tarantino franco nero

SARO’ FRANCO (NERO): “DINO DE LAURENTIIS VOLEVA CHIAMARMI CASTEL ROMANO. POI ECCO COME E’ STATO SCELTO IL MIO NOME D’ARTE” – “MI SENTIVO SPRECATO PER I WESTERN MA CON "DJANGO" STREGAI TARANTINO. QUENTIN LAVORAVA IN UN NEGOZIO DI VIDEOCASSETTE E IMPARÒ LE MIE BATTUTE. SENZA DI ME NON AVREBBE FATTO IL REMAKE. DI FRONTE A DI CAPRIO E AGLI ALTRI GIOVANI ATTORI CONTINUAVA A RIPETERE: "È STATO UNO DELLE PIÙ GRANDI STAR AL MONDO INSIEME A CLINT EASTWOOD E CHARLES BRONSON!" – LA FIRMA SUL TOVAGLIOLO A CENA CON FASSBINDER E LUIS BUÑUEL: "NON MI HA MAI CHIAMATO FRANCO PERCHÉ…" - VIDEO

 

Luca Pallanch per “la Verità”

 

tarantino franco nero

Il più famoso attore italiano all' estero: Franco Nero. Un nome che è diventato quasi un marchio di fabbrica, pronunciato sempre con un unico suono, inconfondibile ovunque, anche quando viene storpiato dagli americani, un volto ormai scolpito nella memoria collettiva, lo sguardo che lo ha reso famoso ai tempi del western, quando abbondavano i primi piani, il baffo che lo ha contraddistinto negli anni Settanta, una fama cresciuta nel tempo, alimentata da scelte oculate e dalla capacità ogni giorno di rimettersi in gioco.

 

Chi ha scelto il nome d' arte Franco Nero?

«Giovanissimo, sono stato scelto per interpretare Abele ne La Bibbia di John Huston. Dino De Laurentiis, che produceva il film, continuava a dire: "Dobbiamo cambiare nome. Dato che i miei studi sono in questa strada chiamata Castel Romano, ti chiamerai così!". Mi sono messo a urlare: "No, no, neanche morto!"».

 

Era un nome orribile!

franco nero con parruccone ne il cacciatore di squali 2

«Orribile! Luigi Luraschi, che ha sempre lavorato per la Paramount e collaborava con Dino De Laurentiis, mi ha detto: "Adesso ci pensiamo noi a trovare un nome". Abbiamo provato Francesco Spano, poi il cognome di mia madre, Francesco Fraticelli, alla fine siamo arrivati alla soluzione di tagliare Francesco Sparanero in Franco Nero».

 

È un nome efficacissimo.

«È un nome semplice, è facile ricordarlo, anche all' estero».

Lei è parmigiano.

«Per caso! Mio padre, pugliese di nascita, era maresciallo dei carabinieri ed è stato trasferito a Parma, dove ho passato tutta la mia infanzia. Sono nato a San Lazzaro Parmense, un paese di contadini, poi abbiamo vissuto a Fidenza, Bedonia e poi a Parma».

 

Quando ha deciso di fare l' attore?

dino de laurentiis

«È una storia un po' lunga perché sono andato a Milano per lavorare alla Edisonvolta e studiare, di sera, economia e commercio all' università Cattolica, però frequentavo anche la scuola del Piccolo Teatro di Giorgio Strehler, che credeva molto in me. Un giorno dei ragazzi hanno detto: "Stasera girano un film alla metropolitana. Andiamo tutti lì!". Il film era Pelle viva di Giuseppe Fina, con Elsa Martinelli. Dovevamo fare le comparse, però Fina ha detto: "Ragazzi, chi di voi può dirmi una bella battuta sulla metro?".

 

Io ho subito alzato le mani. È la mia prima battuta davanti alla macchina da presa. Da ragazzo a Parma organizzavo sempre spettacoli per ragazzi e per studenti, però mi prendevano in giro: "Dove vuoi andare?!". Io rispondevo: "Vedrete un giorno, vedrete..."».

 

A quel punto ha deciso di andare a Roma a fare l' attore?

«Prima ho fatto il militare. Mio padre naturalmente voleva che facessi la carriera da ufficiale, invece sono partito come militare semplice, a San Giorgio a Cremano. Finalmente sono arrivato a Roma, dove, non avendo una lira, aiutavo un fotografo a via Margutta, Claudio Abate, che fotografava i quadri dei pittori, come Mario Schifano, che ogni tanto ci regalava un quadro.

sergio corbucci

 

Mi sono ritrovato due sue opere, ma quando le ho fatte valutare qualche anno fa mi hanno detto che erano false! Un giorno è venuto un fotografo di De Laurentiis e mi ha chiesto: "Ti posso fare dei primi piani?".

