dave holland miles davis

"MILES DAVIS MANDAVA FUORI STRADA TUTTI QUELLI CHE NON STIMAVA, SOPRATTUTTO I GIORNALISTI..." - DAVE HOLLAND, IL CONTROBASSISTA DEL "QUINTETTO PERDUTO" DI MILES DAVIS, RACCONTA DEL SUO RAPPORTO CON IL TROMBETTISTA: "PROVAVO A INTERAGIRE CON GLI ALTRI STRUMENTI, FACEVO IL CONTRAPPUNTO AGLI ASSOLI E MILES MI FULMINO': 'RICORDATI CHE SEI UN BASSISTA'. MOLTE DELLE FRASI CHE GLI HANNO ATTRIBUITO NON SONO VERE, TIPO QUELLA SU ERIC DOLPHY: 'SUONA COME SE GLI STESSERO SCHIACCIANDO I PIEDI'..."

Carlo Melato per “la Verità”

dave holland 5

 

C'è chi parte per fare la storia e chi costringe la storia a passarlo a prendere, anche se è nato a Wolverhampton. È il caso di Dave Holland, gentleman del contrabbasso, diventato - per citare Sting - un «englishman in New York», senza però bastoni da passeggio o snobismi da principe Henry (e Megan Markle). Sul treno del jazz ci è salito da «underdog» (lo sfavorito che ribalta i pronostici) nel 1968, alla fermata di Londra. Ma con l'invito del «Principe delle tenebre», Miles Davis, a sistemarsi direttamente in prima classe, dietro la sua tromba.

dave holland 6

 

L'episodio è noto ai cultori della materia eppure, a 76 anni, Holland - che a 22 improvvisava nei jazz club della Swinging London, senza badare alla british invasion del rock - lo racconta alla Verità come se lo rivivesse ancora una volta: «Stavo suonando al Ronnie Scott' s (locale londinese aperto nel 1959 e tuttora attivo, che ospitò anche l'ultimo concerto di Jimi Hendrix, due giorni prima della sua morte, ndr). Durante il set inizia a girare una voce impazzita: "Miles Davis è in sala". Per controllare l'emozione resto concentrato sulla musica. Poi, finito il concerto, lo cerco, ma di Miles non c'è traccia. "Era qui", mi assicurano, "ha detto che ti vuole con lui, chiamalo domattina in hotel". Ho il sospetto che sia uno scherzo ma il giorno dopo ci provo: niente da fare, dalla reception mi informano che è già tornato a New York».

miles davis lost quintet 3

 

Fine del sogno? Assolutamente no, sarà il telefono di Holland a squillare alle tre di notte, uno dei giorni seguenti. «Hai 72 ore per essere ad Harlem, venerdì si suona al club di Count Basie», gli dice il manager di Davis. E l'avventura, che nel 1970 lo porterà a esibirsi al festival dell'isola di Wight, davanti a 600.000 persone, e a partecipare all'incisione di Bitches Brew, uno dei dischi più rivoluzionari e citati della storia del jazz, ha inizio.

miles davis lost quintet 2

 

Cinquant' anni dopo, quel viaggio non è ancora finito. E domani farà tappa in Veneto, nella data regina del Padova Jazz Festival (cartellone ricco, fino al 26 novembre), con il quartetto all star Aziza (che comprende anche il sassofonista Chris Potter, Lionel Loueke alla chitarra ed Eric Harland alla batteria).

 

Mister Holland, ci racconta il suo sbarco a New York nel 1968 e soprattutto l'ingresso nella band di Miles Davis, al posto di un certo Ron Carter?

«Andò tutto molto in fretta. Dopo aver caricato in qualche modo il contrabbasso sull'aereo, mi ritrovai a casa del batterista Jack DeJohnette a dare un'occhiata ai brani che avremmo eseguito il giorno dopo. Miles lo incontrai direttamente sul palco. Attaccò il brano Agitation senza neanche salutarmi».

 

Un inizio non molto incoraggiante.

dave holland miles davis 1

«Ai primissimi tempi avevo l'impressione che nessuno mi ascoltasse. Poi cambiai approccio, grazie a un libro sufi che stavo leggendo. Mi colpì questa frase: "Pianta la tua bandiera nel deserto". Ovvero, devi avere un'identità e dire chi sei, anche se ti trovi in mezzo al nulla. Da lì in poi conquistai il mio spazio. Seppi dopo dal pianista Herbie Hancock (che lasciò subito dopo il posto a Chick Corea, ndr) che la formazione, rimasta senza Carter, ingaggiava un bassista diverso in ogni città in cui faceva tappa, con esiti altalenanti. Forse si stavano abituando a non ascoltarlo più» (ride).

