà la moglie prigioniera dei repubblicani e lui, grazie a questo scambio, sarà liberato e scamperà così alla fucilazione.

 

ultimi momenti prima di morire

«Per me è esattamente il contrario» gli dice il pilota quando Koestler gli espone la sua filosofica accettazione della morte: «Prima di essere vivi in questo mondo, eravamo tutti morti»... Lui teme proprio di morire, non teme la morte in quanto tale. Barnes però resta perplesso: «Manca una ragione logica perché l'una cosa escluda l'altra; non c'è ragione per cui la mente, con un po' di allenamento, non possa espandersi fino a comprenderle entrambe». E dunque, per quello che lo riguarda, gli fa paura sia la morte, sia il morire...

 

vittorio feltri

Torniamo un momento, e per finire, al dilemma fra il pensarci sempre e il non pensarci mai. Barnes esamina l'ipotesi che ci possa essere una posizione intermedia, razionale, adulta, scientifica, liberale. Moriamo perché il mondo possa continuare a esistere, perché il nostro tempo è limitato, per perpetuare il trionfo della vita, perché siamo parte di un ciclo vitale...

 

Sono tutte risposte razionali, che non funzionano però di fronte all'irrazionalità che vorrebbero risolvere. Come lo stesso Barnes conclude ironicamente: «Se mai un medico mi dicesse, quando sarò sdraiato in un letto d'ospedale, che la mia morte non solo aiuterà qualcun altro a vivere ma sarà sintomatica del trionfo dell'umanità, lo terrò ben d'occhi quando verrà a controllare la flebo».

 

Ultimi Dagoreport

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…