 

tarantino oscar per miglior sceneggiatura originale

"Come no". Mi ha fatto dei primi piani che sono finiti sulla scrivania di John Huston, il quale ha detto: "Voglio incontrare questo". Sono stato lanciato da lui».

 

Qual è il film che le ha dato la fama?

«Django, nel 1966. Il secondo che mi ha dato notorietà in America e nel mondo è Camelot».

 

Com' è nato Django?

«Sergio Corbucci doveva fare questo western e i due produttori, Franco Rossellini e Manolo Bolognini, non erano d' accordo tra di loro, uno voleva Mark Damon, l' altro un attore spagnolo. Invece Corbucci diceva: "A me piace questo: Franco Nero". Allora Bolognini ha detto: "Prendiamo le foto di questi tre attori, andiamo da Fulvio Frizzi della Euro International Films e vediamo chi preferisce".

 

quentint tarantino walk of famejamie foxx django

Sono andati da Frizzi e lui ha puntato il dito sulla mia faccia. Mi ricordo che ero in macchina con Elio Petri e con sua moglie e mi lamentavo: "Io sono un attore serio... un western...". "Chi ti conosce?". "Nessuno". "Allora non hai niente da perdere". Così Petri mi ha convinto a farlo. Abbiamo girato una scena alla Elios prima di Natale e Corbucci ha detto: "Vediamo dopo le feste come va avanti".

 

jamie foxx e leo dicaprio

Non c' era una sceneggiatura!

Il fratello di Sergio, Bruno, ha preparato una scaletta, però questa scaletta era fatta così bene che sono riusciti durante le feste a fare una coproduzione con la Spagna.

Così siamo andati in Spagna a girare qualche scena, mentre il resto del film l' abbiamo fatto alla Elios in un villaggio pieno di fango. A maggio dovevamo iniziare, a New Orleans, Django lives!, Django vive ancora, su una sceneggiatore stupenda di John Sayles, ma a causa del Covid il film è stato rinviato».

 

jamie foxx e kerry washington in django unchained

Nel 2012 c' è stato il grande omaggio di Quentin Tarantino che si è ispirato a Django per il suo Django Unchained. Ricorda quando l' ha incontrato la prima volta?

«Io giravo Talk of Angels a Oviedo, con Frances McDormand e le attrici di Almodóvar: Penélope Cruz, che interpretava mia figlia, e Marisa Paredes, che faceva mia moglie. Un giorno Penélope mi ha detto: "Io domani vado a un festival a San Sebastián". "Bene, dimmi com' è andata quando torni".

 

franco nero foto di bacco (1)

Al suo ritorno mi ha detto: "Ho incontrato un giovane regista che si chiama Quentin Tarantino. Quando gli ho detto che sto girando un film con te, è impazzito". Qualche anno dopo, Harvey Weinstein, è venuto a Roma a presentare Kill Bill, è salito sul palcoscenico e ha detto: "Purtroppo Tarantino sta a Londra, ha la febbre e non è riuscito a venire, però mi ha detto, se per caso Franco Nero è in sala, di portargli tutti i suoi saluti!". Tutti sono rimasti un po' stupiti.

 

Django vinse lOscar per la miglior sceneggiatura

Poi Tarantino ha fatto Inglourious Basterds, è venuto a Roma a presentarlo e ha detto: "Io non me ne vado se non incontro Franco Nero". Enzo Castellari, che aveva diretto il film, Quel maledetto treno blindato, di cui Tarantino aveva fatto il remake, ha organizzato un incontro a Roma in un ristorante. Quentin mi ha abbracciato e mi ha raccontato la sua storia, quando lavorava in un negozio di videocassette e ha scoperto i miei film. Li ha visti tutti: quelli che non sono usciti in America li ha trovati in giro per il mondo. Si è messo a dire le battute dei miei film e a suonare la musica... una cosa impressionante!».

QUENTIN TARANTINO VINCE L OSCAR PER DJANGO MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

 

Le ha fatto fare un cameo in Django Unchained.

«Sono andato a girare un episodio di Law & Order a New York e lo sceneggiatore di quell' episodio mi ha detto: "Franco, mi è capitato tra le mani un copione di Tarantino. Si chiama Django Unchained". "Fammelo leggere". Leggendolo, mi sono detto: "Peccato, non c' è una parte per me!". L' unica parte adatta era quella del dentista tedesco, sicuramente scritta per Christoph Waltz, che aveva vinto l' Oscar per Inglourious Basterds".

 

FRANCO NERO DJANGO UNCHAINED

Quando sono tornato in Italia, dopo circa due o tre settimane, mi ha chiamato Tarantino: "Voglio fare un omaggio a Corbucci e a te, una specie di remake di Django, fatto a mio modo". Infatti nel Django di Corbucci gli oppressi erano i peones messicani, nel Django di Tarantino sono i neri.