 

Della sua collaborazione con il grande trombettista restano tre dischi fondamentali: Filles de Kilimanjaro, In a Silent Way e Bitches Brew (mentre quel gruppo, di cui non abbiamo ancora nominato il sassofonista Wayne Shorter, verrà chiamato il «quintetto perduto» di Miles Davis, perché non lascerà traccia discografica di sé in studio). Qual è il consiglio più importante che le diede Davis in quel periodo?

«A forza di cercare la mia strada mi stavo lasciando prendere la mano e stavo suonando troppo. Provavo sempre a interagire con gli altri strumenti, facevo il contrappunto a tutti gli assoli. Miles mi ha lasciato vagare per i pianeti per un po'. Poi un giorno mi ha riportato sulla Terra fulminandomi con due o tre parole, come faceva lui. "Hey Dave", mi disse un giorno, "ricordati che sei un bassista". Stavo smarrendo la mia funzione. Da quel giorno ho cercato un equilibrio diverso tra interplay (il dialogo con gli altri musicisti, ndr) e il mio ruolo, che deve badare anche alle fondamenta della costruzione musicale».

dave holland miles davis 2

 

Chi era per lei Miles Davis: un maestro o un amico?

«Avevamo un ottimo rapporto, ma non sono mai riuscito a considerarlo un amico. Forse per la grandissima ammirazione che avevo per lui. In quegli anni tutto il mondo voleva parlargli e gli ronzava intorno. Per certi versi mi sono preoccupato di non dargli fastidio».

 

Che ne pensa di Miles Ahead, il film che è uscito su di lui qualche anno fa?

dave holland 7

«È terribile! Conferma le peggiori idee che ha di Davis chi non lo ha conosciuto. Mi ha deluso molto perché avevo capito che Don Cheadle (il regista e l'attore che interpreta Davis, ndr) avesse in mente tutt' altra cosa. Avrà dovuto accettare dei compromessi Non è la prima volta volta che i film sui jazzisti drammatizzano in modo eccessivo le loro vite».

dave holland 3

 

A proposito di luoghi comuni, il fatto che Davis abbia scelto lei, un inglese bianco, come contrabbassista, sgombra il campo dall'ipotesi che per lui solo i neri potessero suonare il jazz.

«Ovviamente non lo pensava, basta prendere ad esempio l'album Birth of the cool in cui chiamò Gerry Mulligan e Lee Konitz... Per evitare questi equivoci però serve una premessa fondamentale: Miles era sempre provocatorio e mandava fuori strada tutti quelli che non stimava, confermando i loro pregiudizi. E spesso si trattava di giornalisti» (ride). «Per cui girano un sacco di frasi che lui ha realmente pronunciato, ma che sono totalmente fuorvianti. Come ad esempio quella su Eric Dolphy».

 

dave holland 2

Cioè?

«Disse che suonava come se gli stessero schiacciando i piedi. Non pensava nemmeno questo».

 

Su queste colonne Wynton Marsalis ha detto che «il jazz non è una musica razziale»: non esiste quella per i bianchi e quella per i neri.

«Io la vedo così, il jazz è una grande casa nella quale ciascuno porta la sua identità culturale. Quella afroamericana è molto forte e chi ha quel tipo di radici condivide un percorso intenso, spesso formandosi nelle black church americane. Credo che sia un'esperienza unica, che io ad esempio in Inghilterra non ho vissuto. E infatti do un altro contributo. Così come i cubani hanno un modo unico di suonare, gli italiani il loro, mentre l'India del mio amico Zakir Hussain è un altro mondo ancora».

 

miles davis lost quintet 1

 Tornando a Miles, il 10 luglio del 1991 Davis convocò per un concerto a Parigi i compagni di viaggio di una vita. Lei dice che non eravate amici, ma l'invito a partecipare al Miles Davis and friends arrivò anche a lei.

«Quando me lo proposero chiesi subito se era davvero un'idea di Miles. Anche oggi mi arrivano richieste di reunion improbabili senza capire chi ha avuto l'idea... Quella volta però era davvero un suo desiderio: Davis era totalmente coinvolto nel progetto, spiegava a tutti ciò che aveva in mente. Per certi versi stava facendo qualcosa di totalmente inedito».

dave holland 4

 

Cosa intende dire?

«Per tutta la vita non si era mai guardato indietro, fermandosi su ciò che aveva già conquistato. Aveva sempre puntato verso il futuro. Quel concerto invece ripercorreva tutta la sua carriera. Ho un ricordo fantastico di quella giornata. Non so se Miles intuisse che pochi mesi dopo ci avrebbe lasciati, ma è stato il suo modo di dirci addio...».

dave holland 1miles davis lost quintet 4

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...