FRANCO NERO

"Mi farebbe tanto piacere che tu facessi un bel cameo". "Non so, non conosco la sceneggiatura", invece la conoscevo benissimo! "Ho in mente una bella scena con Di Caprio".

franco nero con parruccone ne il cacciatore di squali 1

 

E io: "In questo momento mi viene in mente un' idea. Il Django nero, ogni quindici minuti ha un flash nella mente e vede un cavaliere con un cappotto e un cappello nero che galoppa verso la macchina da presa in slow motion e questa visione c' è l' ha quattro-cinque volte nel corso del film. Alla fine questo cavaliere si ferma e di fronte a lui c' è una donna nera con un bambino e la donna dice al bambino: 'Questo è tuo padre'. Io potrei dirgli una battuta: 'Combatti per la libertà' o qualcosa del genere". C' è stato un silenzio di qualche minuto.

franco nero con parruccone ne il cacciatore di squali

 

Io dicevo: "Ci sei?". "Sì, sto pensando". Poi: "Ti richiamo io". Naturalmente non ha più chiamato. Ho pensato che non gli fosse piaciuta l' idea e stavo prendendo altri impegni, quando, dopo un mese, mi ha richiamato: "Ho pensato a quella tua idea: non funziona!", urlando. "Nella vita un uomo bianco può avere un figlio nero, ma non sullo schermo: non funziona!". "Vabbè, pazienza". "No, no, non posso fare il film se tu non ci sei".

 

Io dovevo andare a Los Angeles, allora lui, che stava girando a New Orleans, è venuto a Los Angeles a trovarmi e abbiamo fatto una lunga colazione al Beverly Hills hotel, che non scorderò mai: deve essere durata tre ore! Continuava a dirmi: "Trust me...

abbi fede!".

 

franco nero foto di bacco

Alla fine mi ha convinto e ho fatto questo cameo, però per girarlo mi ha tenuto un mese. Faceva sempre vedere in una sala il Django originale a tutta la troupe e continuava a dire, di fronte a Di Caprio e agli altri giovani attori: "Voi non sapete chi è lui! È stato uno delle più grandi star al mondo insieme a Clint Eastwood e Charles Bronson!". Purtroppo la mia scena, un lungo combattimento tra due schiavi, è stata tagliata molto.

 

Quentin ha avuto l' idea dell' incontro dei due Django, io e Jamie Foxx, seduti al saloon ed è stata una delle foto più viste nel mondo quell' anno!».

 

franco nero laura delli colli foto di bacco

Nella sua carriera spicca Querelle di Rainer Werner Fassbinder.

«Anche lì una lunga storia: Fassbinder era come Tarantino con me. Già l' anno prima mi aveva offerto Lili Marleen, ma non ho potuto farlo. Mi ha mandato il copione di Querelle e io ero incerto se farlo. Il suo aiutante mi ha chiamato: "Il signor Fassbinder le vorrebbe parlare". Sono rimasto in linea e Fassbinder non è mai venuto al telefono.

 

Ho deciso comunque di farlo, poi quando sono andato a Berlino - sul set c' era sempre Andy Warhol che ha fatto il manifesto del film - ho chiesto cosa fosse successo: "È andato al telefono, ha cominciato a sudare e non è riuscito a parlare!". Era molto timido. Sono andato a casa sua e ho visto che aveva 40 videocassette dei miei film.

franco nero

 

Una sera sono andato a mangiare al Paris Bar di Berlino, dove Werner andava sempre, e lui si avvicinato al mio tavolo: "Cameriere, mi può portare un tovagliolo bianco con un pennarello". Si è messo a scrivere: "Io, Werner Fassbinder, e Franco Nero decidiamo di fare altri tre film assieme". Uno era Rosa Luxemburg, l' altro Cocaina e l' altro ancora Le Bleu du Ciel dal libro di Georges Bataille. "Firma". Ho firmato sul tovagliolo e lui se l' è messo in tasca. Poco dopo è morto».

 

FRANCO NERO TARANTINO

Ha lavorato anche con Luis Buñuel in Tristana.

«Non mi ha mai chiamato Franco perché era contro Francisco Franco! Mi chiamava sempre Nero. Ho fatto un altro film scritto da lui, Il monaco, che doveva girare in Spagna, non glielo hanno fatto fare, allora ha ceduto la sceneggiatura ai francesi, loro volevano Peter O' Toole o Omar Sharif, ma lui ha detto: «No, cari, io vi do la sceneggiatura a una condizione: che Nero faccia il protagonista». Mi ha imposto lui. Ho lavorato anche con Claude Chabrol in Profezia di un delitto. Giocava a scacchi e diceva sempre: "Dove andiamo a mangiare stasera?". Pensava sempre alla cena!».

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